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E’ di sette morti, una cinquantina di feriti e oltre 5000 sfollati, il bilancio ancora provvisorio, del terremoto di magnitudo 6 che ieri ha colpito l’Emilia Romagna e nelle ultime 24 ore si sono registrate almeno 100 scosse di assestamento. Domani il Consiglio dei ministri per dichiarare lo stato di emergenza. Enormi ma ancora non quantificabili i danni al patrimonio artistico, fa sapere il ministro per i Beni e le Attività Culturali Ornaghi che ha chiesto un incontro con la Protezione civile per garantire la salvaguardia e il restauro degli edifici danneggiati

Il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, si unisce al dolore dei familiari delle vittime e invita le comunità ecclesiali alla preghiera. La macchina dei soccorsi, intanto, continua a lavorare incessantemente. La Caritas, attraverso la rete delle parrocchie, è impegnata nel coadiuvare la Protezione civile nell’assistenza agli sfollati. Amedeo Lomonaco ha intervistato mons. Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana: Amedeo Lomonaco ha intervistato mons.Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana:

 

R. – La prima visita, che ho fatto ieri, è stata per rendere visibile, proprio fisicamente, la presenza della Caritas, tramite la presenza del direttore, che ha portato la vicinanza e la solidarietà della Chiesa italiana. Si è tessuta, praticamente, la rete delle relazioni - tramite l’affidamento al direttore della Caritas di Reggio Emilia, delegato regionale - affinché possa coordinare in modo particolare Ferrara, Modena, Bologna, Carpi e tutta la delegazione e affinché si possa capire meglio la situazione: rilevare quali siano i bisogni, capire dove siano in questo momento le persone, puntare soprattutto all’unità della comunità, attivare poi delle azioni di prossimità sul territorio.

 

D. – E’ stata già allestita una tendopoli?

 

R. – Voglio rassicurare che la tendopoli allestita a Finale Emilia è soprattutto in prospettiva precauzionale: lì non ci vanno gli sfollati, in quanto la loro casa è crollata – purtroppo, gli organi di comunicazione cercano quasi di enfatizzare il fatto – ho parlato questa mattina con il parroco di Finale Emilia e mi ha confermato che si tratta di una tendopoli precauzionale.

 

D. – Come sta reagendo la popolazione a questa grave emergenza?

 

R. – Con un atteggiamento di fiducia, perché la rete della solidarietà, la rete soprattutto della carità in Italia, è sempre stata all’altezza, specialmente manifestando la buona volontà di tutti.

 

Tra i comuni più colpiti dal terremoto che ha scosso l’Emilia Romagna, c’è il piccolo centro di Sant’Agostino, nella diocesi bolognese.Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza del parroco, don Gabriele Porcarelli:

 

R. – Stiamo vivendo come persone che devono affrontare un momento difficile, unico nella vita, nel quale però certamente non possiamo fermarci perché dobbiamo andare avanti, ricominciare, e dare speranza a tutti, soprattutto ai più piccoli, ai nostri bambini. Noi che siamo più grandi abbiamo il compito di ricostruire con le nostre forze, le nostre capacità, il nostro ingegno tutto quello che sarà possibile ricostruire, anche nel giro di poco tempo.

 

D. – Un parroco in un piccolo centro è davvero sempre un punto di riferimento. In questo momento, forse ancora di più…

 

R. – Sempre e comunque, perché poi la gente ti saluta, ti chiama, chiede una parola, ti sente vicino, ti vede perché cammini con loro sulle strade, vede che condividi con loro le fatiche. Tu stesso sei stato segnato! Le nostre chiese sono state segnate molto di più delle nostre case e la gente sente molto questo senso dell’appartenenza alla propria chiesa, alla propria parrocchia. Per cui, vedere le chiese così, o lesionate o addirittura completamente crollate per loro è un grande dolore personale, familiare. Infatti, molti di loro sono legati alla vita ecclesiale e per questo tutti si sentono anche feriti: è stata ferita, in qualche modo, anche la fede che vede nei luoghi della celebrazione i segni dell’appartenenza, la Casa del Signore.

 

D. – Evidentemente, c’è prima di tutto la grande sofferenza per le vittime e poi il pensiero, la solidarietà per i feriti …

 

R. – Noi abbiamo pagato il prezzo più importante, con i quattro deceduti nelle nostre aziende del territorio. Anche se non sono abitanti di Sant’Agostino, però a Sant’Agostino lavoravano. Essendo avvenuto nel corso della notte, la mattina presto tutti pensano che le aziende siano vuote; invece, ci sono aziende che fanno turni continui. Per questo loro erano sul posto di lavoro e svolgevano il loro lavoro come molto spesso è capitato e capiterà ancora. Qui si ricorda soltanto di un terremoto raccontato, scritto nelle carte del 1500: quindi chi poteva essere pronto ad una cosa di questo genere?

 

D. – La Chiesa con quale spirito, e con quali iniziative concrete, anche, si sta facendo prossima alla popolazione?

 

R. – Intanto, noi ci siamo. Siamo sul territorio come sacerdoti: nella parrocchia di Sant’Agostino abbiamo la scuola materna che è anche la scuola materna del paese, è l’unica scuola. So che tutti i parroci, anche qui intorno, si sono resi disponibili, sono presenti. Due parroci hanno perso la chiesa perché è completamente crollata e quindi sono in una situazione difficoltà più loro che non la gente …

 

D. – In tutto questo dolore, in questa sofferenza c’è un messaggio di speranza, di forza che magari le ha dato qualche fedele?

 

R. – Sicuramente il messaggio di forza è che tutti ci siamo sentiti molto più vicini, molto più uniti; tutti ci salutiamo, chiediamo informazione di tutti, abbiamo avuto la possibilità – come accade nel nostri paesi – di sapere tutto subito, anche delle persone anziane ammalate; abbiamo provato a stringerci tutti, per esserci il più vicini possibile. I messaggi di solidarietà arrivati da tutti sono stati un segno molto bello. Il cardinale Caffarra ha telefonato, ieri sera, prima di partire, perché questa mattina è a Roma per l’assemblea plenaria della Conferenza episcopale. Io ho sentito molto l’appoggio, l’aiuto, la vicinanza di tanti. E questo, secondo me, è un bellissimo segno. E’ chiaro che adesso dobbiamo ripartire con le nostre gambe e dobbiamo farlo insieme, perché da soli è una cosa impensabile.

 

RADIO VATICANA  -  www.radiovaticana.org

 

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