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In Polonia e Ucraina operano con discrezione e disponibilità cappellani disponibili ad ascoltare i tanti tifosi e turisti presenti

di Giacomo Galeazzi

E' una “stazione di servizio” che come rifornimento distribuisce la fede invece della benzina. Si chiama “Jesus zone” ed è gestito da alcuni sacerdoti che hanno deciso di fornire ai tifosi dei campionati europei di calcio 2012 l’assistenza spirituale.

I religiosi impegnati in questo tipo di servizio indossano il clergyman, ma non disdegnano di mettersi al collo la sciarpa della Polonia. Padre Szymon ha indossato perfino la maglia della sua selezione, bianca con l’immancabile aquila su sfondo rosso, “del resto anche ai sacerdoti è permesso fare il tifo”, precisa. Calcio ma non solo. A Poznan si è svolta ieri sera la sfida di fra Irlanda e Croazia, ma la “fan zone” ha nella cattolicissima patria del Beato Karol Wojtyla una sezione senza precedenti.

Nella città polacca, sede anche di due match dell’Italia proprio contro croati (giovedì 14) ed irlandesi (lunedì 18), la "zona dei tifosi" ha un settore molto particolare. Ad inaugurarla sono stati ieri gli irlandesi e i croati sono due popoli profondamente cattolici, come appunto i polacchi, e lo stesso vale per gli italiani.

 

Ecco allora che padre Szymon Nowicki, in passato cappellano del Lech Poznan e della nazionale polacca, si alterna con alcuni colleghi per spiegare ai tifosi in arrivo la parola del Signore, e distribuire materiale informativo stampato in tre diverse lingue: inglese, croato ed italiano. “Troppo spesso i fans del calcio sono descritti in modo negativo - spiega il sacerdote-, ma a volte si tratta di stereotipi negativi. Però c’è anche la realtà dei fatti, che dimostra come alcuni di loro non si comportino in modo appropriato. Quindi abbiamo pensato che nella zona dedicata ai supporter in arrivo a Poznan, visto che provengono da nazioni decisamente cattoliche, potesse essere utile questa zona per l’assistenza spirituale: la gente viene qui per il calcio ma potrebbe avere anche questo tipo di bisogno, e allora ci pensiamo noi”.

“Non vogliamo essere invadenti o costringere la gente ad andare in chiesa - continua padre Szymon - però potrebbero sorgere delle esigenze di tipo spirituale, e noi vogliamo farci trovare pronti: Dio è anche in mezzo al mondo del calcio, e l’importante è godersi in pace questo Europeo” Il beniamino del gruppo di religiosi della “Jesus zone” di Poznan è l’attaccante della nazionale di casa Robert Lewandowski, amico di alcuni di loro, compreso padre Szymon, il quale giorni fa ha predetto che il centravanti avrebbe segnato contro la Grecia. Detto fatto, ma non per questo il sacerdote ora vuole essere considerato anche un indovino: ha già fin troppo da fare. A fornire il modello per la “Jesus zone” è stato lo stesso Benedetto XVI.

“Lo sport di squadra aiuta a superare la logica dell'individualismo e dell'egoismo”, ha scritto il Papa in un messaggio inviato al presidente della Conferenza episcopale polacca, monsignor Jozef Michalik, in occasione dei Campionati Europei di calcio. I campionati Europei di calcio sono un evento sportivo che coinvolge tutta la società e “anche la Chiesa non rimane indifferente”, in particolare riguardo ''alle necessità spirituali di coloro che ne prendono parte''.

Il Pontefice cita il suo predecessore Giovanni Paolo II: “Le potenzialità del fenomeno sportivo lo rendono strumento significativo per lo sviluppo globale della persona e fattore quanto mai utile per la costruzione di una società più a misura d'uomo. Il senso di fratellanza, la magnanimità, l'onestà e il rispetto del corpo (virtù indubbiamente indispensabili ad ogni buon atleta) contribuiscono all'edificazione di una società civile dove all'antagonismo si sostituisca l'agonismo, dove allo scontro si preferisca l'incontro ed alla contrapposizione astiosa il confronto leale. Così inteso, lo sport non e' un fine, ma un mezzo; può divenire veicolo di civiltà e di genuino svago, stimolando la persona a porre in campo il meglio di sè e a rifuggire da ciò che può essere di pericolo o di grave danno a se stessi o agli altri'. ''Lo sport di squadra, poi, qual e' il calcio - sottolinea per parte sua Benedetto XVI - è una scuola importante per educare al senso del rispetto dell'altro, anche dell'avversario sportivo, allo spirito di sacrificio personale in vista del bene dell'intero gruppo, alla valorizzazione delle doti di ogni elemento che forma la squadra; in una parola, a superare la logica dell'individualismo e dell'egoismo, che spesso caratterizza i rapporti umani, per lasciare spazio alla logica della fraternità e dell'amore, la sola che può permettere - a tutti i livelli - di promuovere l'autentico bene comune”.

Quindi Joseph Ratzinger auspica che questo evento “sia vissuto come l'espressione delle più nobili virtù e azioni umane, nello spirito di pace e di sincera gioia”, e affida “a Dio i pastori, i volontari, i calciatori, i tifosi e tutti coloro che si impegnano nello svolgimento dei campionati”.

www.vaticaninsider.lastampa.it  12-06-2012

 

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