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Celebrazioni a Torino con incontri, celebrazioni e l'intervento domenica del cardinale Joao Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita apostolica

di Domenico Agasso JR

Da oggi a domenica a Torino, nella Piccola Casa della Divina Provvidenza, si svolge il convegno «Un albero, tanti rami: il Cottolengo ispiratore di esperienze evangeliche e famiglie religiose», organizzato a conclusione delle celebrazioni per i 200 anni di ordinazione sacerdotale del fondatore.

I principali appuntamenti sono: l’apertura del convegno, che si terrà alle 15 di oggi, presieduta da monsignor Giuseppe Guerrini, Vescovo di Saluzzo; alle 8 di domani monsignor Cesare Nosiglia, Arcivescovo di Torino, presiederà la Celebrazione eucaristica nella chiesa principale della Piccola Casa, e poi alle 15,30 verranno presentate tutte le famiglie religiose e le realtà ecclesiali ispirate all’esperienza di san Cottolengo; alle 9 di domenica cardinale Joao Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita apostolica, terrà un incontro sul tema «I Carismi della Chiesa: quale profezia per il nostro tempo?».

Ecco la storia di San Giuseppe Benedetto Cottolengo (Bra, Cuneo, 3 maggio 1786 – Chieri, Torino, 30 aprile 1842).

Il 2 settembre 1827 una donna francese in transito a Torino col marito e cinque figli, Maria Gonnet, partorisce una bimba; e muore con lei in un dormitorio per vagabondi, respinta da un ospedale perché in gravidanza, e dalla maternità perché ha la tbc. L’ha assistita un sacerdote che poi, tornato alla sua chiesa, vi chiama gente a pregare e infine congeda tutti dicendo soltanto: «La grazia è fatta!». Si chiama Giuseppe Benedetto Cottolengo, nato da famiglia benestante, stimato canonico nella chiesa torinese del Corpus Domini.

Ma da tempo è scontento di sé, per un’avvilita sensazione di insufficienza, o di fallimento; una buia crisi. E la «grazia», ora, consiste appunto nella chiarezza ritrovata.

Quella tragedia lo ha aiutato a capire e a decidere: servirà il Cristo umiliato e messo in croce, il Cristo rinne­gato anche dai suoi. Il Cristo presente in ogni non-persona come Maria Gon­net. Quelli che tutti respingono, lui li accoglie, a partire dal 17 gennaio 1828, in una casa della vecchia Torino. Quando la deve lasciare - pe­ricoli di contagio, proteste dei vicini - cerca casa fuori città, e la trova poi nei prati umidi di Valdocco.

Qui il 27 aprile ri­ceve i primi malati, e nessuno lo ferma più. Il fabbricato cre­sce, si moltiplica come gli in­fermi e chi li cura, diventando quella che nel XXI secolo sarà una «città» di 87mila metri quadrati, con quasi duemila malati, con laborato­ri, scuole, centri specializzati.

Sempre col nome dato da lui: «Piccola Casa della Divina Provvidenza». I ricchi e i pove­ri, il re Carlo Alberto e le la­vandaie, tutti aiutano il Cotto­lengo, e sarà sempre così. A tutti egli insegna che questa Casa non è per i malati, ma dei malati, perché in ognuno di essi c’è Cristo.

E per servire gli infermi egli crea via via le famiglie religiose dei sacerdoti, delle suore, dei «Fratelli». Energie straordinarie si attivano, animate dalla sua fiducia in Dio e dalla sua stima per l’uomo, dal suo rigore e dalla sua dolcezza.

Affida pesanti compiti alle suore, e poi prepara decotti per quelle malate: «Non sarei abbastanza padre se non fossi anche madre». In punto di morte, a soli 56 anni, non si preoccupa per il futuro dell’opera: «L’ha fatta la Provvidenza; io ho solo cercato di non ostacolarla». Sarà canonizzato da Pio XI nel 1934.

 

www.vaticaninsider.lastampa.it  -  Torino 21/04/2012

 

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