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Benedetto XVI, incontrando un gruppo di vescovi americani, ha sottolineato il contributo che le istituzioni educative cattoliche possono offrire alla costruzione di «una società sempre più radicata in un umanesimo autentico»

di Alessandro Speciale

Nelle scuole e nelle università cattoliche d'Oltreoceano non c'è posto per il “dissenso” nei confronti dell'autorità ecclesiastica e della dottrina della Chiesa: un messaggio chiaro, quello inviato questa mattina da papa Benedetto XVI a quattro gruppi di vescovi statunitensi in Vaticano per la loro quinquennale visita 'ad limina'.

Nella quarta tappa di quella che difatti è un'unica lunga catechesi in più puntate rivolta alla Chiesa statunitense, papa Ratzinger ha affrontato il tema della “educazione religiosa e della formazione nella fede della prossima generazione di cattolici”. Una questione particolarmente calda in un Paese in cui un terzo di coloro che 'nascono' cattolici abbandonano la Chiesa nel corso della loro vita.

La parte più affilata del suo messaggio, però, il pontefice l'ha dedicata alla situazione delle università cattoliche americane, in cui insegnano diversi professori – Daniel C. Maguire di Marquette, Peter Phan di Georgetown e la più recente vicenda di suor Elizabeth Johnson di Fordham, per fare solo qualche esempio – che negli ultimi anni sono finiti, per i loro insegnamenti, nel mirino degli organi di controllo dottrinale della Conferenza episcopale statunitense o direttamente della Santa Sede.

Anche se riconosce che di recente i vescovi si sono impegnati affinché college e università cattolici riaffermino “la loro identità distintiva nella fedeltà ai loro ideali fondanti e alla missione della Chiesa”, papa Ratzinger ha sottolineato che c'è “ancora molto da fare, soprattutto in ambiti fondamentali quali la conformità al mandato stabilito dal canone 812 per quanti insegnano discipline teologiche”. Il canone stipula che “coloro che in qualunque istituto di studi superiori insegnano discipline teologiche, devono avere il mandato della competente autorità ecclesiastica”.

Per Benedetto XVI, questa norma è fondamentale se si pensa alla “confusione creata da casi di apparente dissenso tra alcuni rappresentanti delle istituzioni cattoliche e la guida pastorale della Chiesa”. “Simili disaccordi – ha aggiunto con quello che può essere letto anche come un velato riferimento alle recenti polemiche tra vescovi Usa e governo Obama – danneggiano la testimonianza della Chiesa e, come ha dimostrato l'esperienza, possono essere facilmente sfruttati per compromettere la sua autorità e la sua libertà”.

Il papa ci tiene a ricordare ai vescovi che “fornire ai giovani una solida educazione nella fede costituisce la sfida interna più urgente che la comunità cattolica nel vostro Paese deve affrontare”. Ma per fare questo, ha aggiunto, non basta il “rigore intellettuale” e la comunicazione “efficace, attraente e integrale” del messaggio cristiano: bisogna anche formare i giovani “nell'amore di Dio, nella pratica della morale cristiana e della vita sacramentale e, non ultimo, nel coltivare la preghiera personale e liturgica”.

E anche su questo punto, le università cattoliche non sono state, per Benedetto XVI, all'altezza della loro missione: “Troppo spesso, pare, le scuole e i college cattolici non sono riusciti a sfidare gli studenti a riappropriarsi della loro fede” all'interno del proprio percorso intellettuale.

Per questo, ha quindi concluso il papa, mettere l'accento sull'“apologetica” e sui “tratti distintivi cattolici” è necessario ma non basta: quello di cui c'è bisogno,è “proclamare la verità liberatrice di Cristo” e contribuire a costruire una società fondata su un “umanesimo autentico, ispirato dal Vangelo e fedele ai valori più alti dell'eredità civica e culturale americana”.

www.vaticaninsider.lastampa.it  -  Città del Vaticano 05/05/2012

 

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