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Barba tra il nero e l’inizio del grigio. Volto sorridente e contagioso di un quarantaduenne. Un giovane che -rendo noto don Giacomo Ruggeri dalla Curia Vescovile- dalla Bocconi di Milano (figlio del noto ginecologico fanese Angelucci) è passato alla vita francescana del convento nella famiglia dei Cappuccini.

Il desiderio di servire Dio e i fratelli ancora più poveri e lontani lo ha motivato per partire per il Benin dove, proprio in questi giorni, Papa Benedetto XVI sta visitando i cristiani, le parrocchie, preti e vescovi.

 

Contatto dall’Ufficio Comunicazioni Sociali della Diocesi padre Damiano Angelucci ci ha inviato la sua testimonianza di frate cappuccino nella terra del Benin. “La visita di Benedetto XVI in questi tre giorni (18-20 novembre) è un evento incontestabile per tutto il Bénin, cattolici e non.

Gli occhi di una buona parte del mondo saranno puntati su questo piccolo paese dell’Africa dell’Ovest, appena una lingua di terra che corre da sud a nord per circa 1000 km e che è grande quanto un terzo del territorio italiano.

Ci sono tanti elementi che concorrono a rendere questa visita carica di significati e di risonanze.  Anzitutto il Santo Padre viene a chiudere le celebrazioni per il Giubileo dei 150 anni di evangelizzazione del Bénin.

La visita del Papa -prosegue P. Damiano- è altresì l’occasione di consegnare ufficialmente a tutta la Chiesa l’esortazione apostolica post sinodale che fa seguito al sinodo dei vescovi del 2009 dal titolo: “La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”.

Il Santo Padre ha firmato ufficialmente questo documento proprio nella Basilica di Ouidah, a pochi chilometri da qui.

Mi sembra che le guerre africane inter-etniche siano piuttosto radicate nelle ferite sanguinanti di famiglie, non solo di fatto, ma a volte puramente teoriche, con dei nuclei umani fondati si su vincoli di sangue ma a cui non corrispondono vincoli stabili di affetti e di accoglienza reciproca.

Se il linguaggio del perdono, della riconciliazione e della pace non è un alfabeto che è appreso fin dall’infanzia, la società non potrà che parlare il linguaggio dell’affermazione di sé, dell’emancipazione personale, costi quel che costi.

La pace è la grande chimera del continente africano: tutti l’invocano ma pochi protagonisti della vita sociale e politica sono disposti a riconoscere la carica velenosa e violenta di affermazioni e prese di posizione, tutte ispirate nelle intenzioni al benessere e alla ricerca della democrazia.

Come il gesto che il Papa ha fatto, molto bello, è stato quello di visitare la tomba del suo amico Cardinal Bernardin Gantin, primo vescovo beninese di Cotonou e primo africano ad essere nominato prefetto di una Congregazione Pontificia.

Un gesto di tenera amicizia, di affetto, come quello che in questo mese di novembre tanti di noi stanno facendo, andando a visitare le tombe dei propri cari.

Anche un Papa vive di rapporti fraterni, amichevoli e informali. E qui in Bénin il Papa ha tanti amici che lo accoglieranno a cuore aperto.

I vescovi -conclude il giovane frate cappuccino fanese -hanno chiesto a tutti i fedeli e simpatizzanti della Chiesa di versare 500 franchi a testa acquistando un biglietto-ricevuta che resterà un ricordo della venuta del Papa. 500 franchi corrispondono a 75 centesimi di euro ma qui, se ci si accontenta, con 500 franchi si può fare pranzo”. (Redazione Fanoinforma.it)

 

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