Donna nel Medioevo

 

"E s'ella è fanciulla femina, polla a cuscire e nonne a leggere, ché non istà troppo bene a una femina sapere leggere, se già no la volessi fare monaca…E insegnale tutti i fatti della masserizia di casa…"

Era quello che le donne facevano da secoli e secoli, ognuna nella sua condizione: anche la regina - quando c'era un regno d'Italia e Pavia era la capitale - aveva i suoi compiti precisi per il buon andamento della vita quotidiana a palazzo e le mogli dei grandi signori feudali dovevano anch'esse sorvegliare servi ed ancelle, sovrintendere al guardaroba, alla conservazione delle provviste, alla cucina e, in caso di guerra o di assedio, provvedere all'assistenza dei feriti e dei malati.

La donna nobile, la grande signora feudale, al di là delle mitizzazioni che ne fecero gli ideali cavallereschi, era persona ben concreta, centro di una rete fitta di attività. Essa poteva essere investita di un feudo, poteva possedere delle terre, ed era alla pari con gli uomini in quanto ai diritti e doveri privati; poteva far testamento, stipulare un contratto, citare in giudizio. Una volta sposata, essa perdeva temporaneamente i propri diritti, ma assumeva notevole importanza sociale in quanto capo femminile di una casa.

Una casa feudale non era solo luogo d'abitazione, ma anche luogo di produzione di pane, birra, burro, formaggio, insaccati, tessuti, candele; era luogo di rappresentanza ed anche, noi diremmo, luogo di carità, poiché alle sue porte si presentavano in continuazione bisognosi e mendicanti. A tutti questi compiti sovrintendeva la signora, che doveva quindi organizzare una mole considerevole di lavoro. Inoltre ad essa spettava dirigere l'intera casa qualora il marito fosse assente o prigioniero, oppure morisse.

Simile a questa era la posizione della donna di casa nella borghesia ricca.

Le altre donne, piú modesta era la loro condizione, piú dovevano "fare con le loro mani": per tutte la vita era dura e faticosa ed avevano gran bisogno di quella prudenza, pazienza e modestia che veniva loro raccomandata da tutte le parti. Ma pazienza, prudenza e modestia non sempre le salvavano dalle ingiurie e dalle percosse.

Per la maggior parte delle donne, lavoratrici delle città e delle campagne, le attività erano molteplici. In città, anche se moglie, spesso la donna lavorava come assistente del marito presso la sua bottega, ma non era raro che svolgesse un lavoro in proprio. Le vedove, ed anche le femmes soles, come venivano chiamate negli statuti delle città francesi, potevano avere affari, di produzione e di commercio, anche di considerevole dimensione, e per tutto questo godevano di capacità giuridica e di piena responsabilità.

Nel Medioevo è difficile trovare un mestiere, nel quale non vi fossero donne: erano macellai, pizzicagnoli, vendevano merletti, facevano i calzolai, i guantai, i merciai, gli imbianchini, tessevano, trafficavano spezie, erano fabbri, argentieri, ed altro ancora. Malgrado il considerevole rilievo economico della loro attività, esse non sempre si videro aperte le porte delle corporazioni: a Parigi esistevano corporazioni, ma in Inghilterra erano vietate.

Nelle campagne, l'attività lavorativa femminile comprendeva tutto l'arco dei lavori agricoli, con l'eccezione dei più pesanti. La donna doveva lavorare il lino, pettinare la canapa, tessere, torcere le zolle. Nella casa spettava alle donne la fabbricazione del pane e della pasta e la preparazione del cibo.

Inoltre essa curava gli animali da cortile e ne amministrava le rendite. Quando si trattava di una famiglia patriarcale o di una fraterna, comunque di un insieme composto di più coppie, una delle donne aveva l'autorità sull'insieme femminile e ne dirigeva ed ordinava i lavori, con abilità e responsabilità non inferiori a quelle richieste ad una signora nobile per guidare la sua casa.

Sapevano, fin da bambine, di essere destinate al matrimonio, perché quelle destinate a farsi monache - se non era la vocazione che si manifestava quando erano già adulte - erano messe in convento fin da piccole.

Imparavano a filare, a tessere, a lavorare a maglia - il lavoro a maglia è antico quasi quanto la tessitura - a tagliare, cucire, ricamare, fare il pane, cucinare, fare il bucato: convinte dì ripetere immutati gli atti, i gesti ed i procedimenti che erano stati loro insegnati, ma modificandoli insensibilmente. tant'è vero che ad un certo momento si trovarono a tenere il ditale nel dito medio anziché nel pollice, come le romane antiche. Imparavano anche a piacere: imparavano a danzare, a cantare, a "novellare". Alle donne si chiedeva di essere "buone masseriziose", ma anche di saper parlare con garbo e a proposito, di saper rispondere a tono e con spirito, di saper raccontare con garbo una novella. E si chiedeva loro anche di essere belle.

Di ricettari se ne sono pubblicati tanti: alcune ricette erano innocue o efficaci, come la pasta di mandorle per imbiancare le mani, e la camomilla, per imbiondire i capelli, o l'acqua d'edera per farli più scuri; altre, invece, erano estremamente pericolose, come certi preparati a base di composti arsenicali, che servivano per il "liscio" - quello che ora si chiama "tinta" - ma che provocavano veri e propri avvelenamenti mortali. Altre ricette, basate su ingredienti disgustosi e scritte misteriose, sapevano molto di stregoneria...

Le ragazze vivevano ritirate, ma non segregate, e non mancavano le possibilità di scambiare occhiate e parole con giovani che non vano alla stretta cerchia familiare. Vagheggiare una fanciulla ammodo, che si poteva poi chiedere in moglie, farle qualche serenata, era cosa che non disdiceva né alla ragazza né al giovanotto, né alle rispettive famiglie. Per lo piú le ragazze venivano maritate a uomini che conoscevano appena o non conoscevano affatto:: il matrimonio era combinato fra parenti, assai. spesso con l'intervento di un intermediario, che non di rado era un vero e proprio sensale di matrimoni. Calcolato il. pro ed il contro del parentado, età, salute, bellezza, virtú, abilità, dote della ragazza e la contropartita che offriva il giovanotto, le due famiglie impegnavano i giovani, per verba de futuro, a contrarre matrimonio: promessa solenne che creava un vincolo.

Ma il matrimonio vero e proprio si celebrava per verba de presenti, quando gli sposi rispondevano manifestando il loro consenso alle interrogazioni loro rivolte da un notaio, da un ufficiale pubblico o da un amico o reciprocamente scambiate fra loro. La benedizione ,ecclesiastica era una pia consuetudine che, in sé, non aveva valore giuridico. Una volta sposate e condotte solennemente nella casa maritale, le giovani donne entravano a far parte di un complesso familiare in cui non era sempre facile inserirsi; ma quali fossero le loro relazioni con la nuova famiglia, cominciavano a mettere al mondo un bambino dopo l'altro, ed ogni volta correvano rischio di morte, perchè le infezioni puerperali erano endemiche ed incurabili. Ma se ne uscivano sane e salve, troppo spesso si trovavano poi con un morticino fra le braccia e non dirado dovevano accogliere e fare buon viso ai figli naturali che il marito portava in casa..

I poeti ostentavano di amare la donna "d'altri" e mogli infedeli indubbiamente ce n'erano, meno numerose forse di quanto vorrebbe far credere la letteratura novellistica. Qualche marito usava il pugnale e vendicava l'offesa; qualche altro faceva conto di non sapere. Qualche altro ancora perdonava e la riconciliazione avveniva in presenza di un notaio che la registrava nelle debite forme; così come si redigeva un documento notarile quando la moglie autorizzava il marito, che si assentava per un periodo prevedibilmente molto lungo, ad avere un certo numero annuo di occasionali incontri extraconiugali.

Le donne rimanevano sole per mesi e per anni, quando il marito andava a negoziare nei paesi d'Oltralpe o in terra d'Oltremare o se, per qualche ragione, era bandito dalla città.

Talvolta, insieme con l'uomo, era bandita tutta la famiglia: così donne e bambini andavano raminghi, mentre la loro casa era confiscata e distrutta.            Rassegnate a tutto quello che poteva succedere, le donne non si perdevano d'animo: continuavano a lavorare come avevano lavorato nella casa paterna, finché le gambe le reggevano e gli occhi le servivano, ma erano sempre disposte, nelle sere d'estate, a mettersi fuori dell'uscio con le amiche e le vicine di casa a prendere il fresco e a chiacchierare; cosa che facevano anche le gentildonne sedute sui banchi di pietra, che ancora oggi si vedono sul basamento della facciata di tanti vecchi palazzi. D'inverno restavano a veglia, filavano e "novellavano" e se c'era una festa, fosse inverno o estate, erano sempre disposte ad andarvi con la loro veste piú bella.

 

Indietro