Novità - Eventi di rilievo

di Victoria Gómez

Pazienza e delicatezza per le famiglie ferite; no a soluzioni uniche o alla logica del “tutto o niente”: sono alcune delle questioni poste dalla relazione post -dissertazione, preparata dal cardianle Peter Erdö, come relatore del Sinodo. Si tracciano i temi sui quali lavorare durante questa settimana nei Circoli minori.

La famiglia e i suoi chiarioscuri. La famiglia come realtà «decisiva e preziosa, grembo di gioie e di prove, di affetti profondi e di relazioni a volte ferite, scuola di umanità», va innanzitutto ascoltata, nella sua complessità e nella sua realtà, secondo il relatore generale del Sinodo, il cardinale Peter Erdö. Nella relazione post-dissertazione, il prelato ha sottolineato i mali che logorano l'istituzione familiare, quali l’individualismo esasperato, la «grande prova» della solitudine «che distrugge e provoca una sensazione generale di impotenza nei confronti della realtà socio-economica» spesso schiacciante, una «affettività narcisistica» instabile e mutevole che spesso non aiuta i soggetti a raggiungere maturità nei sentimenti, «l’incubo» della precarietà lavorativa, insieme a guerra, terrorismo, migrazioni deteriorano le situazioni familiari.  Ed è proprio qui che la Chiesa deve dire una parola di «speranza e di senso», facendo conoscere all’uomo contemporaneo «la dottrina della fede insieme alla misericordia», secondo Erdö .

Famiglie ferite, matrimoni irregolari, discernimento. Gesù stesso «riafferma l’unione indissolubile tra uomo e donna» pur comprendendo che «per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così» (Mt 19,8). Il principio della «gradualità» appartiene alla pedagogia divina e verrebbe da dire anche a quella ecclesiale e umana. Da questo presupposto parte la questione dell’aiuto che la Chiesa può offrire ai coniugi che vivono il fallimento del loro matrimonio. Chiave ermeneutica, l’insegnamento del Concilio Vaticano II, che riconosce parecchi »elementi di santificazione e di verità» (LG, 8), anche al di fuori della Chiesa stessa. In questa prospettiva si rende«necessario un discernimento spirituale, riguardo alle convivenze e ai matrimoni civili e ai divorziati risposati e compete alla Chiesa di riconoscere quei semi del Verbo sparsi oltre i suoi confini visibili e sacramentali». La Chiesa «si volge con rispetto a coloro che partecipano alla sua vita in modo incompiuto e imperfetto, apprezzando più i valori positivi che custodiscono, che i limiti e le mancanze». «Una dimensione nuova della pastorale familiare» sta nel cogliere la realtà dei matrimoni civili e, con le debite differenze, anche delle convivenze.

Quando «l’unione raggiunge una notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico, è connotata da affetto profondo, da responsabilità nei confronti della prole, da capacità di resistere nelle prove», può essere vista «come un germe da accompagnare nello sviluppo verso il sacramento del matrimonio». La Chiesa, allora, «fiaccola in mezzo alla gente», deve accompagnare «con attenzione e premura i suoi figli più fragili, quelli segnati dall’amore ferito e smarrito, ridonando fiducia e speranza».  Importante in questa prospettiva la testimonianza di autentiche famiglie cristiane, quali soggetti di evangelizzazione.

Scelte pastorali coraggiose.  Nel Sinodo «è risuonata chiara la necessità di scelte pastorali coraggiose». Riconfermando con forza la fedeltà al Vangelo della famiglia, i padri sinodali, hanno avvertito l’urgenza di cammini pastorali nuovi, che partano dall’effettiva realtà delle fragilità familiari, riconoscendo che esse, il più delle volte, sono più «subite» che scelte in piena libertà». «Non è saggio - si legge ancora nella relazione - pensare a soluzioni uniche o ispirate alla logica del "tutto o niente"». L’intenso dialogo e confronto vissuti nel Sinodo dovranno continuare nelle Chiese locali», coinvolgendo tutte le sue componenti, affinché «le prospettive che si sono delineate possano trovare la loro piena maturazione nel lavoro della prossima Assemblea Generale Ordinaria». Possibili soluzioni vanno cercate tenendo conto delle storie personali e «va rispettata soprattutto la sofferenza di coloro che hanno subito ingiustamente la separazione e il divorzio».

Persone omosessuali. Si è evidenziato che esse hanno «doti e qualità da offrire alla comunità cristiana» e si pone la domanda: «siamo in grado di accogliere queste persone, garantendo loro uno spazio di fraternità nelle nostre comunità?». E mentre si afferma quanto la questione omosessuale interpella la Chiesa «in un’importante sfida educativa», si sottolinea con altrettanta fermezza «che le unioni fra persone dello stesso sesso non possono essere equiparate al matrimonio fra uomo e donna» e che non sono neppure accettabili «pressioni di organismi internazionali che condizionano aiuti finanziari all’introduzione di normative ispirate all’ideologia del gender». Senza negare «le problematiche morali connesse alle unioni omosessuali»si prende atto «che vi sono casi in cui il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partners. Inoltre, la Chiesa ha attenzione speciale verso i bambini che vivono con coppie dello stesso sesso, ribadendo che al primo posto vanno messi sempre le esigenze e i diritti dei piccoli».

Le questioni ora sono tutte poste sul tavolo. Seguirà una settimana di verifica, confronto, approfondimento nei circoli minori. Il documento finale ne raccoglierà il frutto. Poi un anno di verifica nelle chiese particolari. E il cammino comune proseguirà con il Sinodo generale ordinario dal 4 al 25 ottobre 2015, che ha già il tema: «La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo». fonte: Città Nuova

 

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