Personaggi - Servi di Dio

Card. Guglielmo Massaia

Guglielmo Massaja (al secolo Lorenzo Antonio), servo di Dio. Nato l'8 giugno 1809 nella frazione La Braja di Piovà d'Asti, ora Piovà Massaja, trascorse l'adolescenza sotto la guida del fratello Guglielmo, parroco di Pralormo (1821-23); frequentò il Collegio Reale di Asti come seminarista (1824-26), ed il 6 settembre 1826 indossò il saio cappuccino alla Madonna di Campagna presso Torino, cambiando il nome di battesimo in quello del fratello sacerdote. Dopo aver ricevuto il presbiterato a Vercelli il 16 giugno 1832 e terminati gli studi, ebbe la direzione spirituale dell'Ospedale Mauriziano di Torino (1834-36), che gli consentì di apprendere preziose nozioni elementari di medicina e chirurgia e di essere confessore e consigliere del futuro s. Giuseppe Benedetto Cottolengo. Trascorse il decennio 1836-46 insegnando filosofia e teologia nel convento di Moncalieri-Testona e assistendo spiritualmente il futuro re d'Italia, Vittorio Emanuele II, ed il patriota Silvio Pellico.

Il 1846 fu determinante per la diffusione del cattolicesimo in Etiopia. Con Breve del 4 maggio Gregorio XVI istituí il Vicariato Apostolico dei Galla e, con altri due del 12 chiamò a reggerlo come vescovo titolare di Cassia proprio il Massaja, che venne consacrato in S. Carlo al Corso a Roma il 24 successivo.

Lasciò l'Italia il 4 giugno 1846 e raggiunse il territorio della sua missione solo il 21 novembre 1852 a prezzo di sofferenze e peripezie inaudite. Otto traversate del Mediterraneo, dodici del Mar Rosso e quattro pellegrinaggi in Terra Santa; quattro assalti all'impenetrabile fortezza abissina dal Mar Rosso, dall'Oceano Indiano e dal Sudan; quattro esili, altrettante prigionie e ben 18 rischi di morte costituirono il bilancio di quella sua leggendaria missione, che lo annovera fra i piú grandi apostoli della Chiesa.

Dopo vari tentativi di penetrazione, l'attività del Massaja si articolò in periodi ben definiti: la Missione dei Galla (1852-63) con la fondazione di stazione nel Gudrò (1852), nell'Ennèrea (1854), nel Kaffa e in Lagàmara (1855), e nel Ghera (1859); la permanenza in Europa (1864-66) per riorganizzare la missione, comporre il catechismo e pubblicare la prima grammatica della lingua galla, allora soltanto parlata, e fondare il collegio S. Michele a Marsiglia (15 apr. 1866); la Missione dello Scioa (1868-79), dove re Menelik II lo trattenne come consigliere e, nel 1868, vi fondò le importanti missioni di Fekerié-Ghemb e Finfinni, poi elevata a capitale di tutta l'Etiopia con il nome di Addis-Abeba nel 1889. L'esilio decretato dall'imperatore Joannes IV il 3 ottobre 1879 troncò definitivamente l'azione benefica dell'"Abuna Messias" - come lo chiamavano sempre gli etiopi - costringendolo alla rinunzia, scritta a Smirne il 23 maggio 1880.

L'epopea massajana fu caratterizzata da una pastorale efficacissima: la formazione saggia della gioventú, di cui l'espressione piú alta fu Gabriele Gherba, estintosi appena sedicenne in fama di santità; la costituzione di un clero autoctono compatto e fedele; la consacrazione di tre vescovi missionari, tra cui s. Giustino de Jacobis, 1° vicario apostolico dell'Abissinia, avvenuta il 7 gennaio 1849 a Massaua in una cornice di fuoco e di sangue, non priva di comicità; la compilazione di un catechismo perfettamente adeguato alla mentalità locale e accessibile; l'adattamento all'ambiente e alla sensibilità religiosa, in particolare ai numerosi e severi digiuni abissini.

Inoltre, seppe abbinare all'evangelizzazione un'autentica promozione umana con la profilassi contro malattie endemiche, particolarmente contro il vaiolo, per cui fu acclamato "Padre del Fantatà (= vaiolo)"; l'abolizione della schiavitú diffusissima; l'istruzione che lo costrinse a trascrivere di proprio pugno numerosi manuali scolastici; la creazione di centri assistenziali durante i frequentissimi periodi di belligeranza e di carestia; la pacificazione nelle lotte tribali; l'incremento e lo sviluppo di quei popoli di estrazione prevalentemente agricola. Nei limiti della prudenza cristiana favorí missioni diplomatiche e scientifiche, da meritarsi di essere nominato dal governo italiano "ministro plenipotenziario" nel trattato d'amicizia e commercio tra l'Italia e lo Scioa (1° marzo 1879).
Del Massaja colpisce soprattutto l'alta personalità spirituale, magistralmente delineata da Giuseppe Mellinaro: "Lo stile di vita non solo semplice ma poverissimo del Massaja, fino a fare i suoi lunghi viaggi abituali a piedi nudi (per sfuggire alla cattura dei nemici), travestito da mercante nelle fogge piú strane; le preoccupazioni per il sostentamento materiale e le cautele igienico-sanitarie delle comunità fondate e di tutti gli altri che gli s'affidavano per le cure mediche e spesso lo massacravano di lavoro; i piani molteplici di evangelizzazione e le relazioni, da cui era preso di continuo con i capi africani, con Roma e l'Europa (vi dovette tornare cinque volte); lo spirito di sopportazione delle molte malattie e contraddizioni; il coraggio di dire la verità anche ai potenti, accompagnato però da una prudenza oculatissima, necessaria in quel mondo per tanti versi complicato, gli assicurarono ben presto una grande autorità morale sulla massa e gli strapparono l'ammirazione perfino dei nemici. Tuttavia, la drammatica grandezza di quest'uomo può essere misurata in modo meno inadeguato dalle molteplici lotte intime sostenute, che traspaiono da scritti e memorie: i silenzi di Roma e la mancanza di direttive lungamente attese; le defezioni di cristiani e collaboratori, come quella, per lui penosissima, di p. Cesare, per il cui ritorno mise in moto ogni mezzo e penitenza propria e dei suoi, fino ad ottenerne la conversione; i momenti, ripetutisi varie volte, in cui tutto sembrava perduto e la missione in rovina, momenti nei quali, come leone reso indomito dalla grazia, non si arrese alla sofferenza al punto di pronunciare una volta (1852) il voto di non tornare piú in Europa pur di penetrare fra i Galla".

Il suo mecenate Leone XIII lo promosse arcivescovo titolare di Stauropoli il 2 agosto 1881 e lo nominò cardinale il 10 novembre 1884, rivolgendogli questo meritato elogio: "E voi, umile figlio di s. Francesco, il cui nome fecero glorioso e venerando le diuturne e immense fatiche sostenute fra barbare genti per la propagazione della fede, collo splendore della romana Porpora diffonderete piú viva la luce di quella vita apostolica, di cui foste nobilissimo esempio; mostrando al mondo, che lo disconosce, quanto bene possa meritare della vera civiltà anche un umile alunno del chiostro, animato dal soffio della carità di Gesú Cristo". Lo stesso Pontefice lo invitò, con eleganti distici latini, a redigere quei ricordi africani che lo fecero conoscere al mondo e si inseriscono autorevolmente tra i capolavori della letteratura missionaria internazionale. All'annunzio della morte del Massaja, avvenuta a S. Giorgio a Cremano presso Napoli, il 6 agosto 1889, Leone XIII esclamò: "È morto un santo!".

L'Apostolo dei Galla ispirò numerosissimi missionari e influí mirabilmente su fondatori di congregazioni religiose, come il b. Daniele Comboni, Giovanni M. Francesco Jordan e Giuseppe Allamano. Nel 1914 ebbero inizio i processi per la sua beatificazione. Il 18 ottobre 1993 il vescovo di Frascati nominava i due censori per l'esame degli scritti del Servo di Dio, lavoro portato a termine nel 1994. Una commissione storica sta preparando la sua relazione.

 

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