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In fraternità si impara che il bisogno è un’occasione di cura e di servizio, attraverso la quale si alimenta la vita piena.

E ovunque sono e si incontreranno i frati, si mostrino familiari tra loro reciprocamente. E ciascuno manifesti con fiducia all’altro le sue necessità, poiché se la madre nutre e ama il suo figlio carnale, quanto più premurosamente uno deve amare e nutrire il suo fratello spirituale?

Il testo è tratto dalla Regola Bollata, scritta da Francesco d’Assisi per noi, suoi frati. Il brano è al centro del capitolo VI, dove subito prima ci vengono date indicazioni inerenti l’altissima povertà e l’andareper l’elemosina, mentre subito dopo siamo esortati a servire i frati che cadono malati secondo la “regola aurea” del Vangelo: ama il prossimo tuo come te stesso.

Dall’insieme emerge uno stile dei rapporti fraterni improntato al servizio, al lavarsi i piedi reciprocamente. Andare per l’elemosina, lavorare con le proprie mani sono delle modalità per praticare il servizio circolare a favore dei fratelli e uno strumento per assicurare il sostentamento della comunità. Sono una forma concreta del lavarsi i piedi a vicenda, alla maniera in cui una madre si prende cura del proprio figlio.

Per l’appunto. La familiarità, la fiducia reciproca, la manifestazione delle proprie necessità hanno come sfondo la cura con cui una madre nutre e ama un figlio. Per Francesco si può vivere veramente come fratelli solo se si è appreso lo stile relazionale fondamentale genitore-figlio, grazie al quale il figlio vive e il genitore cresce, si sazia, nel dare la vita. Tale rapporto è simbolicamente espresso nella mensa: il pane è frutto del dono e del sacrificio dei genitori; mangiare è la risposta fiduciosa e grata dei figli.

In questa reciprocità il cibo nutre il corpo e gli affetti. Paradigmatico è l’allattamento al seno. Il nutrimento è il frutto di una “danza relazionale” tra madre e figlio; sullo sfondo vi è il padre, con la sua decisiva presenza (o assenza). Se al centro vi è il latte che il bambino sugge, a far da corona vi è il gioco di sguardi, di pause, di tentativi, di conferme, di sorrisi, di carezze. Il cibo è condito dai sentimenti – vissuti, mancanti, sgradevoli, piacevoli – che strutturano progressivamente la persona nei suoi dinamismi interiori, vitali. Ci si nutre, o meglio ci si lascia nutrire, quando insieme con il cibo si ricevono attenzioni gratuite, riconoscimenti disinteressati, gesti di premura e di tenerezza senza pretese.

Esercito una vera cura quando sono occupato dal bisogno altrui e non dal mio, quando l’altra persona nella sua totalità è destinataria dell’amore che porto nel cuore, nel rispetto assoluto della sua identità e libertà. Francesco insegna che i rapporti fraterni non poggiano tanto sull’organizzazione oculata o su obiettivi comuni da raggiungere, sulla distribuzione delle mansioni da svolgere o su una sorta di patto sociale, quanto piuttosto sull’amore vissuto a partire dalla originaria esperienza del nutrirsi e del nutrire.

In fraternità si impara che il bisogno è un’occasione di cura e di servizio, attraverso la quale si alimenta la vita piena. Allora, sia nel ricevere che nel dare si sperimenta un godimento fisico-spirituale, una pienezza che è frutto della reciprocità dell’amore, della vita reciprocamente donata in cibo.

Mauro Gambetti - www.sanfrancescopatronoditalia.it

 

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