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Viene giù il duomo e la chiesa di San Francesco a Mirandola, crolla il duomo di Carpi dove muore il parroco.

di Maurizio Troccoli

C’è terrore, spavento e rabbia. Coraggio e preghiera. Tra la polvere, le macerie, i ricordi e la speranza, ogni terremoto porta via con se pezzi di vicende umane, pagine di storia e bellezza, architetture sotto le quali si va in cerca di protezione e che fatalmente esprimono tutta la loro fragilità trasformandosi e trasformandoti in fragilità. Era il mattino del 26 settembre del 1997 quando per la seconda volta ad Assisi, tremò la terra. E quella seconda volta fu fatale, dopo la scossa delle due di notte. Persero la vita 2 frati padre Angelo Api e il postulante Zdzisław Borowiec mentre andò distrutta le volta giottesca della basilica superiore, sotto la quale morirono anche due tecnici, Bruno Brunacci e Claudio Bugiantella.

Altre chiese crollano Altre chiese crollano nel terremoto dell’Emilia, un altro sacerdote perde la vita e ancora gioielli di storia vanno distrutti. Viene giù una parte del duomo di Carpi e i vigili del fuoco informano della more del parroco. Il sindaco di San Felice, in lacrime parla di «disastro» e nella chiesa di San Giacomo a Mirandola ci sono cumuli di macerie sul sagrato e numerose lesioni lungo tutta la struttura. Il duomo di Mirandola crolla e anche la chiesa di San Francesco. Da Assisi giungono le parole di padre Enzo Fortunato, portavoce del Sacro Convento, scampato ai crolli del 1997 «per miracolo». Padre Enzo che era nella basilica di Assisi durante i crolli e che riuscì a salvarsi nonostante fosse a pochissima distanza dalla volta crollata prega e ricorda: «So quanta sofferenza si prova e quanto coraggio ci vuole ma la speranza deve essere la bussola del nostro cammino».

Il messaggio Oggi come allora la disperazione sembra non lasciare scampoli alla preghiera, le roccaforti della fede hanno la stessa fragilità dell’uomo, e le loro ferite raccontano la sofferenza di quanti, in queste ore, sono disorientati e increduli, disarmati e senza fiducia, prede della desolazione e della rabbia per tutto quello che «si sarebbe potuto evitare». E’ l’ora dopo di un terremoto. E’ il primo risveglio da un terremoto. Simile l’uno all’altro. Vogliono parlare a quella sfiducia i frati di Assisi che vissero lo scoramento e si rifugiarono nella preghiera e nella operosità che è in grado di partorire la fede: «Le conosciamo bene, per averle vissute in prima persona, quelle scosse continue della terra – scrivono i frati francescani di Assisi –  che provocano sofferenza, paura e smarrimento. Ma il terremoto non può arrestare la speranza, solido ancoraggio per ricominciare. Con questa determinazione vivemmo quei mesi del ’97 e del ’98, quando il sisma colpì ripetutamente Assisi e l’Umbria’». E’ una ‘«solidarietà umana e spirituale» quella che la comunità francescana del Sacro convento di Assisi ha espresso alle popolazioni dell’Emilia Romagna. In una dichiarazione sul sito sanfrancesco.org, il direttore della sala stampa del Sacro convento, padre Enzo Fortunato, ha ricordato la sua esperienza di terremotato: «La comunità francescana, pur colpita così da vicino non smarrì neanche per un istante – ha sottolineato il custode del Sacro convento, padre Giuseppe Piemontese – le sue convinzioni più profonde e la volontà di non fermarsi nella propria opera di fratellanza, solidarietà e ricostruzione nel ricordo di Francesco d’Assisi. Con fede e con speranza, oggi come ieri, ci inginocchiamo davanti alla tomba del Santo, pregando per le vittime e offrendo vicinanza a chi soffre», conclude la dichiarazione di padre Piemontese.

 

www.umbria24.it  Scritto il 29/5/12

 

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