Novità - Nomine ed elezioni

Da marzo era amministratore apostolico dopo le dimissioni del cardinale Ezzati, accusato di occultamento di abusi. Nominato anche Luis Fernando Ramos Pérez come arcivescovo di Puerto Montt

CITTÀ DEL VATICANO. A nove mesi dalla nomina come amministratore apostolico, in piena bufera post dimissioni del cardinale Ricardo Ezzati accusato di aver coperto abusi, Papa Francesco ha nominato il cappuccino spagnolo Celestino Aós Braco, 74 anni, come arcivescovo metropolita di Santiago del Cile. Ovvero l’arcidiocesi travolta da numerosi casi di crimini sessuali del clero e dei loro occultamenti da parte delle gerarchie ecclesiastiche.

Il Papa ha voluto infatti riflettere a lungo prima di prendere una decisione sul delicato ruolo di pastore di questa chiesa che, da circa due anni, è messa in ginocchio da scandali che hanno portato ad una emorragia di fedeli. Ed hanno instillato un sentimento diffuso di rabbia nella popolazione nei confronti di vescovi e sacerdoti giudicati come traditori e insabbiatori. Lo dimostrava l’orribile gesto dello scorso anno di impiccare sotto un ponte di Santiago tre fantocci di stoffa in abiti vescovili, con tanto di croce e talare, con il cartello “Curia abusador, a la horca por traidor” (“Prete abusatore, alla forca come traditore”).

Ad Aós in questi mesi è toccato dunque il non facile compito di ristabilire un equilibrio e di riconquistare la fiducia del clero e del laicato. «La prima sfida è recuperare la credibilità della Chiesa», è stata una delle prime dichiarazioni del presule spagnolo, cappuccino nato a Pamplona con licenza in Psicologia, per quattro anni vescovo di Copiapó. Con la sua barba bianca e i modi gentili, sembra che lui si sia fatto apprezzare per il lavoro svolto in questo tempo.

Pochi mesi dopo la sua nomina come amministratore apostolico “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” (fino ad altra decisione, ndr) di Santiago, monsignor Aós si era recato a Roma per incontrare il Papa e altri capi Dicastero per parlare della crisi degli abusi e del percorso di guarigione delle vittime. Il presule aveva dialogato per oltre un’ora con il Pontefice e poi con il cardinale Sean O’Malley, presidente della Pontificia Commissione per la Tutela dei minori. Non era mancato l’incontro con monsignor Charles Scicluna, l’ex pm vaticano per i casi di abusi, inviato per due volte dal Papa in Cile per indagare su fatti e misfatti della Chiesa locale. Scicluna, insieme all’officiale della Dottrina della Fede padre Jordi Bertomeu, aveva stilato un rapporto di oltre duemila pagine. Dopo questa informativa, la Conferenza episcopale cilena era stata convocata da Bergoglio a Roma e ha rassegnato in blocco le dimissioni nelle sue mani. Nei mesi successivi Francesco ne ha accettate sette su trentadue, oltre a dimettere dallo stato clericale padre Karadima.

Monsignor Aòs diceva di non aver ricevuto il “rapporto Scicluna”, del quale   una parte è rimasta riservata su richiesta delle vittime, mentre un’altra parte è arrivata ai pubblici ministeri che l’avevano sollecitata. Il vescovo, in virtù del suo passato di giudice e promotore di giustizia  di Tribunali ecclesiastici, assicurava però da subito la «piena disponibilità a collaborare» con la giustizia civile. «Non so cosa il Vaticano ha risposto ai pubblici ministeri. Insisterò il più possibile, qui, a Roma e dove è necessario, in modo che tutti noi collaboriamo nel nostro servizio, affinché la verità sia conosciuta, affinché la giustizia possa essere fatta e affinché dalla giustizia, dalla misericordia e dalla verità andiamo avanti e facciamo sì che le vittime possano superare il dolore che hanno vissuto», diceva appena atterrato nella Città eterna.

Parole accolte con entusiasmo soprattutto dalle vittime di abusi che, fino a quel momento, avevano riscontrato solo un muro di silenzio ed omertà da parte dei vertici della Chiesa cilena. Tre di loro, James Hamilton, Juan Carlos Cruz e José Andres Murillo, vittime delle violenze del pedofilo seriale Karadima, avevano anche avuto modo di incontrare Aòs e stabilire un rapporto diretto con lui.

Ad affiancare a Santiago il nuovo arcivescovo c’è, attualmente, solo un vescovo ausiliare, padre Alberto Lorenzelli, salesiano argentino cresciuto in Italia. Il Papa inizialmente ne aveva designati due: oltre a Lorenzelli, anche monsignor Carlos Eugenio Irarrázaval Errázuriz, 53 anni, che si era tuttavia dimesso dopo neanche 24 giorni dalla nomina, investito da roventi polemiche per alcune dichiarazioni su abusi, donne ed ebrei, definite da molti come «sconcertanti».

Contestualmente a quella di Aòs, è stata pubblicata anche la nomina del nuovo arcivescovo metropolita di Puerto Montt, città portuale a sud del Cile. Si tratta di monsignor Luis Fernando Ramos Pérez, 60 anni, finora vescovo titolare di Tetci, ausiliare di Santiago e amministratore apostolico di Rancagua, la diocesi teatro dei crimini della “Familia”, famigerata organizzazione (che annoverava tra i suoi membri anche alcuni sacerdoti) coinvolta in traffici a sfondo sessuale tramite il web, con protagonisti anche minorenni. Per la nomina di Ramos qualcuno ha già storto il naso, definendolo un «insabbiatore», lacchè dei cardinali Errazuriz ed Ezzati, uomo di fratture e non di comunione.

(fonte: https://www.lastampa.it/vatican-insider/it/2019/12/27/news/cile-il-cappuccino-psicologo-aos-nominato-vescovo-dell-arcidiocesi-di-santiago-scossa-dagli-scandali-1.38259188 )

 

Questo sito fa uso di cookie per migliorare l’esperienza di navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’utilizzo del sito stesso. Può conoscere i dettagli consultando la nostra privacy policy qui. Proseguendo nella navigazione si accetta l’uso dei cookie; in caso contrario è possibile abbandonare il sito.index.php">privacy policy.

-
EU Cookie Directive plugin by www.channeldigital.co.uk