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Da oltre due anni in Africa ma anche in alcuni Paesi europei e negli Stati Uniti si parla di tre figure e personalità religiose della Repubblica Centrafricana che la stampa ha battezzato come "I tre santi di Bangui". Sono il Rev. Nicolas Guerekoyame-Gbangou, Presidente dell'Alleanza Evangelica, l'Imam Oumar Kobine Layama, Presidente del Consiglio Islamico, e mons. Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui e Presidente dell'Episcopato centrafricano. Nei mesi scorsi queste tre persone hanno visitato diversi Paesi europei e in Francia sono stati ricevuti dal Presidente F. Hollande.

In occasione di questo loro viaggio, il 19 agosto i tre hanno ricevuto anche il Premio ONU 2015, intitolato a Sergio Vieira de Mello (1), in quanto animatori della Piattaforma interreligiosa per la pace nella Repubblica Centrafricana, devastata dalla guerra civile. “La piattaforma interreligiosa mostra quello che occorre fare durante una crisi per unire un paese superando le divisioni sociali, culturali e religiose”, ha dichiarato Laurent Vieira de Mello, Presidente della "Sergio Vieira de Mello Fondazione". “La piattaforma interreligiosa serve da modello tanto necessario in altri Paesi in conflitto e dimostra che la prevenzione e il dialogo sono la chiave per la soluzione di crisi di rifugiati e delle migrazioni forzate.”

La piattaforma interreligiosa è stata fondata nel 2013 da parte dei rappresentanti delle tre religioni più importanti del paese e nel mezzo della guerra i tre leader religiosi hanno deciso di agire insieme per affrontare la drammatica situazione del loro Paese. "Da allora - ha raccontato l'agenzia Fides - continuano a convincere i musulmani, cattolici e protestanti di evitare ulteriori violenze e vendette tra le diverse comunità religiose. Viaggiano in lungo e in largo in tutto il Paese, visitando le città e villaggi e diffondendo tra le diverse comunità i valori della pace, del rispetto reciproco, della tolleranza e della fiducia. Infine, grazie ai loro sforzi presso la comunità internazionale il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha deciso di istituire una forza di pace delle Nazioni Unite in Centrafrica (MINUSCA)."

Il Saluto al Papa. Il 25 marzo scorso, Gbangou, Layama e Nzapalainga, - che "Le Monde" definiì "I tre santi di Bangui" - hanno potuto seguire l'Udienza generale di Papa Francesco e al termine della Catechesi hanno incontrato  e salutato brevemene il Pontefice. I leader religiosi hanno potuto anche incontrare il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, al quale hanno sottolineato: nella Repubblica Centrafricana non si sta combattendo una guerra di religione, ma un conflitto per il controllo del potere. L’imam Omar Kobine Layama, che a Bangui ha vissuto un tempo nella casa dell’Arcivescovo, lo ha ribadito con convinzione: “Noi siamo qui, insieme, per dimostrare che la responsabilità di questa guerra non è da attribuire alle divisioni religiose, ma a milizie quali Lra (l’Esercito di Resistenza del Signore di Joseph Kony), la Seleka e gli Antibalaka”.

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La figura e l'esempio di questi tre leader religiosi a molti evocano lo speciale sodalizio tra tre argentini singolari; il cardinale Jorge Mario Bergoglio, il Rabbino Abraham Skorka e l'Imam Omar Abboud; amicizia nata e cresciuta in tempi in cui questi rapporti non erano visti e considerati con particolare simpatia. In uno e nell'altro caso però ciò che resta in piedi è l'esempio concreto del voler vivere in pace, e nella collaborazione, nello spirito e nella lettera della "Nostra Aetate" che il 28 ottobre scorso Papa Francesco ha ricordato, in occasione del 50.mo, con queste riflessioni:

"Il dialogo di cui abbiamo bisogno non può che essere aperto e rispettoso, e allora si rivela fruttuoso. Il rispetto reciproco è condizione e, nello stesso tempo, fine del dialogo interreligioso: rispettare il diritto altrui alla vita, all’integrità fisica, alle libertà fondamentali, cioè libertà di coscienza, di pensiero, di espressione e di religione. Il mondo guarda a noi credenti, ci esorta a collaborare tra di noi e con gli uomini e le donne di buona volontà che non professano alcuna religione, ci chiede risposte effettive su numerosi temi: la pace, la fame, la miseria che affligge milioni di persone, la crisi ambientale, la violenza, in particolare quella commessa in nome della religione, la corruzione, il degrado morale, le crisi della famiglia, dell’economia, della finanza, e soprattutto della speranza. Noi credenti non abbiamo ricette per questi problemi, ma abbiamo una grande risorsa: la preghiera. E noi credenti preghiamo. Dobbiamo pregare. La preghiera è il nostro tesoro, a cui attingiamo secondo le rispettive tradizioni, per chiedere i doni ai quali anela l’umanità."

Infine, Papa Francesco ha aggiunto:

"A causa della violenza e del terrorismo si è diffuso un atteggiamento di sospetto o addirittura di condanna delle religioni. In realtà, benché nessuna religione sia immune dal rischio di deviazioni fondamentalistiche o estremistiche in individui o gruppi (cfr Discorso al Congresso USA, 24 settembre 2015), bisogna guardare ai valori positivi che esse vivono e che esse propongono, e che sono sorgenti di speranza. Si tratta di alzare lo sguardo per andare oltre. Il dialogo basato sul fiducioso rispetto può portare semi di bene che a loro volta diventano germogli di amicizia e di collaborazione in tanti campi, e soprattutto nel servizio ai poveri, ai piccoli, agli anziani, nell’accoglienza dei migranti, nell’attenzione a chi è escluso. Possiamo camminare insieme prendendoci cura gli uni degli altri e del creato. Tutti i credenti di ogni religione. Insieme possiamo lodare il Creatore per averci donato il giardino del mondo da coltivare e custodire come un bene comune, e possiamo realizzare progetti condivisi per combattere la povertà e assicurare ad ogni uomo e donna condizioni di vita dignitose. Il Giubileo Straordinario della Misericordia, che ci sta dinanzi, è un’occasione propizia per lavorare insieme nel campo delle opere di carità. E in questo campo, dove conta soprattutto la compassione, possono unirsi a noi tante persone che non si sentono credenti o che sono alla ricerca di Dio e della verità, persone che mettono al centro il volto dell’altro, in particolare il volto del fratello o della sorella bisognosi. Ma la misericordia alla quale siamo chiamati abbraccia tutto il creato, che Dio ci ha affidato perché ne siamo custodi, e non sfruttatori o, peggio ancora, distruttori. Dovremmo sempre proporci di lasciare il mondo migliore di come l’abbiamo trovato (cfr Enc. Laudato si’, 194), a partire dall’ambiente in cui viviamo, dai piccoli gesti della nostra vita quotidiana."

Ecco le testimonianze a Radio Vaticana di queste tre personalità religiose centrafricane:

Arcivescovo di Bangui, Dieudonné Nzapalainga

Vedere i nostri fratelli e le nostre sorelle soffrire e rimanere indifferenti, non era conciliabile con la fede che professiamo. Per questo ci siamo messi insieme, per essere vicini, intanto tra di noi: questo è un fatto nuovo nel nostro Paese. Certo, ci si incontrava, si scambiavano idee, ma mai avevamo messo l’uomo al centro, mai avevamo condotto un’azione come una sola persona. Al contrario: la crisi è diventata un’occasione per ritrovarci uniti. Noi abbiamo visto che la società centrafricana era minacciata nella sua stessa essenza ed ecco perché era necessario metterci insieme per salvare il popolo centrafricano che stava cadendo in un precipizio. Oggi abbiamo quella che si chiama “unità”. Questa unità stava per essere spazzata via e frantumata. Gesù ha predicato l’unità: “affinché siano uno”. Noi, in quanto leader religiosi, non possiamo fare finta di niente … Ecco perché ci siamo uniti e abbiamo chiesto ai nostri fedeli di mettersi insieme come noi, per pacificare i loro cuori, gli spiriti e unire tutti per dire: “Noi dobbiamo essere tutti fratelli”. Gesù è venuto ad annunciare la fratellanza universale per tutti: non soltanto i cattolici e i protestanti ma tutti, tutti gli uomini fanno parte di questa fratellanza. Ecco perché dobbiamo metterci insieme. Noi abbiamo teso la mano: l’imam è venuto da me, io sono andato dal pastore protestante e viceversa e siamo diventati fratelli e continuiamo a seminare questo messaggio di pace nel mondo e soprattutto nel nostro Paese.

Imam Oumar Kobine Layam:

Quelli che hanno preso le armi, quelli che a torto venivano chiamati “miliziani musulmani”, non hanno preso le armi per difendere il Corano, ma per difendere gli interessi dell’islam e dei musulmani, cioè interessi militari e politici. Quindi, noi siamo andati incontri a queste persone, ci siamo rivolti a loro per metterli in guardia davanti al pericolo che si correva, di quel che sarebbe potuto accadere. Nel momento della crisi acuta, il messaggio non era passato, ma poi hanno finito per comprenderlo e oggi stanno tornando alla ragione. Noi pensiamo che la comunità musulmana, che a sua volta era stata strumentalizzata dalle stesse persone che avevano preso le armi, stia tornando alla ragione, stia iniziando a riunirsi dietro ai loro capi, come me, per poter riportare la pace nel Paese.

Rev. Nicolas Guérékoyaméné-Gbangou:

Prima della crisi, si parlava a volte di “protestanti”, a volte di “evangelici”; grazie alla crisi, oggi si parla di “protestanti evangelici”: questo significa che tutti si sono messi insieme dietro ad un leader che si impegna per la pace al fianco dei suoi colleghi della comunità musulmana e della Chiesa cattolica. Tutti hanno capito che, per ottenere la pace non c’è altro prezzo da pagare se non quello di accettare di mettersi insieme, gli uni con gli altri, come “artigiani della pace” che vogliono ritrovare la riconciliazione. Per questo io sono grato e fiero di riconoscere oggi che la comunità protestante evangelica si è messa insieme dietro al suo leader e che insieme, ora, parliamo con una sola voce.

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Sérgio Vieira de Mello (Rio de Janeiro, 15 marzo 1948 – Baghdad, 19 agosto 2003) è stato un diplomatico brasiliano delle Nazioni Unite, per le quali ha lavorato oltre 34 anni in contesti quali Sudan, Cipro, Mozambico, Libano, Cambogia, Bosnia, Congo, Kosovo e Timor Est, guadagnando rispetto e ammirazione internazionale per il suo impegno nei programmi umanitari e politici dell'Onu. È rimasto ucciso, assieme ad altri 21 membri del suo staff, nell'attentato dell'Hotel Canal a Baghdad, Iraq, dove era impegnato come inviato speciale delle Nazioni Unite. È sepolto a Ginevra nel cimitero di Plainpalais.

Consegna Premio Sergio Vieira de Mello (Il sismografo)

(en) Sergio Vieira de Mello award 2015 goes to CAR Interfaith Peace Platform (Sergio Vieira de Mello Foundation)

http://ilsismografo.blogspot.it/

 

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