Novità - Segnalazioni e riconoscimenti

Agostino Venanzio Reali ed il concorso nazionale di poesia

di Anna Maria Tamburini poetessa, critica letteraria e segretaria dell’Associazione culturale “Agostino Venanzio Reali”

Bilancio di un decennio
“Per il nostro trepido mistero. Poesia e preghiera in Agostino Venanzio Reali” è il titolo della relazione con la quale domenica 18 settembre a Sogliano al Rubicone ha preso avvio la cerimonia di premiazione del concorso nazionale di poesia “Agostino Venanzio Reali”, promosso dall’omonima associazione culturale e giunto con puntualità fedele nel 2011 alla decima edizione.
Un decennio può essere un arco di tempo sufficiente per un bilancio; e sotto l’aspetto delle finalità del premio, per quanto chi scrive sia parte in causa, si può ritenere di trarre considerazioni soddisfacenti per avere coinvolto studiosi e critici in un lavoro significativo di approfondimento dell’opera di Reali e perché gli incontri hanno rappresentato certamente opportunità privilegiate per la divulgazione. Merita qualche considerazione, tuttavia, anche la seconda delle finalità: promuovere e valorizzare la scrittura poetica. Benché si collochi a un buon livello il concorso, avendo ottenuto una considerevole rilevanza sul piano nazionale, e significativa sia l’adesione nel complesso, si è registrato invero un calo considerevole nella partecipazione dei giovani e la cosa non può non destare preoccupazione, perché denota sintomi di disaffezione crescente in una fascia di età particolarmente delicata in cui maggiormente c’è bisogno di quegli spazi aperti e limpidi cieli che la poesia può dischiudere.
Nella convinzione che le attività culturali, specialmente quando sono rivolte ai giovani, si rivelano nel tempo il migliore investimento per il futuro, il premio conta sul sostegno anche economico delle istituzioni del territorio che da sempre hanno dimostrato fiducia nell’attività dell’associazione, e in particolare ha il sostegno del Comune di Sogliano che anche negli avvicendamenti delle amministrazioni ha sempre manifestato la volontà di custodire la memoria di chi ha amato profondamente la propria terra, l’ha onorata e ha inteso valorizzarla.

L’interazione di parola e preghiera
Quest’anno è stato invitato come relatore il professore don Carmelo Mezzasalma, musicista, poeta, critico letterario, docente di Letteratura poetica e drammatica, sacerdote di recente ordinazione della diocesi di Firenze, priore della piccola ma attivissima Comunità di San Leolino e direttore della rivista Feeria. Don Carmelo, la scorsa primavera, in occasione della ordinazione sacerdotale, aveva pubblicato un libro di poesie (Diario di preghiere. Poesie, Edizioni Feeria) che per molti aspetti si sintonizza con l’opera di padre Venanzio in particolare per la felice congiunzione poesia-preghiera che in passato aveva suscitato l’interesse anche di padre Giovanni Pozzi (La poesia di Agostino Venanzio Reali, Morcelliana 2008). In questo caso il relatore ha preso in considerazione i presupposti del dialogo tra poesia e preghiera fondamentalmente sotto l’aspetto teoretico, a partire da premesse di metodo con riferimento ad autori cristiani, come C.S. Lewis, e a teologi quali Karl Rahner e Antonio Spadaro.
C.S. Lewis riconosceva nel rapporto dell’autore con il proprio lavoro una differenza di fondo tra l’atteggiamento del cristiano e quello del non credente, sulla base delle priorità nell’ordine dei fini, nel senso che per la fede sarà sempre più importante salvare un’anima piuttosto che l’opera, fosse anche la migliore del mondo; mentre il non credente tenderà sempre a sacralizzare in qualche modo l’esperienza estetica. E aggiungeva che le migliori realizzazioni, ferma restando l’attesa di esiti alti nella qualità, non nascono mai da moventi puramente letterari. Nata appartata, nel panorama letterario novecentesco, la poesia di Reali - sostiene Carmelo Mezzasalma - è destinata a durare nel tempo perché, per recuperare una metafora di Lewis, agli aggettivi, di cui ordinariamente si avvale la letteratura, unisce sostantivi potenti e perché, come già sosteneva Rahner nel merito dell’esperienza della parola poetica, è capace di liberare le cose dal muto ripiegamento sul dramma della condizione umana, tanto più nel farsi preghiera.
In un recente contributo per «La Civiltà Cattolica» Antonio Spadaro si chiede se e come la poesia possa divenire preghiera, posto che si dà un’interazione profonda tra la disposizione interiore e la parola; ma nella preghiera si varca quella soglia comune a entrambe. Questa, infatti, si apre al Tu di Dio, anche in assenza, anche nella lacerazione di un abissale silenzio. Spadaro si sofferma in tal senso sull’opera di Emily Dickinson - alla quale padre Venanzio aveva dedicato la sua prima pubblicazione di poesia (Musica Anima Silenzio, 1986) - sottolineando come, insieme alla tensione alla preghiera, si percepisca potente il silenzio trascendentale. Padre Venanzio, che si è nutrito della poesia-preghiera dei Salmi e del Cantico dei Cantici - avendone realizzato una trasposizione poetica che, al confronto con altre esecuzioni, innumerevoli soprattutto in questi ultimi anni, si colloca tra le più alte in lingua italiana - come poeta attraversa il deserto, il silenzio, il buio, la sofferenza... sino a sperimentare la condizione del non credente, tanto forte è l’anelito a varcare la soglia del mistero, ma sino a liberare quella tensione nell’abbandono a un Tu che accoglie: «E io percosso dal demone / riparo all’ombra di Dio».

La vita insegna ai poeti
In una stagione culturale, questa nostra, che teme e rifugge dalla debolezza, nota Carmelo Mezzasalma, l’attenzione alle cose e le domande del poeta, che vive la condidizione della fragilità, non si chiudono allo stupore che trasformano anzi in saggezza; e nonostante la deriva di una civiltà, l’ingombro delle sue rovine, «la vita non cessa di insegnare ai poeti a credere sia nell’umanità che in Dio. La fede stessa è un modo che Dio ci ha dato per immaginare la nostra esistenza, non una verità fredda, facilmente catturata dai concetti». Accanto alle fonti bibliche, don Carmelo ha ricordato anche quel grande esegeta che fu Louis Alonso Schökel, di cui padre Venanzio fu allievo al Pontificio Istituto Biblico, il quale persino nei libri dei profeti sottolineava il valore letterario del testo, «i profeti, dunque, come scrittori dell’immaginazione».
Come già Giovanni Pozzi, anche Carmelo Mezzasalma nella sua lettura della poesia di Agostino Venanzio Reali, che egli colloca a pieno titolo entro il grande umanesimo fran cescano (per la presenza di San Francesco, dei teologi francescani, del grande universo del pensiero francescano nella contemporaneità tra letteratura e teologia), ha scelto di soffermarsi sul volume Primaneve: per Pozzi la scelta era dettata essenzialmente da criteri di ordine filologico, salvo poi mirabilmente consentire sul binomio poesia-preghiera; per don Carmelo Mezzasalma è certamente predominante questa consonanza, innegabile predilezione nel comune sentire. Contenente le tre raccolte pubblicate in vita dall’autore, Primaneve rappresenta il fulcro del messaggio che la poesia di padre Venanzio intendeva liberare.
«(...) Da quando mi nascosi ai tuoi occhi
la notte m’è calata dentro,
esilio è tutta la terra
e la bussola impazzita.
Ma tu, Signore,
che guidi le costellazioni nel cielo
e i destini dell’uomo sulla terra,
non abbandonarmi al mio male,
ma insegnami a benedire
il corso del tempo».
(A.V. Reali, Non abbandonarmi al mio male) www.messaggerocappuccino.com

 

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