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MILANO - Nella solenne cornice del duomo di Milano, sabato 7 ottobre 2017, si è svolta - la prima volta per un frate cappuccino – la solenne liturgia di beatificazione di padre ARSENIO da TRIGOLO, appartenente alla provincia cappuccina di San Carlo in Lombardia. La vicenda biografica del nuovo beato, è a dir poco, segnata da continue “sfortune”, “incomprensioni”, “sgarbi” e “accuse”, nelle varie situazioni in cui si trovò a vivere.
Nato a Trigolo (CR) il 13 giugno 1849, Giuseppe Migliavacca entrò in seminario a 13 anni e nel 1874 fu ordinato sacerdote. Dopo due anni di ministero sacerdotale diocesano entrò nella Compagnia di Gesù, dove fu predicatore e confessore. Travolto da insinuazioni e accuse, fu costretto a dimettersi e ad accettare dall’arcivescovo di Torino la direzione di un gruppo di aspiranti alla vita religiosa che avrebbero poi costituito di fatto al sua fondazione: le suore di Maria Santissima Consolatrice (1893). Ma anche qui la prova non si fece attendere: su di lui si abbatterono accuse false e infamanti per cui dovette allontanarsi dalle sue suore. Su consiglio del beato arcivescovo di Milano, il cardinale Andrea Carlo Ferrari, entrò tra i cappuccini che lo chiamarono fra Arsenio. Morì il 10 dicembre nel convento dei cappuccini di Bergamo dove viveva nella più grande austerità e preghiera. Nell’omelia della concelebrazione eucaristica il cardinale Angelo Amato, che ha presieduto il rito di beatificazione, ha messo in evidenza la “spiritualità” del padre Arsenio, “fiero della sua vocazione e apostolato di bene”, nella tensione continua alla santità sua e degli altri, attraverso il binomio “umiltà e carità”, vera colonna portante del suo essere santo e fondatore. Arsenio fu così “competente predicatore di esercizi spirituali, esperto confessore, apprezzato maestro di vita spirituale”, con la preghiera e il sacrificio continui. Il ministro generale dei cappuccini, fra Mauro Jöhri, nel presentare ai frati il carisma del nuovo beato, lo ha definito come “ignaziano e francescano nello stesso tempo”. Arsenio da Trigolo, il frate degli umili, si propone dunque alla Chiesa di oggi e al suo Ordine come un testimone dell’amore e della gioia del vangelo, nella certezza, come era solito dire, che “Chi ha un cuore grande, farà cose grandi”.
(fra Giovanni Spagnolo)