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La sua Vita
 

Santa Chiara d'Assisi

Il Testamento

 

Nel nome del Signore. Amen.   

Fra gli altri benefici, che dal nostro largitore Padre delle misericordie abbiamo ricevuto e ogni giorno riceviamo e per cui dobbiamo maggiormente ringraziare il glorioso Padre del Cristo, c'è la nostra vocazione, la quale quanto più perfetta e grande, tanto più gli dobbiamo. Donde l'Apostolo: Riconosci la tua vocazione. Il Figlio di Dio si è fatto per noi via, che con la parola e l'esempio ci ha mostrato e insegnato il nostro beatissimo Padre Francesco, vero suo amatore e imitatore.

Dobbiamo dunque considerare, sorelle dilette, gl'immensi benefici di Dio in noi accumulati, ma tra gli altri, quelli che per mezzo del suo servo diletto, il padre nostro beato Francesco, Dio si è degnato di operare in noi, non solo dopo la nostra conversione, ma anche mentre eravamo nella misera vanità del mondo. Infatti, quando lo stesso santo non aveva ancora né fratelli né compagni, quasi subito dopo la sua conversione, mentre edificava la chiesa di San Damiano, dove totalmente visitato dalla consolazione divina, fu spinto ad abbandonare del tutto il mondo, per grande letizia e illuminazione dello Spirito Santo profetò riguardo a noi, ciò che poi il Signore adempì.

Salendo infatti in quel tempo sopra il muro di detta chiesa, ad alcuni poveri, che sostavano là vicino, ad alta voce diceva in lingua francese: Venite e aiutatemi nell'opera del monastero di San Damiano, perché vi saranno ivi delle donne, con la vita famosa e la santa conversazione delle quali il nostro Padre celeste sarà glorificato in tutta la sua Chiesa.

In ciò dunque possiamo considerare la copiosa benignità di Dio in noi, che per la sua abbondante misericordia e carità si è degnato di dire queste cose per mezzo del suo santo, riguardo alla nostra vocazione ed elezione. E non soltanto riguardo a noi il nostro beatissimo padre Francesco profetò queste cose, ma anche riguardo alle altre, che sarebbero venute nella vocazione santa, nella quale il Signore ci ha chiamate.

Con quanta sollecitudine, dunque, con quando zelo di mente e di corpo dobbiamo osservare i comandamenti di Dio e del nostro Padre, per poter restituire, con l'aiuto di Dio, moltiplicato il talento! Il Signore stesso, infatti, ci ha poste come forma in esempio e specchio non solo per gli altri, ma anche per le nostre sorelle, quelle che il Signore chiamerà, affinché anch'esse siano di specchio e d'esempio a coloro che vivono nel mondo. Poiché dunque il Signore ci ha chiamate a cose tanto grandi, cosicché coloro che sono date come specchio ed esempio agli altri, possano rispecchiarsi in noi, siamo molto tenute a benedire e a lodare Dio e a corroborarci ancor di più per fare il bene nel Signore. Perciò, se vivremo secondo la forma predetta, lasceremo agli altri un nobile esempio e acquisteremo il premio della beatitudine eterna con una fatica brevissima.

Dopo che l'altissimo Padre celeste si fu degnato, per sua misericordia e per sua grazia, d'illuminare il mio cuore, perché secondo l'esempio e la dottrina del beatissimo padre nostro Francesco facessi penitenza, poco dopo la sua conversione, insieme con poche sorelle che il Signore mi aveva dato poco dopo la conversione mia, promisi a lui volontariamente obbedienza, come il Signore ci aveva conferito il lume della sua grazia per mezzo della sua vita mirabile e della sua mirabile dottrina. Il beato Francesco poi, considerando che, pur essendo fragili e deboli secondo il corpo, tuttavia non ricusavamo nessuna necessità, nessuna povertà, nessuna fatica, nessuna tribolazione o deprezzamento e disprezzo del mondo, ché anzi li consideravamo come grandi delizie, come frequentemente egli ci aveva esaminate secondo gli esempi dei santi e dei suoi frati, si rallegrò molto nel Signore; e mosso a pietà verso di noi, si obbligò con noi di avere da se stesso e per mezzo della sua religione, cura diligente e sollecitudine speciale per noi come per i suoi frati.

E così, per volontà di Dio e del nostro beatissimo padre Francesco, andammo alla chiesa di San Damiano per dimorarvi, dove il Signore in breve tempo, per sua misericordia e grazia ci moltiplicò, perché si adempisse ciò che il Signore aveva predetto per mezzo del suo santo. Infatti, prima, ci eravamo trattenute in altro luogo, benché per poco.

Poi scrisse per noi una forma di vita e massimamente perché perseverassimo sempre nella santa povertà. Né si accontentò, durante la sua vita, di esortarci con molti sermoni ed esempi all'amore della santissima povertà e alla sua osservanza, ma ci trasmise molti scritti, affinché dopo la sua morte non ci scostassimo per nulla da essa, come il Figlio di Dio, mentre visse nel mondo, non volle mai allontanarsi dalla medesima santa povertà. E il beatissimo padre nostro Francesco, avendo imitato le sue vestigia, la sua santa povertà, che scelse per sé e per i suoi frati, finché visse, non si scostò affatto da essa, con il suo esempio e la sua dottrina.

Io, dunque, Chiara, ancella, benché indegna, del Cristo e delle sorelle povere del monastero di San Damiano, e pianticella del santo padre, considerando con le mie altre sorelle la nostra così alta professione e il comando di un tale padre, e anche la fragilità delle altre, che noi temevamo in noi stesse dopo il trapasso del nostro santo padre Francesco, che era la nostra colonna, la nostra unica consolazione dopo Dio e il nostro appoggio, ancora e ancora ci siamo volontariamente obbligate alla nostra santissima madonna povertà, cosicché dopo la mia morte le sorelle, che sono e che verranno, non possano in alcun modo scostarsi da essa.

E come io fui sempre zelante e sollecita nell'osservare e nel fare osservare dalle altre la santa povertà che abbiamo promesso al Signore e al nostro padre il beato Francesco, così quelle che mi succederanno nell'ufficio siano tenute sino alla fine a osservare con l'aiuto di Dio e a far osservare la santa povertà. Anzi, per maggiore precauzione, fui sollecita a far corroborare la nostra professione della santissima povertà, che abbiamo promessa al Signore e al nostro beatissimo padre, con dei privilegi del signor papa Innocenzo, al tempo del quale noi cominciammo, e dei suoi successori, affinché in nessun momento ci scostiamo in alcun modo da essa.

Perciò, piegate le ginocchia e inclinato l'uno e l'altro uomo, raccomando tutte le mie sorelle che sono e che verranno, alla santa madre Chiesa Romana, al sommo pontefice e in particolare al signor cardinale che è stato deputato alla religione dei Frati Minori e a noi,

affinché per amore di quel Dio,
che povero fu posato nel presepe,
povero visse nel mondo
e nudo rimase sul patibolo,

faccia che sempre il suo piccolo gregge, che il Signor Padre ha generato nella sua santa Chiesa per mezzo della parola e dell'esempio del nostro beatissimo padre san Francesco per seguire la povertà e l'umiltà del suo Figlio diletto e della gloriosa Vergine, sua madre. osservi la santa povertà che abbiamo promesso a Dio e al nostro beatissimo padre san Francesco, e che si degni sempre di incoraggiarle e conservarle.

E come il Signore ci diede il nostro beatissimo padre Francesco come fondatore, piantatore e nostro aiuto nel servizio del Cristo e in ciò che abbiamo promesso al Signore e al nostro beato padre, il quale pure, mentre visse, fu sollecito con la parola e l'opera a coltivare accuratamente e favorire sempre noi, pianticella sua, così io raccomando e lascio le mie sorelle, che sono e che verranno, al successore del beatissimo padre nostro Francesco e a tutta la religione, affinché ci siano sempre di aiuto nel progredire in meglio per servire Dio e soprattutto per osservare meglio la santissima povertà.

Se poi accadesse che in qualche tempo le dette sorelle lasciassero il detto luogo e si trasferissero in un altro siano tenute, dopo la mia morte, dovunque siano, a osservare la predetta forma di povertà, che abbiamo promesso a Dio e al nostro beatissimo padre Francesco.

Tuttavia, colei che sarà nell'ufficio delle sorelle, come pure le altre, sia sollecita e previdente, affinché riguardo al luogo suddetto, non acquistino o non ricevano di terra, se non tanto quanto lo esige l'estrema necessità per un orto da coltivare a ortaggi. E se da qualche parte per l'onestà e il ritiro del monastero, occorresse aver più terra fuori della cinta dell'orto, non permettano che sia acquistata e nemmeno che ne ricevano di più di quanto non lo esiga l'estrema necessità. E quella terra non venga affatto lavorata, né seminata, ma rimanga sempre come sodaglia incolta.

Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo tutte le mie sorelle, che sono e che verranno, perché attendano con ardore a imitare la via della santa semplicità, umiltà, povertà e anche l'onestà della santa conversazione, come fin dall'inizio della nostra conversione siamo state ammaestrate accuratamente dal Cristo e dal nostro beatissimo padre il beato Francesco. Dalle quali sparse l'odore della buona fama, tanto a quelli che sono lontani quanto a quelli che sono vicini, lo stesso Padre delle misericordie non per i nostri meriti, ma per la sola misericordia e grazia di largitore. E amandovi le une le altre della carità del Cristo, dimostrate fuori per mezzo delle opere, l'amore che avete dentro, cosicché, provocate da tale esempio, le sorelle crescano sempre nell'amore di Dio e nella mutua carità.

Prego anche colei che sarà nell'ufficio delle sorelle, perché attenda con ardore a precedere le altre piuttosto nelle virtù e nei santi costumi che nell'ufficio, in tal maniera che le sue sorelle, provocate dal suo esempio, non obbediscano tanto per l'ufficio quanto per amore. Sia anche previdente e discreta riguardo alle sue sorelle, come una buona madre verso le sue figlie, e specialmente si adoperi con zelo a provvedere loro secondo la necessità di ciascuna, con le elemosine che il Signore darà. Sia anche tanto benigna e affabile, che possano manifestare le loro necessità con sicurezza e ricorrere a lei in ogni ora con confidenza, come sembrerà loro espendiente, tanto per sé che per le loro sorelle.

Le sorelle poi che sono suddite si ricordino di avere rinnegato, per Dio, le proprie volontà. Perciò voglio che obbediscano alla loro madre, di loro spontanea volontà, come hanno promesso al Signore, cosicché la loro madre, vedendo la carità, l'umiltà, e l'unità che hanno reciprocamente, porti più lievemente l'onere che per causa dell'ufficio sopporta, e per la loro santa conversazione, ciò che è molesto e amaro le si muti in dolcezza.

E perché stretti sono la via e il sentiero, e angusta la porta per la quale si va e si entra nella vita, pochi sono anche coloro che camminano e entrano per essa. E se ci sono alcuni che per qualche tempo vi camminano, pochissimi sono quelli che in essa perseverano. Ma sono beati coloro ai quali è dato di camminare per essa e perseverare fino alla fine.

Badiamo dunque che, se siamo entrate nella via del Signore, che per colpa nostra e ignoranza, non abbiamo da scostarcene in nessuna maniera in nessun tempo, affinché non abbiamo da recare ingiuria a tanto Signore e alla sua Vergine madre e al padre nostro beato Francesco, alla Chiesa trionfante e anche militante. E' scritto infatti: Maledetti coloro che si scostano dai tuoi comandamenti.

Perciò piego le mie ginocchia al Padre del Signore nostro Gesù Cristo, affinché, con l'appoggio dei meriti della gloriosa Vergine santa Maria madre sua e del nostro beatissimo padre Francesco e di tutti i santi, il Signore stesso, che ha dato un buon principio, dia la crescita e dia anche la perseveranza finale.

Amen.


Questo scritto, perché meglio debba essere osservato, lo lascio a voi, carissime e dilette sorelle mie, presenti e venture, in segno della benedizione del Signore e del beatissimo padre nostro Francesco e della benedizione mia, vostra madre e ancella.

 

Introduzione storica

Gli studiosi pongono il 1247 come data, prima della quale non è possibile datarlo. Altri limitano ancor di più il periodo di dettatura e lo pongono tra il settembre 1252 e gli ultimi giorni della vita della santa.

È probabile sia stato dettato da Chiara poco dopo la definitiva approvazione della Regola: al verso 29, infatti, riferendo quanto aveva detto nel cap. VI della Regola, aggiunge l'espressione et per religionem suam assente dalla Regola, per sottolineare l'obbligatorietà che l'impegno di Francesco aveva preso per tutto l'Ordine dei Frati Minori.

Alla fine del secolo scorso (1892), molti misero in dubbio l'autenticità dello scritto: si lamentava la mancanza di una tradizione manoscritta; ma recentemente sono stati trovati almeno 5 codici con la versione latina del Testamento.

Sembrava, poi, che il latino molto scorrevole del Testamento fosse in contrasto con la formazione letteraria di Chiara, ma la definitiva attribuzione a Chiara delle Lettere ad Agnese costituisce la prova migliore delle sue capacità letterarie (sempre lasciando spazio alla possibilità di intervento di un segretario, al quale avrebbe dettato).

È un'esortazione rivolta a fortificare le sorelle nella vita intrapresa e a seguire il beatissimo padre nostro Francesco. Ricorda le origini della comunità di San Damiano, voluta per iniziativa di Francesco e raccomanda alle sorelle di perseverare sempre nella strada della povertà, per la quale lei si era fatta approvare il Privilegio della Povertà da tutti i papi della sua vita.

Lo scritto presenta una grande varietà di temi autobiografici e di esortazioni alla vita evangelica da condurre in povertà e obbedienza alla Chiesa romana, secondo il modello del Testamento di Francesco, nel ritiro di S. Damiano.

È un documento di grande importanza, per conoscere lo spirito della Santa, le caratteristiche profonde del suo modo di intendere la vita, la sua personalità, il rapporto originale e indicibile con il padre Francesco.

È soprattutto una lettura delle origini del carisma, fatta con la lucidità e la sapienza di chi è ormai giunto al termine della vita e si volge a guardare il cammino percorso con l'occhio limpido e pacificato, perché completamente abbandonato nelle mani del Padre delle misericordie.

Anche nello stile si avvicina a Francesco: il ritmo latino fa molto uso della congiunzione "et", con un periodare molto vicino agli scritti di Francesco e al suo Testamento.

 

 Contenuto

L'esperienza di fede di Francesco che vediamo nel suo Testamento ha risonanze e temi molto ampi. Chiara è più sintetica, più unitaria. Vogliamo enucleare, nella lettura tematica del TestsC, i punti di appoggio principali sui quali si è poggiata l'esperienza di fede di Chiara. Sono sorprendenti e appassionanti.

1) Dio: Il Padre delle misericordie

Chiara intende e sente Dio a partire dalla sua passione e dal suo affanno per noi. Perciò lo qualifica come colui che elargisce tutto abbondantemente (TestsC 2: 2823), misericordia e grazia (TestsC 24: 2831; 58: 2846) a ogni creatura. Imbevuta e avviluppata nell'amore a questo Padre, Chiara piega le sue ginocchia davanti al Padre di Nostro Signore Gesù Cristo (TestsC 77: 2852). Assistere a questo abisso di relazione di Chiara con il Padre è l'unica maniera di intendere la profondità, la verità della sua vita.

2) Il Figlio, fatto via per noi

Quando Chiara dice in modo suggestivo e singolare che il Figlio di Dio si è fatto via per noi (TestsC 5: 2 824) sta scoprendo le viscere stesse del povero Crocifisso offerto alla nostra storia (TestsC 35: 2836; 45: 2841; 71-73: 2850).

Lì Chiara si avvicina alla luce abbagliante della trascendenza di Cristo e si addentra nella più inebriante intimità con l'uomo di Nazaret. Non ci meraviglia, in assoluto, una serie di atteggiamenti che, come reazione a catena, provocano questa maniera peculiare di intendere Gesù:

*la sequela come forza di propulsione di questa vita che va grazie a Gesù, così come la visse lo stesso Francesco (TestsC 46:2841) e come Chiara l'apprese;

*la conversione intesa non tanto come un insieme di tecniche ascetiche applicate, ma come l'amorosa costruzione dell'adesione a una persona (TestsC 4-8: 2825; 24-26: 2831; 56-57: 2845), a Gesù che è la sana ossessione della vita clariana;

*la povertà e umiltà non tanto come virtù che rendono tipico uno stile religioso di vita, Chiara le intende come una credente reazione di fede di fronte a Cristo povero (TestsC 27-28: 2832; 44-47: 2841; 56-57: 2845). Tutto lo sfondo della lotta per la povertà, che ha caratterizzato la vita di Chiara, acquista nel TestsC un'impronta cristologica che la rende forte e utile per sostenere un modo di vita credente, fermo e ricco di prospettive.

3) Francesco, dono del Signore

Dicendo che TestsC nomina diciassette volte Francesco possiamo pensare, a prima vista, che questo documento, come la vita di Chiara, è ammantato da un profondo apprezzamento e affetto verso la persona di chi è stato mediazione imprescindibile di vita e di fede (TestsC 24-29: 31-34; 44-51: 2841-2842). Egli è colui che ha mostrato e insegnato con la parola e con l'esempio (TestsC 5: 2824) la via e la capacità di seguirla che è Gesù. Chiara e le sue sorelle accolsero con slancio questa mediazione senza la minima titubanza, perché la loro intuizione evangelica diceva loro che Francesco era la loro mediazione, il dono che la generosità del Padre poneva per il bene delle loro vite. Il TestsC traduce l'amore per Francesco nell'esultante linguaggio dell'azione di grazie (TestsC 18: 2828). Non c'è da meravigliarsi che Chiara dica di Francesco che era unica consolazione dopo Dio e colonna e sostegno della nostra vita (TestsC 38: 2838).

4) Chiara insieme con le sue sorelle

Per Chiara, secondo TestsC 24-32: 2831-2834 e 37-39: 2838, le sue sorelle sono dono e grazia. Ma non in una forma piamente meccanica o di routine, ma nella misura del dono quotidiano nella fede e nella vita. Per Chiara, la possibilità di vivere il Vangelo in un gruppo credente è un segno evidente dell'amore quotidiano del Padre e perciò fiorisce naturalmente l'azione di grazia per lo stile credente di vita in fraternità (TestsC 2-4: 2823; 6-11: 2826).

5) Il mistero e la gioia della vocazione

Così Chiara intende la sua vocazione alla vita evangelica dono di Dio, mistero del suo rivolgersi al cuore della persona, relazione creatrice e riorientatrice del cuore della persona (TestsC 1-3). Perciò, la vocazione evangelica è più compito che proprietà.

Testamento come evocazione e invito

Viene il dubbio nel caso di Chiara, come in quello di Francesco, che il suo Testamento abbia una forte componente di evocazione, guardando i giorni iniziali come belli e decisivi nel modo di procedere nella fede. Ma riteniamo che, per la dinamica interna del testo e per il tempo nel quale è stato scritto, non sia minore la sua componente di fraterno e urgente invito a uno stile di vita evangelica limpido e dinamico. Offerta e indicazione di cammino.