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Intervista a Emanuela Marinelli sindologa di fama internazionale.

Dal 19 aprile al 24 giugno a Torino ci sarà l’ostensione della Sindone. Tra i “pellegrini” ci sarà anche papa Francesco, che visiterà il capoluogo piemontese domenica 21 e lunedì 22 giugno. Emanuela Marinelli è sindologa di fama internazionale, da quaSindone, scienza e fede. «È come affacciarsi sulla soglia del mistero della Risurrezione»

Quarant’anni impegnata nello studio del Sacro Telo.

Professoressa, come è nata la sua passione per la Sindone?

Studio la Sindone da 38 anni, da quando vidi in tv un servizio che parlava delle ricerche di Max Frei, il direttore del laboratorio scientifico della polizia di Zurigo. Questo botanico aveva scoperto sulla Sindone granuli di polline provenienti da piante desertiche che fioriscono in epoche diverse in Palestina, altri di piante della Turchia dell’Est, altri dei dintorni di Costantinopoli, altri ancora di specie esistenti in Francia e in Italia, e questo confermò le verosimili tappe storiche del Telo.

Le specie identificate da Frei sulla Sindone sono 58: di queste, 38 crescono a Gerusalemme ma non esistono in Europa e tra esse 17 sono tipiche e frequenti a Gerusalemme e dintorni. Ciò prova la provenienza palestinese di questo lenzuolo. È da sottolineare l’importanza della presenza sulla Sindone dello Zygophillum dumosum, che cresce solo da Gerusalemme verso sud in Israele, in una parte della Giordania e al Sinai. Le analisi di Frei sono state successivamente confermate da altri botanici. La palinologa Marzia Boi, analizzando la lista dei pollini trovati sulla Sindone da Frei e osservando le fotografie da lui pubblicate, ha notato la presenza delle piante più usate per realizzare costosi balsami, che venivano impiegati negli antichi riti funerari del Medio Oriente. Essendo laureata in Scienze Naturali e Geologiche, so quanto sono importanti i pollini per ricostruire la provenienza di un oggetto. Da questa ricerca è partito il mio interesse per la Sindone.

Quale aspetto della Sindone la affascina di più?

Sono molto interessata alle microtracce presenti sulla stoffa. Sono stati rinvenuti frammenti di terriccio in corrispondenza della punta del naso e del ginocchio sinistro, conferma delle cadute dell’Uomo della Sindone lungo la strada. In altri campioni di materiale terroso, prelevati dalla Sindone in corrispondenza dei piedi, è stata individuata aragonite con alcune impurezze; campioni prelevati nelle grotte di Gerusalemme sono risultati essere molto simili, dato che contenevano anch’essi aragonite con le stesse impurezze. Inoltre sulla Sindone sono state identificate alcune particelle di aloe e mirra, soprattutto nelle zone macchiate di sangue. Sono le sostanze profumate che si usavano in grande quantità per la sepoltura in ambito giudaico. Anche la datazione del tessuto è un campo da approfondire. In base all’analisi con il metodo del radiocarbonio, la Sindone risalirebbe al medioevo, a un periodo compreso tra il 1260 e il 1390 d. C. Numerose obiezioni sono state però mosse al risultato di questo test da parte di vari scienziati, che ritengono insoddisfacenti le modalità dell’operazione di prelievo e l’attendibilità del metodo per tessuti che hanno subito vicissitudini come quelle della Sindone, in particolare un rammendo da parte della suore clarisse di Chambéry dopo il terribile incendio che aveva danneggiato gravemente il lenzuolo nel 1532. Per verificare l’antichità di un tessuto esistono però anche altri test. Tre nuove analisi, condotte nel 2013 presso l’Università di Padova, datano invece la Sindone all’epoca di Cristo.

Sulla Sindone sono state compiute le più svariate analisi. Qual è secondo lei è il risultato che ci dà più informazioni sull’uomo avvolto in quel sudario?

Il sangue presente su quel Lenzuolo è l’aspetto più commovente: ci narra le torture subite dall’Uomo della Sindone, in tutto coincidenti con le narrazioni evangeliche. È sangue di una persona fortemente traumatizzata, che ha subito una terribile flagellazione con un flagrum romano, una dolorosa coronazione con un casco di spine, il faticoso trasporto del patibulum (la trave orizzontale della croce), le tragiche cadute lungo la strada, lo strazio dei chiodi della crocifissione conficcati nei polsi e nei piedi senza alcun sostegno, lo sfregio del colpo di lancia postmortale. Da questo squarcio uscì sangue già parzialmente raggrumato e siero separato: il “sangue e acqua” descritto da Giovanni. Dallo studio della Sindone alcuni medici legali hanno dedotto che fino a poco prima della morte fluiva sangue dalle ferite e che il corpo è stato avvolto nel lenzuolo non più tardi di due ore e mezzo dopo la morte. Per avere un decalco del sangue sulla stoffa come quello osservato sulla Sindone, il corpo deve essere stato a contatto con il lenzuolo per circa 36-40 ore. In questo tempo un ruolo importante deve essere stato svolto dalla fibrinolisi, che provoca il ridiscioglimento dei coaguli. Non ci sono tracce di putrefazione. Resta inspiegabile come il contatto tra corpo e lenzuolo si sia interrotto senza alterare i decalchi che si erano formati. Non ci sono le striature, le sbavature che sarebbero state provocate da spostamenti.

Sulla Sindone esistono molti studi e teorie. Quali sono a suo avviso le teorie più strampalate?

Di teorie strampalate ce ne sono parecchie e purtroppo queste assurdità affascinano molto gli sprovveduti che non si documentano da fonti serie. C’è chi ha avanzato l’ipotesi che l’immagine presente sulla Sindone sia stata provocata da un fulmine o da un terremoto e chi sostiene l’opera di un artista, tirando in ballo addirittura Leonardo, senza considerare l’assoluta mancanza di pigmenti pittorici sulla stoffa. Oltre al fatto che l’esistenza della Sindone in Francia è documentata già cent’anni prima della nascita di Leonardo… Anche la fabbricazione dell’immagine sindonica con un bassorilievo riscaldato o strofinato con pigmenti acidi è insostenibile, alla luce delle analisi condotte direttamente sul lenzuolo. C’è poi chi sostiene che l’Uomo della Sindone non fosse morto ma solo in coma e dunque la risurrezione di Gesù sarebbe una semplice guarigione; ma nessun sostenitore di questa teoria si è mai reso disponibile per un esperimento da compiere su di lui, sottoponendosi alle torture subite dall’Uomo della Sindone; anche a fronte dell’offerta della camera di rianimazione, che non c’era all’epoca di Cristo.

Nella sua carriera di studiosa si è mai trovata a “litigare” per difendere l’oggettività delle sue scoperte?

Di “litigate” ne ho dovute fare parecchie, alle mie conferenze o in tv, perché c’è ancora chi nega che sulla Sindone ci sia sangue umano! Purtroppo c’è chi è intimorito dalla Sindone e vuole negarla a tutti i costi per non essere coinvolto in un cambiamento di vita, naturale conseguenza di un’autentica conversione.

La Sindone è stata studiata centimetro per centimetro, ma esistono ancora dei misteri insoluti?

Il mistero più difficile da risolvere è quello dell’origine dell’immagine umana. È certo che il lenzuolo ha avvolto un cadavere, ma è altrettanto certo che quel cadavere non è rimasto a putrefarsi nel lenzuolo. Inoltre – fatto unico e inspiegabile – ci ha lasciata impressa una specie di fotografia di se stesso. L’immagine è una disidratazione e ossidazione della stoffa, senza sostanze di apporto. La colorazione, estremamente superficiale, penetra solo per 200 nanometri nelle fibrille.

Nel corso degli ultimi decenni si sono tentate molte strade per spiegare l’immagine sindonica con le sue particolari caratteristiche. In modo particolare, la superficialità dell’immagine e la sua assenza sotto le macchie di sangue hanno privilegiato l’ipotesi che un’esplosione di luce potesse essere alla sua origine. Molte prove sperimentali sono state fatte a questo scopo con vari tipi di laser, ma solo ultimamente l’utilizzo di laser ad eccimeri potenti e con impulsi di breve durata hanno dato risultati interessanti. Infatti, con laser ad eccimeri che emettono nell’ultravioletto si è ottenuta una colorazione giallina, compatibile con le immagini sindoniche e le loro caratteristiche. Però non sapremo mai come un cadavere ha potuto formare un’immagine che si può spiegare solo con un’esplosione di luce…

Qual è, a suo avviso, il fascino della Sindone?

Davanti alla Sindone si ha la sensazione di affacciarsi sulla soglia del mistero della Risurrezione di Cristo. La Sindone è l’icona della misericordia di Dio, che dona suo Figlio per la salvezza dell’umanità. Quel corpo martoriato è la fotografia dell’amore donato, del peccato espiato, della salvezza compiuta. Egli ci trattò secondo la sua misericordia, secondo la grandezza della sua grazia (Isaia 63,7). Quel volto tumefatto ma sereno garantisce la dolcezza del perdono. Non si può restare indifferenti dinanzi al sacrificio del Figlio di Dio, testimoniato dalla Sindone con il linguaggio cruento di un documento insanguinato. “L’Amore più grande”, motto dell’ostensione della Sindone 2015, si richiama direttamente alle parole di Gesù: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13). Il Signore ha lasciato l’impronta indelebile della sua misericordia su un semplice lino, fragile testimone dell’evento che ha cambiato la storia. Ecco il senso profondo della Sindone, ecco svelato il mistero del richiamo di milioni di persone: la Sindone non lascia passivi, la Sindone coinvolge chi la osserva in un dialogo silenzioso che cambia il senso della vita, mostrando l’unica forza che vince il dolore e la morte. Davanti al venerato Lino potremo ripetere con maggiore forza le parole della secolare preghiera tradizionale, oggi ricamata sul drappo che avvolge la teca della Sindone: «Tuam Sindonem veneramur, Domine, et Tuam recolimus Passionem», veneriamo la Tua Sindone, o Signore, e meditiamo sulla Tua passione.

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