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È iniziato da due giorni e si concluderà venerdì 25 novembre, il convegno annuale organizzato dalla Conferenza italiana dei Superiori Maggiori (Cism) per gli animatori vocazionali, cui stanno partecipando circa 200 formatori. L’obiettivo dell’appuntamento in corso a Collevalenza, in provincia di Perugia, “non è dare un contributo al dizionario alle utopie - ha detto il responsabile don Beppe Roggia introducendo i lavori – ma contributo significativo al rinnovamento della vita consacrata, perché sia all’altezza e alle esigenze dei tempi”.
Il tema di questa XXVIII edizione, infatti, è “Attraversare le ferite della comunione: riscoprire il piacere del corpo consegnato nell’amore”, e punta il dito sulle ferite relazionali che purtroppo possono ostacolare la vita fraterna, da sempre luogo di festa e di perdono. Se ne è parlato sia per prendere atto con serena obiettività di questa evenienza, sia per individuare una possibile “auto-terapia”: pena non solo l’insuccesso nell’animazione e nella pastorale vocazionale, ma anche l’eventualità che nelle comunità religiose ci possa essere più convivenza che nuzialità. Questa e altre eventuali “ferite” sono passibili di guarigione qualora si riuscisse a (ri)scoprire il piacere del corpo donato in fraternità. Non più corpo temuto, quindi, ma corpo assunto come dono del Padre e “fratello offerto al fratello”, diceva San Francesco. Gesto che non è mai freddo e staccato dalla gioia perché nasce dal piacere, prima che dal dovere.
“Il convegno - ha aggiunto don Roggia - è impostato non partendo da scienze umane o ignorando le tante e immancabili contrarietà, ma partendo da un progetto di Dio, il quale ha racchiuso nel nostro corpo i mezzi che permettono di vivere una profonda relazionalità, per cui non è assolutamente un’esagerazione dire che il culmine della teologia è racchiuso nel corpo. Non quello esibito con sfrontatezza da una certa pubblicità, ma quello che è diventato o può diventare contenitore dello spirito che, a sua volta, s’irradia attraverso esso. Le ferite, insomma, possono diventare feritoie attraverso cui il soffio dello Spirito si esprime e trasforma le difficoltà in Grazia, in opportunità, in una chiamata che finora è stata disattesa, ma che in realtà contiene la comprensione e la soluzione del “problema” corpo: il quale è il luogo più degno della presenza di Dio se è vero che “Gesù ha dato sensi e mani al Padre, consentendogli di fare esperienza del mondo”, come ha detto Luciano Manicardi, della comunità di Bose. (A cura di padre Egidio Picucci) www.radiovaticana.org