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Chiara, luminosa per chiari meriti, risplende in
cielo per chiarità di gloria e in terra rigulge dello splendore di miracoli
sublimi. Brilla, quaggiù in terra, l'austero ed alto Ordine fondato da
Chiara, e lassù in cielo irradia splendore la grandezza del premio eterno;
e la sua potenz a
abbaglia i mortali per miracoli meravigliosi.
A questa Chiara si intitolò in terra il privilegio
della più rigida povertà; a lei in cielo èdato in ricompensa un
inestimabile profluvio di tesori ed ètributata dai credenti universale
devozione ed immenso onore.
La pienezza della luce divina rende luminosa Chiara in
cielo; le stupende meraviglie dei prodigi da lei operati la fanno
risplendere quaggiù al popolo cristiano.
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O Chiara dotata di tali e tante prerogative di
chiarezza! Sei stata, invero, chiara prima della tua conversione, più
chiara nel tuo cambiamento di vita, luminosa nella tua vita claustrale,
splendente infine di luce vivissima dopo ilcorso della presente esistenza!
Da Chiara spuntò per il mondo un chiaro specchio di
esempio; nel gaudio del cielo ella porge il fragrante giglio della
verginità, e in terra si sperimenta in modo evidente il soccorso della sua
protezione.
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O meravigliosa e beata chiarezza di Chiara! Quanto
maggiore èl'amore e la cura con cui si indaga questa luminosità nei
singoli fatti particolari, tanto più luminosa la si riscontra in ciascuno!
Ella veramente rifulse mentre viveva nel mondo, ma più
vivida risplendette nella vita religiosa; brillò come raggio nella sua
casa paterna, ma nel chiostro irradiò come un sole. Scintillò in vita, ma
dopo morte splende radiosa; fu chiara in terra, ma in cielo rifulge di
immenso chiarore.
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Quanto vivida èla potenza di questa luce e quanto forte
èil chiarore di questa fonte luminosa!
Invero, questa luce si teneva chiusa nel nascondimento
della vita caustrale, e fuori irradiava bagliori luminosi; si raccoglieva
in un angusto monastero, e fuori si spandeva quanto èvasto il mondo.
Si custodiva dentro: e si diffondeva fuori. Chiara,
infatti, si nascondeva: ma la sua vita era nota a tutti.
Chiara taceva: ma la sua fama gridava.
Si teneva nascosta nella sua cella: eppure nelle città
si predicava di lei.
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Nulla di strano in questo: perché non poteva avvenire
che una lampada tanto vivida, tanto splendente rimasse occulta senza
diffondere luce ed emanare chiaro lume nella casa del Signore;
né poteva rimanere nascosto un vaso con tanti aromi, senza emanare
fragranza e cospargere di soave profumo la casa del Signore. Ché anzi,
spezzando duramente nell'angusta solitudine della sua cella l'alabastro
del suo corpo, riempiva deglia aromi della sua santità l'intero edificio
della Chiesa.
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Invero, vivendo essa ancora fanciulla nella vita
secolare, fin dalla più tenera età si studiò di varcare per un sentiero di
purezza questo mondo fragile e impuro; e sempre custodendo il prezioso
tesoro della sua verginità con illibato pudore, si dedicava assiduamente
ad opere di carità e di pietà, sì che la sua fama si diffondeva grata ed
encomiabile presso vicini e lontani: finché il beato Francesco, udito
l'elogio della sua virtù, prese tosto ad esortarla inducendola al perfetto
servizio di Cristo.
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Ed ella, accogliendo pronta i suoi santi consigli e
desiderando ormai rinunciare completamente al mondo e ai beni della terra
per servire il Signore solamente in povertà volontaria, quanto prima poté
mandò ad effetto questo suo ardente desiderio.
E infine tutti i suoi beni alienò e distribuì a
profitto dei poveri,per dispensare in elemosina, per amore di
Cristo, quanto era di sua proprietà.
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Volendo poi ritratarsi dal frastuono del mondo, si recò
fuggendo in una chiesa campestre, dove dallo stesso beato Francesco
ricevette la sacra tonsura, da lì si rifugiò poi in un'altra chiesa.
Avvene in quel luogo che, sforzandosi i suoi parenti di ricondurla via con
loro, ella resistette con fortezza e costanza; abbracciò subitamente
l'altare e, tenedosi stretta alle tovaglie, scoprì ad essi il capo
tonsurato, volendo con ciò manifestare che, essendosi ormai, con tutto il
cuore, sposata a Dio, non poteva permettere che la si strappasse dal
servizio di Cristo.
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Infine, essendose portata per intervento dello stesso
beato Francesco presso la chiesa di San Damiano, fuori della città di
Assisi, nella quale terra aveva avuto i natali, lì il Signore, desiderando
amore e culto assiduo del suo nome, le associò molte compagne.
Da qui, invero, trasse salutare origine l'insigne e
santo Ordine di San Damiano, già ampiamente diffuso per il mondo. Qui
Chiara, per esortazione dello stesso beato Francesco, diede principio a
questa nuova e santa osservanza; ella fu il primo e stabile fondamento di
questo grande Ordine; fu la pietra angolare di questo sublime edificio;
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Nobile di sangue, ma più nobile per la sua vita,
conservò sotto questa regola di meravigliosa santità, la verginità, che
già prima aveva custodita.
In seguito anche sua madre, di nome Ortolana, tutta
dedita ad opere di pietà, seguendo i passi della figlia, abbracciò
devotamente in quest'Ordine la vita religiosa: nel qual, appunto, questa
ottima ortolana, che aveva generato tale pianta nel campo del Signore,
chiuse felicemente i suoi giorni.
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Dopo qualche anno, invero, la beata Chiara, piegandosi
all'insistenza di san Francesco, accettò il governo del monastero e delle
sorelle.
Questa fu l'albero alto, proteso verso il cielo, dai
rami dilatati, che nel campo della Chiesa produsse soavi frutti di
religione, e alla cui ombra piacevole e amena molte seguaci accorsero da
ogni parte, e tuttora accorrono per gustarne i frutti.
Questa fu la nuova donna della valle Spoletana, che
aprì una novella sorgente di acqua vitale ristoro e beneficio delle anime,
la quale, già diramatasi per vari ruscelli nel territorio della Chiesa,
rese prospero il vivaio della religione.
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Questa fu l'eccelso candelabro di sanctità, che rigulge
vividamente nel tabernacolo del Signore; al cui grande splendore
accorsero, attratte, e tuttora accorrono moltissime, per accendere a quel
lume le loro lampade. Questa, per vero, piantò nel campo della fede e
coltivò la vigna della povertà, dalla quale si raccolgono pingui e copiosi
frutti di salvezza.
Questa, nel territorio della Chiesa, coltivò il
giardino dell'umiltà, adorno di ogni specie di povertà, nel quale fiorisce
in abbondanza ogni virtù.
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Questa fabbricò nella cittadella della religione una
rocca di rigorosa astinenza, in cui si dispensa larga refezione di
alimento spirituale. Questa fu la prima dei poveri, la guida degli umili,
la maestra dei casti, l'abbadessa delle penitenti. Questa governò il suo
monastero e la famiglia a lei affidata con ogni sollecitudine e prudenza,
nel timore e nel servizio del Signore e secondo la perfetta osservanza
dell'Ordine.
Vigilante nel dovere, premurosa nell'adempimento del
servizio a lei affidato, cauta nelle esortazioni, caritatevole
nell'ammonire; nel correggere moderata, temperata nel comando, ammirevole
per compassione, discreta nel tacere, assenata nel parlare e accorta in
tutto quanto concerne il saggio governo; desiderosa più di servire che di
comandare, e di onorare le altre, più che di essere onorata.
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La sua vita era per le altre ammaestramento e scuola di
sapienza. In questo libro di vita, tutte le altre appresero la loro regola
di vita, in questo specchi di vita, tutte videro riflesso il sentiero
della vita.
Col corpo, infatti, era pellegrina sulla terra, ma con
lo spirito dimorava in cielo; fu vasello di umiltà, arca di castità, fuoco
di carità, dolcezza di bontà, fortezza di pazienza, mediatrice di pace e
comunione d'amicizia: mite nelle parole, dolce nell'azione e in tutto
amabile e gradita.
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Affinché, franto il corpo, diventasse più forte lo
spirito - poiché ciascuno, appunto, diventa più forte quando èindebolito
il suo nemico - aveva per letto la terra nuda e qualche volta dei
sarmenti, e per guanciale un duro legno sotto il capo; era contenta di
un'unica tonaca con un mantello di vile, rozzo ed ispido panno grossolano:
e mentre con così umili vesti copriva il suo corpo, sulla nuda carne si
cingeva talora di un aspro cilicio intrecciato con cordicelle di crine di
cavallo.
Parca nel cibo e sobria nel bere, a tale austerità
giungeva la sua astinenza, che per lungo tempo in tre giorni della
settimana, cioèil lunedì, il mercoledì e il venerdì non prendeva affatto
alcun cibo a sostegno del corpo, e nondimeno negli altri giorni a tal
punto si riduceva la quantità di alimento, che le altre si meravigliavano
di come potesse reggersi con un rigore di tale genere.
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Assidua inoltre nelle veglie e intenta alla preghiera,
in questo soprattutto spendeva la maggior parte del giorno e della notte.
Travagliata, infine, da prolungate malattie, così che
non le era dato di levarsi da se stessa per le occupazioni manuali, si
faceva sollevare con l'aiuto delle sue sorelle e, sorretta alle spalle da
appositi sostegni, lavorava con le sue mani così da non stare oziosa
neppure nell'infermità-
Onde di quella tela di lino, frutto del suo amoroso
lavoro, fece fare molti corporali per il sacrificio dell'altare e li fece
distribuire per diverse chiese nella piana e per i monti di Assisi.
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Fu soprattutto, però, un'innamorata e un'indefessa
seguace della povertà; e tanto fissò al suo cuore questa virtù, tanto fu
avvinta dal desiderio di possederla, che amandola sempre fermamente e
sempre più ardendo nell'abbracciarla, mai si scostò per nessuna ragione
dalla sua stretta e piacevole unione. E mai da alcuno, in nessun modo,
poté essere persuasa ad acconsentire che il suo monastero possedesse
qualche proprietà: quantunque papa Gregorio, di felice memoria, nostro
predecessore, volendo fosse intenzionato a dotarlo di possessioni
sufficienti ed adeguate al sostentamento delle sorelle.
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E per vero, poiché una luce grande e fulgida non può
rimanere occultata senza irradiare chiarore, così anche durante la sua
vita la potenza della sua santità rifulse in molti e svariati miracoli.
Infatti, ad una delle sorelle del suo monastero
restituì la voce, che aveva perso quasi completamente da lungo tempo; ad
un'altra, priva del tutto dell'uso della lingua, rese sciolta la parola.
Ad un'altra riaprì all'udito un orecchio affetto da
sordità. Conun semplice segno di croce, ne risanò un'altra dalla febbre;
un'altra enfiata per idropisia; un'altra ancora piagata da fistola e molte
altre oppresse da diversi mali. E guarì un frate dell'Ordine dei Minori
affetto da pazzia.
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Una volta, poi, essendo venuto a mancare completamente
in monastero l'olio, ella, fatto chiamare il frate che era addetto a
questuare elemosine per il monastero, prese un orciolo e, dopo averlo
lavato, lo collocò vuoto accanto alla porta del monastero, perché il frate
lo portasse con sé per questuare l'olio.
Ma, allorché tale frate andò per prenderlo, lo trovò
colmo di olio, elargito per grazia della carità divina.
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E ancora, non essendovi un altro giorno in tutto il
monastero se non mezzo pane per il pasto delle sorelle, comandò che quel
mezzo pane fosse tagliato a pezzettini e dispensato alle sorelle.
Ma colui che èil pane vivo e provvede il cibo agli
affamati, lo moltiplicò in modo tale fra le mani di colei che lo
sminuzzava, che ne furono fatte cinquanta abbondanti porzioni e vennero
dispensate alle sorelle già assise a mensa.
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Per questi ed altri stupendi miracoli, manifestò,
ancora vivente, l'eccellenza dei suoi meriti. Mentre poi si trovava agli
estremi, fu visto entrare nel luogo dove la serva di Cristo giaceva, un
luminoso stuolo di beate vergini, adorne di corone splendenti, tra le
quali una appariva più maestosa e più bella delle altre. Esse avanzarono
fino al lettuccio di lei, e attorniandola, le prestarono quasi sollievo di
visitatrici e conforto di consolazione, con premurosa cura.
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Dopo la sua morte, poi, fu condotto al suo sepolcro un
malato di mal caduco, che non poteva camminare da sé per la contrazione di
una gamba: e, lì davanti, la sua gamba risuonò fragorosamente, ed egli fu
guarito dall'una e dall'altra infermità.
Si videro persone incurvate nella schiena, rattrappite
per malattia, pazzi furiosi in preda ad eccessi di demenza, riacquistare
al sepolcro di lei perfetta sanità.
Un tale che, per un grave colpo aveva perduto l'uso
della mano destra, a tal punto che, resa del tutto inutile, non la poteva
adoperare in alcun modo, per i meriti della Santa riacquistò completa
sanità, riottenendo la sua mano come era prima.
Un altro, che aveva perso al vista ed era da lungo
tempo cieco, venuto al medesimo sepolcro accompagnato da un altro, vi
ricuperò la vista e se ne ritornò senza bisogno di guida.
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Per questi e per moltissimi altri fatti e meravigliosi
miracoli, questa beata vergine diffuse luminoso chiarore, così che in lei
si vide evidentemente avverata quella profezia che sua madre udì, a quanto
dice, mentre pregava gravida di lei: che cioèavrebbe partorito una luce
tale da rischiarare grandemente l'universo.
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Gioisca, dunque, la madre Chiesa, per aver generato ed
educato una tale figlia, la quale, come madre feconda di tutte le virtù,
generò alla religione, con la virtù dei suoi esempi, un gran numero di
discepole, e con il suo compiuto ammaestramento, le formò al perfetto
servizio di Cristo.
Ne gioisca anche la turba devota dei fedeli, perché il
Re e Signore dei cieli ha introdotto con tanta gloria nel suo eccelso e
splendente palazzo la loro sorella e compagna, che Egli si era eletta per
sua sposa. Così come giubilano in festa le schiere dei santi, celebrandosi
nella loro celeste patri Le Nozze novelle della sposa del Re.
Ora, poiché èconveniente che una vergine da Dio
esaltata in cielo, sia venerata in terra dalla Chiesa universale, e
poiché, dopo diligente ed attenta inquisizione e rigoroso esame e premessa
una solenne discussione, non ci sono dubbi a riguardo della santità della
sua vita e sui suoi miracoli; benché siano ormai assai note anche
altrimenti, nelle vicine e lontane regioni, le sue chiare gesta, Noi, di
comune consiglio e assenso di tutti i nostri Fratelli e prelati, che si
trovano attualmente presso la Sede Apostolica, confidando nell'onnipotenza
divina, con l'autorità dei beati Pietro e Paolo Apostoli e Nostra, abbiamo
ritenuto di doverla iscrivere nel catalogo delle sante vergini.
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Pertanto, avvertiamo voi tutti ed espressamente vi
esortiamo, ingiungendovelo tramite queste lettere apostoliche, di
celebrare con ogni devozione e solennità la festa di questa vergine, il 12
di agosto , e di farla celebrare con la medesima devozione dai vostri
fedeli, onde possiate meritare di averla presso Dio per vostra buona e
sollecita protettrice.
E affinché la moltitudine del popolo cristiano accorra
al suo venerabile sepolcro con più ardore e in maggior numero, e la sua
festa sia celebrata con maggiore concorso di popolo, Noi, per la
misericordia di Dio onnipotente e confidando nell'autorità dei beati
Pietro e Paolo Apostoli, accordiamo annualmente l'indulgenza di un anno e
quaranta giorni a tutti coloro che, veramente contriti e confessati, si
recheranno con devozione ed umiltà al sepolcro di questa vergine, nel
giorno della sua festa o anche entro l'ottava, per chiedere la sua
protezione.
Dato ad Anagni, il 26 settembre, nell'anno primo del
nostro pontificato.
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