Novità - Eventi di rilievo

Si apre oggi a Sarajevo l’incontro mondiale delle religioni organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Fino a martedì la capitale della Bosnia Erzegovina, nel ventennale dalla guerra che ha sconvolto questa terra, ospiterà personalità religiose, politiche, e della cultura di tutto il mondo. Ieri un forte messaggio ai partecipanti tutti è stato lanciato dal cardinale arcivescovo della città, Vinko Puljic, nel corso della messa nella cattedrale della città. Il servizio della nostra inviata, Francesca Sabatinelli:


Le diversità non sono uno svantaggio ma una risorsa, che può far rifiorire un deserto causato dalla guerra, che può far sperare in un futuro migliore. Il cardinale arcivescovo di Sarajevo Vinko Puljic nella sua omelia ieri ha parlato come “uno che è sopravvissuto” alla “brutale guerra” che ha massacrato Sarajevo e la Bosnia tutta, che ha ferito le persone, oggi sfiduciate e insicure. ''La preghiera è stata forza per sopportare gli orrori della guerra, però adesso sempre di più si stende la nuvola della disperazione”, ha detto, “ecco perché è importante che da questa città parta il grande messaggio di speranza, di energia positiva, che dice: le diversità non sono un svantaggio, ma una risorsa”. Il cardinale Puljic ha quindi concluso con un richiamo, “la convivenza del singolo e dei popoli innanzitutto deve fondarsi sui “diritti dei popoli”, ciò che Sarajevo aveva insegnato al mondo fino allo scoppio della guerra. Quella convivenza di cui questa terra era stata esempio si è ritrovata ieri pomeriggio nella cattedrale cattolica, quando per partecipare alla messa ha fatto il suo ingresso Irinej, un patriarca serbo-ortodosso per la prima volta in questa città dalla guerra. “E’ passato molto tempo dalle divisioni fra cristiani, ma la casa divisa – ha detto– è destinata a distruggersi. Questo ci chiede di essere più vicini”. Ha poi lanciato il suo appello: “che Sarajevo non rimanga senza i cristiani. Solo così si potrà salvare quello che si è ereditato e lo si potrà lasciarlo alle generazioni che verranno”. Con l’assemblea inaugurale di oggi pomeriggio si apre ufficialmente l’incontro di Sarajevo, vi prenderanno parte tra, gli altri, il premier Mario Monti e il presidente del consiglio d’Europa Van Rompuy, e verrà letto il messaggio di saluto di Benedetto XVI. Ascoltiamo ora il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo:
R. - Sarajevo è la città che ha aperto e chiuso il XX secolo: la prima guerra mondiale è iniziata a causa di un attentato a Sarajevo, mentre il secolo si è concluso con la guerra dei Balcani, e Sarajevo è stata una delle città simbolo di quella guerra. Allora, si sono strumentalizzate tutte le religioni per fomentare lo scontro tra le tante popolazioni che compongono il mosaico dei Balcani, oggi essere a Sarajevo ha proprio il significato di dire che nel nuovo secolo le religioni non possono essere altro che strumento di pace e l’esempio migliore per costruire una società del vivere insieme.
D. - Ma il messaggio delle religioni quali strumento di pace in che modo potrà insinuarsi nella società bosniaca, che ancora oggi presenta ferite non rimarginate?
R. - Nella preparazione dell’incontro di Sarajevo sono avvenuti dei fatti positivi di grande valore, di grande rilievo, ad esempio il fatto che le comunità religiose abbiano lavorato insieme a Sant’Egidio, con grande armonia, per costruire queste evento. La presenza del Patriarca serbo-ortodosso da Belgrado, accanto al Gran Muftì di Bosnia, al capo della comunità ebraica di Bosnia, del cardinale Puljic, arcivescovo della città, sta proprio a significare questo. Io ritengo che dopo 20 anni in cui questi capi religiosi non si erano mai riuniti insieme a Sarajevo e, soprattutto, in cui non avevano mai fatto qualcosa in comune, questo sia il primo grande segno positivo, anche a livello immaginario e popolare, che arriva come messaggio.
D. – Del resto è la prima volta che la comunità di Sant’Egidio organizza questo incontro lavorando assieme alle altre religioni…
R. - Sì, normalmente gli incontri sono organizzati dalla comunità insieme alla Chiesa locale. Qui, grazie all’intelligenza, alla fede e alla lungimiranza del cardinale Puljic, tutte le religioni presenti in Bosnia sono state implicate su un piede di parità nell’organizzazione.
D. - Subito dopo la guerra ci fu un importante esodo dei cattolici, che nel tempo è divenuto un’emorragia: riuscirà questa presenza a tornare a quella di una volta?
R. - Se noi siamo a Sarajevo è anche per dire ai cattolici che c’è spazio anche in una situazione di minoranza e per dire alle altre comunità che devono essere rispettose di questa antica presenza. Oggi Sarajevo è soprattutto una città musulmana e il tema delle religioni e del dialogo si vede più nei monumenti che non nella presenza delle persone. Ecco, la Chiesa non è un monumento: è il popolo di Dio, una Chiesa viva, e noi speriamo fortemente che dando un grande segno di incoraggiamento con l’incontro di Sarajevo si possano spingere tanti a ripensare la loro scelta e a tornare a Sarajevo e in Bosnia.
D. - Si nota una forte presenza di personalità provenienti dal Libano. Il motivo è nell’imminente viaggio di Benedetto XVI, che è proprio a ridosso dell’incontro di Sant’Egidio?
R. - Il Libano è sempre presente, da anni, negli incontri di Sant’Egidio, perché è una terra così cara a noi cristiani, alla tradizione orientale, e rappresenta realmente un laboratorio dell’incontro tra le religioni e tra i popoli. Giovanni Paolo II diceva: “Il Libano è un messaggio”. Sono anni che personalità libanesi, di tutte le comunità religiose, sono presenti ai nostri incontri e quindi tanto più a Sarajevo la loro presenza ha un significato, alla vigilia del viaggio del Papa.
D. – Questo di Sarajevo è un appuntamento che tende le braccia all’Europa sin dall’assemblea inaugurale, dove interverranno Mario Monti e Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio d’Europa…
R. - L’Europa ha vissuto con grande sofferenza l’ultima guerra dei Balcani e l’Europa vuole essere fortemente presente con Mario Monti e con Herman Van Rompuy per dire che i Balcani sono Europa e che i Balcani possono diventare anche un modello per tutta l’Europa su come costruire nel futuro una società del vivere insieme. L’Europa vuole soprattutto aiutare i Balcani a vivere ancora di più un tempo di pace e di prosperità.

 

RadioVaticana, RadioGiornale ore 14:00, domenica 09 settembre 2012 www.radiovaticana.org

 

Questo sito fa uso di cookie per migliorare l’esperienza di navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’utilizzo del sito stesso. Può conoscere i dettagli consultando la nostra privacy policy qui. Proseguendo nella navigazione si accetta l’uso dei cookie; in caso contrario è possibile abbandonare il sito.index.php">privacy policy.

-
EU Cookie Directive plugin by www.channeldigital.co.uk