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Nell’ottobre 2007, centotrentotto rinomati studiosi musulmani scrissero la lettera aperta Una parola comune tra Noi e Voi, lunga ventinove pagine e indirizzata a tutti i capi religiosi cristiani, nella quale invitavano al dialogo sugli aspetti comuni delle due religioni. Papa Benedetto accettò questa proposta di dialogo. Nacque così in Vaticano un Forum cattolico-musulmano.

 

Da allora ci sono stati importanti incontri tra studiosi cristiani e musulmani, durante i quali è stato evidenziato soprattutto l’amore di Dio e del prossimo come colonna portante comune delle due religioni. Durante la sua visita in Turchia nel 2006, Papa Benedetto XVI pregò “l’unico Dio” dei cristiani, degli ebrei e dei musulmani. In occasione dell’incontro, nel 2011, con i rappresentanti musulmani nel corso della sua visita in Germania, invitò i musulmani e i cristiani a una collaborazione feconda. Come persone di fede potevano, secondo il Papa, dare un’importante testimonianza, per esempio nell’ambito della tutela del matrimonio e della famiglia. Per questo era necessario «crescere nel dialogo e nella stima reciproca».

(…) Sia l’islam sia il cristianesimo si trovano oggi dinanzi alla sfida di dimostrare il riferimento alla vita dei loro messaggi. Proprio i giovani si interrogano sull’importanza dei contenuti religiosi per il loro progetto di vita. Se le religioni si limitano soltanto ai dogmi e ad affermazioni distanti dalla vita, rischiano di far sì che le persone si allontanino sempre più da esse. Invece di domandare «che cosa vogliono le religioni dall’uomo?», esse dovrebbero chiedere «che cosa vogliono le religioni per l’uomo?». La religiosità, infatti, non viene trasmessa dall’esterno, ma è una cosa di cui ci si appropria, e lo si fa attraverso un processo aperto. Questo discorso sul processo di appropriazione evidenzia due aspetti fondamentali: in primo luogo, al centro c’è la persona stessa. L’uomo non viene considerato come oggetto delle religioni, bensì come soggetto, che contribuisce con le proprie esperienze, attese, desideri e speranze. In secondo luogo, la religiosità è un processo. Tale processo accompagna l’uomo per tutta la vita.

(…) Le religioni, però, non possono essere ridotte alla loro funzione, poiché hanno una dimensione spirituale importante, che vuole legarci a Dio.

Sia che siamo musulmani, sia che siamo cristiani, tutti aneliamo la comunione con Dio. Ed è proprio questo anelito a unirci. Siamo compagni sul cammino verso Dio. L’umiltà del Papa, che ho potuto vedere e sperimentare incontrandolo, ancora oggi suscita in me la convinzione che Dio, nella sua misericordia, ha lasciato aperte molte strade per raggiungerlo. Dio ci invita su diversi cammini.

Mouhanad Khorchide, Docente di pedagogia religiosa islamica presso il Centro di studi religiosi

www.osservatoreromano.va

 

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