Pubblicazioni - Editoria

Un agile e prezioso volume del cardinale che ha impresso alla storia della chiesa la sua profondità spirituale e morale al nostro tempo

di Luca Rolandi

In epoca di veleni e corvi, incomprensioni e troppa indifferenza rispetto alle parole che Benedetto XVI costantemente esprime nelle sue omelie e nella catechesi per la chiesa universale, arguta e profonda appare la riflessione del cardinale Carlo Maria Martini, che nonostante la malattia, continua ad infondere alla comunità cristiana e agli uomini di buona volontà  parole di saggezza.

Con il libro "Il vescovo", edito dalla torinese Rosenberg & Sellier, l’ex arcivescovo di Milano prende in considerazione il delicato tema dell'autorità della chiesa. Presento due cammei intriganti con le due facce opposte dell'autorità: quella rigida e incapace di ascoltare e quella ispirata alla Parola di Dio e alla considerazione della persona umana.

 

Il cardinale Carlo Maria Martini propone una riflessione inedita, frutto della sua esperienza personale, su una figura istituzionale molto nominata nei mezzi di informazione ma forse non sempre davvero conosciuta. Nel volume si racconta l’universo umano e spirituale in cui si muove un pastore. Dalla domanda «come si diventa vescovi?» al racconto delle relazioni amichevoli, critiche o polemiche si arriva alle caratteristiche che rendono il vescovo capace di vivere e di annunciare il Vangelo nel mondo postmoderno. La vita quotidiana di un vescovo, le azioni ordinarie e straordinarie, la sua posizione nell’istituzione ecclesiastica: vi sono dunque le amicizie, i contatti, le lettere pastorali, la liturgia, la preghiera, lo studio e il confronto e la fraternità con i confratelli, i suoi preti e la comunità dei credenti e tutti gli uomini.

Il vescovo è un pastore di uomini e di anime. Egli ha una grande responsabilità, perché erede della tradizione apostolica, egli è guida spirituale di parte della chiesa, la diocesi che unisce le parrocchie e le comunità di credenti in Cristo. Se la sua dimensione si ferma all’autorità, tralasciando il compito pastorale di educare e testimoniare il vangelo come servo umile della vigna del Signore, il suo ruolo si spegne, in un’autorità ecclesiastica che non fosse profetica e legata a una dimensione evangelica autentica.

I difetti, se esasperati, scrive nel suo blog di riflessioni "martiniane" don Ambrogio Cortesi, possono portare grave danno al servizio del vescovo sono essenzialmente l'autoritarismo e la rigidità. Autoritario è quel vescovo che, afferma Martini, in nessun caso ammette il dialogo né ascolta i suoi consiglieri, ma fa tutto quello che gli viene in mente non accettando nessun consiglio (pur magari vendono chiesto). In tal modo rompe i legami che già si erano creati con il suo successore e si sente non solo vescovo, ma papà e re della sua diocesi. Se poi è di temperamento collerico, allora non risparmia nessuno con le sue esternazioni.

Il governare nella Chiesa va esercitato su uomini liberi, che sono però capaci di lasciarsi ispirare dall'amore. Una tale autorità non comprime le coscienze ma le fa crescere facendole conformare al modello della Trinità.  L’indispensabile autorità nella chiesa non può prescindere dal rispetto della persona, della sua autonomia e della sua intelligenza.  Tutto ciò perché i cristiani hanno il desiderio di capire e comprendere, le ragioni di quanto chiede l'autorità.

L'attenzione alla singolarità della persona, alla sua irripetibilità e incomparabilità e alla sua debolezza, hanno effetti molto più duraturi anche davanti a richieste esigenti. Molti hanno bisogno di essere capiti e amati prima di essere guidati con comandi e precetti. Nelle parole di Martini si intuisce come sia fondamentale nella chiesa, oltre al bisogno di sicurezza, di appoggio e di forza ispiratrice, una maggiore dimensione umana e spirituale di perdono e misericordia. Per questo la Parola di Dio ispirata e ispirante, se guidata con saggezza, fraternità e con sguardo misericordioso dal pastore della comunità, avrà un grande rilievo per tutti e l’esercizio dell'autorità nella chiesa sarà più simile ad un servizio all’uomo rispetto ad un’espressione di potere sia pure declinato in una funzione spirituale e dottrinale

www.vaticaninsider.lastampa.it  25/02/2012

 

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