Personaggi - santi

San Fedele Roy da Sigmaringen (1578-1622)

Protomartire della Congregazione di “Propaganda Fide” - di recente fondazione -, Fedele era un oratore molto efficace. Attese per molti anni all’opera di contenimento delle opinioni protestanti. Nel 1622, gli venne affidata la zona tedesca della Rezia. Durante l’azione apostolica nella valle di Prättigau, vicina a Coira e completamente “riformata”, venne assalito e ucciso da un gruppo di avversari. L’uccisione con spade e mazze ferrate è raffigurata nella nostra stampa. Sullo sfondo, a destra, si ricorda anche la sua carità verso i bisognosi.

  • 1577 ottobre: Marco Roy (Fedele) nasce a Sigmaringen, diocesi di Costanza
  • 1601: ottiene la laurea di filosofia nel collegio dei gesuiti di Brisgovia
  • 1601-1604: frequenta l'università di Friburgo
  • 1604: accompagna un gruppo di studenti in Italia
  • 1611, 7 maggio: ottiene brillantemente la laurea in diritto civile ed ecclesiastico
  • 1612, settembre: viene ordinato sacerdote
  • 1612, 4 ottobre: entra tra i cappuccini e inizia il noviziato nel convento di Friburgo
  • 1613, 4 ottobre: professione religiosa
  • 1614-1618: studia teologia a Friburgo, a Fraunfeld e Costanza
  • 1618-1619: è guardiano a Rheinfelden
  • 1619-1622: superiore a Feldkirch dove assiste i soldati
  • 1622: creata da Propaganda Fide la Missione nella Rezia, diventa missionario apostolico a Prättigau
  • 1622, 24 aprile: viene ucciso dagli eretici a Seewis
  • 1622, ottobre: il corpo viene portato a Feldkirch e inizia il processo informativo
  • 1729, 24 marzo: beatificato da Benedetto XIII
  • 1746, 29 giugno: dichiarato santo da Benedetto XIV

O Signore, trasformami tutto in Te! Intendo in special modo supplicarti di rendermi totalmente conforme alla tua santissima Umanità in tutte le tue virtù, tribolazioni, pene e tormenti, e soprattutto nella tua abiezione, umiltà e annientamento. (s. Fedele da Sigmaringen)

Nella liturgia viene ricordato il 24 aprile

 

PROTOMARTIRE DI "PROPAGANDA FIDE"

Il protomartire di Propaganda Fide, Fedele da Sigmaringen, beatificato da Benedetto XIII il 24 marzo 1729 e canonizzato da Benedetto XIV il 29 giugno del 1746, è il santo cappuccino più giovane di età - morì a 44 anni - ed è pure il più giovane come frate: solo dieci anni di vita cappuccina, 1612-1622. Nacque nel 1578 nell'allora piccolissima città di Sigmaringen sul Danubio nel Principato di Hohenzollern, da Giovanni Roy, ricco albergatore dell'Adler e poi membro del governo cittadino e borgomastro, e da Genoveffa Rosenberger, della città protestante di Tubinga, convertita al cattolicesimo quando si sposò il 28 dicembre 1567. Il futuro santo, Markus (chiamato familiarmente Marx), quinto di sei figli nati dal matrimonio, compì i primi studi nella città natale. Nel suo testamento, prima di fare la professione religiosa (1613), affermò d'essere "stato educato nella fede apostolica, romana e unica vera, tramandatagli dagli amatissimi suoi genitori" e d'essere stato "istruito nei buoni costumi, nella disciplina e nel timore di Dio".

Per gli studi superiori, Marco si recò a Friburgo in Brisgovia, dove, in un collegio dei gesuiti, approfondì le materie umanistiche, per passare, poi, allo studio della filosofia che, nel 1601, coronerà con una brillante laurea. Contemporaneamente si applicava ad apprendere l'italiano e il francese. Era particolarmente aperto all'amicizia, brillante, amante del bello e della musica, abile a muovere le dita su vari strumenti musicali. Tra il 1601 e il 1604 seguì i corsi di giurisprudenza. Nel 1591 Marco e i suoi fratelli furono terribilmente colpiti dalla morte del loro padre. Non era trascorso neanche un anno dalla scomparsa del marito, quando la vedova Genoveffa si risposò con Gabriel Rieber da Ebingen. Fedele, nel suo testamento, esprimerà il suo rammarico per le seconde nozze della madre che a lui e ai fratelli sembrarono inopportune e incomprensibili.

Prima di concludere i suoi studi di diritto, Marco nel 1604 fu invitato ad accompagnare, come guida, un certo numero di studenti universitari di famiglie nobili, per visitare le province dei Paesi Bassi sotto il dominio spagnolo, la Francia e l'Italia, con l'intento di ampliare l'orizzonte delle loro esperienze umane. Egli visse questo viaggio come un vero e proprio pellegrinaggio, animando con il suo esempio gli amici ad una vita più spirituale.

Dopo il suo ritorno a Friburgo nel 1611, si laureò brillantemente in diritto canonico e civile nella città di Willingen. Nella metropoli dell'allora Austria anteriore, Ensisheim, Marco fu nominato assessore del tribunale supremo, e nello stesso tempo aprì uno studio di avvocatura, seguendo le esigenze di un'assoluta onestà e prodigandosi di preferenza per i poveri. Una serie di esperienze negative e l'atteggiamento di colleghi senza scrupoli che proponevano aggiustamenti spudorati delle cause per incassare più danaro, gli fecero sempre più perdere il gusto della sua professione e pensare alla vita religiosa. Lesse allora l'opera del gesuita Girolamo Piatti († 1591) sulla vita consacrata, ma rimaneva esitante nella scelta dell'Ordine (certosini, gesuiti o cappuccini), nonostante avesse dinanzi a sé l'esempio del fratello Giorgio, divenuto cappuccino nel 1604 con il nome di frate Apollinare.

Probabilmente nel giugno 1612 chiese al ministro della provincia svizzera dei cappuccini, Alessandro d'Altdorf, d'essere ammesso all'Ordine. Il superiore per metterlo alla prova lo fece attendere e intanto gli suggerì di farsi prima ordinare sacerdote. Ricevuto nel mese di settembre il sacerdozio, e rinnovata la domanda di ammissione, venne finalmente accolto da p. Angelo Visconti da Milano nel noviziato di Friburgo in Brisgovia il 4 ottobre 1612, con il nome di Fedele. Durante l'anno di prova, deciso a ricuperare i trentaquattro anni "perduti", non mancarono suggestioni e forti tentazioni di ritornare nel mondo, ma egli superò ogni dubbio e resistette con decisione e impegno. In quel periodo scrisse, unicamente per uso personale, una raccolta di orazioni e meditazioni, di carattere prevalentemente compilatorio, che manifestano il tono affettivo e contemplativo della sua spiritualità, e parzialmente furono pubblicate più tardi a Friburgo col titolo Exercitia spiritualia seraphicae devotionis (1746 e 1756). Prima di emettere i voti, il 4 ottobre 1613, Fedele redasse il suo testamento, con cui fondò borse di studio per giovani cattolici poveri della famiglia Roy o di altri parenti.

Dopo circa un anno di formazione religiosa a Friburgo, Fedele iniziò a Costanza i quattro anni di teologia sotto la guida del padre di origine polacca Giovanni Battista Fromberger, per terminarli nel 1618 a Frauenfeld. In seguito esercitò, con grande successo, il ministero della predicazione nel convento di Altdorf e, ancora nello stesso anno 1618, venne nominato guardiano del convento di Rheinfelden. Secondo gli usi d'allora, l'anno dopo fu trasferito quale predicatore e probabilmente anche come guardiano nel convento di Feldkirch, dove non solo ricondusse un certo numero di soldati evangelici alla fede cattolica, ma promosse inoltre un processo contro una signora passata alla dottrina luterana.

Nel settembre del 1620 I'obbedienza lo chiamò a presiedere la comunità dei cappuccini di Friburgo (Svizzera), ma nel 1621 ritornò alla città di Feldkirch. Oltre l'incarico di superiore, gli venne affidata anche l'assistenza spirituale dei soldati, ai quali, durante un'epidemia di febbre petecchiale, prestò i più umili servizi, noncurante del pericolo di contagio. Seguendo i soldati nei Grigioni, tenne le prediche di Avvento a Marienfeld, riportando alla fede cattolica il nobile Rodolfo von Gugelberg da Malans. Un caso simile di conversione, quella del conte Rodolfo Andrea de Salis a Zizers, all'inizio del 1622, rivela il suo metodo di rivolgersi anzitutto ai capi dei riformati, per mirare, in un secondo momento, al ritorno alla fede cattolica di tutto il popolo. Per sostenere la sua attività controriformistica, Fedele compose alcuni scritti apologetici che, a sua insaputa, furono anche stampati, ma nessuna copia è rimasta.

Tra il febbraio e l'aprile 1622 il santo, per incarico del Nunzio di Lucerna e del suo ministro provinciale, operava come missionario apostolico nella regione del Prättigau (Pretigovia), politicamente soggetta all'Austria, dove però la popolazione era in buona parte passata alla fede zwingliana. In una fase di gravissime tensioni, aggravate dalle ingerenze di potenze estere, come Francia, Spagna e Repubblica Veneta, l'arciduca Leopoldo V d'Austria fece occupare la regione dall'esercito, sotto la guida del colonnello Luigi de Baldirone, provocando l'ira del popolo con una serie di azioni di violenza. In questa situazione esplosiva, Fedele continuava a esporre la fede cattolica con prediche, dispute e colloqui, nonostante l'opposizione e la quasi totale chiusura al suo annunzio. Conoscendo il grande peso dell'azione sotterranea dei predicatori zwingliani e prevedendo con chiarezza il suo martirio, redasse il cosiddetto Mandato di punizione o I Dieci articoli della religione, con cui - tra l'altro - l'autorità civile proibiva il culto protestante, mandava in esilio i suoi ministri e obbligava tutti i cristiani a partecipare, nei giorni domenicali e festivi, alla predica cattolica. In un'epoca in cui la libertà di coscienza fu calpestata così frequentemente, sorprende il punto 6, secondo cui nessuno poteva essere costretto ad accogliere la fede cattolica, a confessarsi e a partecipare alla messa.

La pubblicazione del Mandato, il 19 aprile, fece l'effetto di un segnale per la sollevazione generale del popolo. Il 23 aprile Fedele celebrò la Messa e salì sul pulpito nella chiesa di Grüsch, dove gli giunse l'invito a predicare il giorno successivo, la domenica 24 aprile, a Seewis. Ma non era che un pretesto, per eliminare il temibile protagonista dell'azione controriformistica. Mentre iniziava il sermone - secondo una tradizione egli spiegava il passo di Ef 4, 5-6 - scoppiarono vivaci reazioni nell'uditorio e qualcuno fece perfino fuoco verso il predicatore senza colpirlo. Fedele discese dal pulpito, s'inginocchiò davanti all'altare maggiore e lasciò la chiesa per una porta laterale, per dirigersi a Grüsch. Dopo pochi metri, si vide accerchiato da un gruppo di rivoltosi che gli chiesero se era disposto ad accogliere la loro fede. Rispose che certo non per tale motivo era venuto in quella valle, ma per la speranza che un giorno avrebbero aderito alla sua fede. Dopo un momento di esitazione, uno dei ribelli colpì il suo capo con la spada. Il martire, cadendo con la testa spaccata in ginocchio, esclamò: "Gesù, Maria. Vieni in mio aiuto, o Dio!". Solo un enorme fanatismo spiega l'inaudita ferocia con cui gli assassini infierirono sul suo corpo con forconi, mazze e bastoni.

Il giorno successivo, festa di san Marco, il sagrestano Giovanni Johanni seppellì il cadavere. Mentre il capo del martire nell'ottobre del 1622 fu esumato e portato nella chiesa dei cappuccini di Feldkirch, il resto del corpo venne solennemente tumulato nella cripta del duomo di Coira il 5 novembre dello stesso anno. Il 16 febbraio del 1771 la sua festa fu estesa alla Chiesa universale. È patrono della regione di Hohenzollern e dei giuristi. I suoi attributi sono la mazza, la spada e la palma.

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