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Questo ricordo può essere riassunto in tre momenti, diluiti nel tempo e uniti da grande stima, venerazione e affetto che si sono tramutati in non celata emozione fino alle lacrime quando, il 28 febbraio 2013, l’elicottero dell’aeronautica italiana, con il dimissionario Benedetto XVI a bordo si è levato in volo verso Castelgandolfo, dopo due giri attorno alla cupola michelangiolesca di San Pietro che, come documentato da alcune foto, era stata colpita da un fulmine durante un temporale, nel giorno dell’annuncio choc delle dimissioni, l’11 febbraio, che ricorda le apparizioni della Madonna nella grotta di Lourdes. Il primo momento è legato al mio soggiorno romano negli anni ’80 quando, recandomi per alcune commissioni a Borgo Pio, ho incrociato diverse volte il cardinale Joseph Ratzinger che il 25 novembre 1981 san Giovanni Paolo II aveva chiamato a Roma da Monaco di Baviera, sua sede arcivescovile, come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Ricordo il suo portamento signorile, con l’impeccabile talare nera e l’inseparabile cartella di lavoro e il sorriso che abbozzava al mio saluto: “Buon giorno, Eminenza!”. Ho saputo dopo che, prima di recarsi in ufficio, il cardinale Ratzinger si premurava a portare cibo ai numerosi gatti randagi del quartiere che ricambiavano le sue attenzioni, come è stato ricordato in questi giorni, tanto da seguirlo fino in Vaticano, con disappunto delle Guardie Svizzere.
Il secondo momento è invece legato alla ricorrenza dei 65 anni di sacerdozio dell’ormai papa emerito Benedetto XVI che cadeva nel 2016 avendo ricevuto l’ordinazione presbiterale, assieme al fratello Georg, dal cardinale Michael von Faulhaber arcivescovo di Monaco e Frisinga il 29 giugno 1951. In vista di questa ricorrenza, con una buona dose di incosciente audacia, ho preso l’iniziativa di rivolgermi con una mia lettera del 23 giugno 2016 a mons. Georg Gänswein, prefetto della casa pontificia nonché segretario del Papa emerito Benedetto XVI in cui scrivevo, tra l’altro: “Essendo il sottoscritto un sacerdote nato proprio nel 1951, chiederei che tutti i presbiteri nati in questo anno, che ricorda l’ordinazione di Benedetto XVI, avessero la gioia di un incontro con Lui, fosse anche un semplice saluto per ricevere la Sua benedizione!”. La risposta su carta intestata di mons. Gänswein, garbata e gentile, è partita dalla Città del Vaticano il 9 luglio 2016 per informarmi da un lato che “non si è mancato di prendere in attenta considerazione la richiesta avanzata” e dall’altro aggiungere “mi corre obbligo di informarLa a nome del Santo Padre che, pur con ogni buon intento, non è proprio possibile venire favorevolmente incontro al Suo desiderio”. Alla lettera di mons. Georg Gänswein era allegato, gradita sorpresa comunque, il biglietto di ringraziamento di Benedetto XVI, datato dell’11 luglio 2016, con il Suo “particolare ricordo all’Altare” e la Sua benedizione, a quanti Gli avevano manifestato la loro “gioiosa partecipazione” all’evento giubilare dei Suoi 65 anni di sacerdozio. Il terzo momento intercetta il momento forse più doloroso nell’ultimo tratto della vita del papa emerito Benedetto XVI, vero Calvario per Lui quando si è scatenata una campagna diffamatoria senza precedenti con tanto fango, a partire dall’accusa della presunta copertura di un prete pedofilo che l’allora arcivescovo di Monaco Ratzinger avrebbe avallato. Il 9 febbraio 2022, a mons. Georg Gänswein che aveva rilasciato su questo argomento una sofferta intervista al Corriere della Sera, in cui denunciava proprio “la ricerca di una damnatio memoriae” nei confronti di papa Benedetto XVI, indirizzavo una lettera di solidarietà. Tra l’altro scrivevo: “Sembra davvero, quello scatenato ultimamente contro il mite Benedetto XVI, un assalto diabolico orchestrato ad arte per avvelenare questo ultimo percorso della sua vita di luminoso testimone della verità e di umile lavoratore nella vigna del Signore”. In conclusione, chiedevo a mons. Gänswein “di farsi portavoce anche di questa mia umile lettera, mentre La saluto con affetto e gratitudine per la sua inossidabile vicinanza al ‘dolce’ (prendo l’aggettivo da Caterina da Siena) papa emerito Benedetto XVI”. Questa volta la risposta, datata da Città del Vaticano Febbraio 2022, è arrivata in prima persona dallo stesso papa Benedetto con la sua carta intestata Benedictus XVI Papa emeritus e la firma autografa. Ha scritto il Papa emerito: “Volentieri scriverei ad ognuno singolarmente una parola di ringraziamento. Ma Lei comprenderà certamente che questo supera le mie forze. Così mi permetto di esprimerLe in questa forma il mio cordiale ringraziamento. Volentieri includo Lei e tutte le Sue intenzioni nella mia preghiera. Con la mia Benedizione Apostolica Suo nel Signore”. Non nascondo l’emozione provata nel leggere questa risposta come nell’aver letto prima, sulla stampa, la sua lettera sulle accuse di Monaco di Baviera in cui concludeva con le parole che ora, dopo il suo transito sereno, hanno già avuto compimento: “L’essere cristiano mi dona la conoscenza, di più, l’amicizia con il giudice della mia vita e mi consente di attraversare con fiducia la porta oscura della morte”. In questi giorni sono davvero tante le definizioni e i giudizi che da varie parte si stanno tentando su questo Papa che, prima o poi, dovrà essere annoverato tra i padri e i dottori della Chiesa. Nella mia percezione, anche come emerge da questi miei ricordi personali, di Benedetto XVI ricorderò i suoi modi gentili e umili, nonostante la vastità e la profondità della sua produzione teologica. Ecco perché mi sento di sottoscrivere, senza ombra di dubbio, la definizione che di Benedetto XVI ha dato il giornalista e scrittore Marcello Veneziani: “Era un cristallo: fragile e luminoso”.

fra Giovanni Spagnolo

 

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