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A Cosenza la commovente testimonianza di mons Kanundowi ceh ricordato il rapporto speciale di papa Wojtyla con i sofferenti

Fabio Mandato
ROMA

Le scuole di umanizzazione di etica sanitaria e l’umanità di Giovanni Paolo II. Un’occasione, dinanzi agli infermi, per testimoniare la presenza e lo stile cristiano. Nei giorni scorsi, a Cosenza, è stato inaugurato il sesto anno accademico della Scuola regionale, diretta dal sacerdote Cappuccino fra’ Ugo Maria Brogno. “La Scuola porta il nome di Angelo d’Acri, che si è accostato ad ogni sofferenza fisica, personale e morale”. Una scuola, come ricorda il frate, che è rivolta a laici, medici, infermieri, personale tecnico/ausiliario e religiosi, che desiderano una preparazione qualificata per essere abilitati ad un servizio professionale nel campo sanitario. “La Scuola gode anche dell’attestato ECM Provider, di Educazione Continua in Medicina, un traguardo, questo, utile per formare dei veri e propri ministri della consolazione”.

La lectio magistralis è toccata a padre Roberto Sapori, dei Camilliani, il cui Istituto di Teologia Pastorale Sanitaria appoggia la Scuola di Umanizzazione cosentina. Il sacerdote, nella sua relazione, ha fatto riferimento a tutti i documenti con cui la Chiesa ha prestato attenzione, negli anni, alla Pastorale Sanitaria, a partire dai lavori del Concilio Vaticano II, per i quali “tutto si compia nella carità e nella verità”, e la Chiesa, “nella sua semplicità evangelica, sia a servizio dei poveri e dei sofferenti”. Secondo Sapori, “il cuore della Chiesa, anche dei laici, è l’amore verso le difficoltà altrui. Il fatto positivo è che la Chiesa negli anni abbia dato centralità alla persona del malato, posta come prima preoccupazione della comunità cristiana”.

Non sono mancati momenti di commozione nell’intervento di Mons. Kabongo Kanundowi, Arcivescovo Emerito di Luebo (Congo), già segretario particolare di Giovanni Paolo II. Nella sua relazione toccante è stata una sua testimonianza diretta sul Beato e sul suo rapporto con i malati.

L’amato Pontefice, che proprio nella malattia è stato straordinario esempio di pazienza e tenera immagine di Gesù Crocifisso, “riceveva molte lettere da tutto il molto da persone che soffrivano e chiedevano la sua preghiera e la sua vicinanza”. Commosso, Mons. Kabongo, ha ricordato proprio quei momenti in cui, di fronte a Giovanni Paolo II, gli sottoponeva quegli scritti pieni di speranza “da parte di chi stava male, di chi era nella prova, di chi desiderava un figlio e non riusciva ad averlo. Sapete quante ne ho lette di persone che grazie alla preghiera del Papa hanno poi avuto un bambino. E quante persone, poi, hanno dato il nome di Karol o di Giovanni Paolo, ai propri bambini. I miracoli esistono”.

Il Pontefice – racconta Mons. Kabongo - non disdegnava quelle richieste di aiuto. “Il Papa – prosegue il presule africano – voleva leggere quelle lettere, tanto che le trattava con più attenzione di quelle di tipo amministrativo”. Le leggeva, e pregava. Nell’Eucarestia, poneva nella patena e nel calice proprio i problemi che quei fedeli sconosciuti gli avevano rappresentato. “Ricordo ancora – testimonia Mons. Kabongo – come metteva le lettere sull’altare, in un cestino, dinanzi al tabernacolo, dove andava sempre a pregare”. Ogni anno, la Giornata Mondiale del Malato. L’attenzione della Chiesa Cattolica verso i disagiati, i sofferenti. Da Giovanni Paolo II, la testimonianza di un uomo continuamente rapito, nella preghiera, a favore della sua Chiesa universale.

 

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