Novità - Segnalazioni e riconoscimenti

Garibaldi alla Sistina
Quando Domenico Mustafà "tradì" cantando per i triumviri
di Marcello Filotei

I grandi uomini hanno quasi tutti lo stesso difetto: si credono immortali. Pochissimi hanno la lungimiranza di preparare la propria successione. Anche perché pensano che nessuno possa sostituirli degnamente, che i bei tempi andati non torneranno più e che i giovani non sono più come quelli di una volta. Ai miei tempi, avrà pensato Giuseppe Baini, si studiava e ci si preparava per affrontare le responsabilità che sarebbero venute, ma ora i giovani vogliono tutto e subito. Probabilmente, se sapessimo decifrarli con precisione, troveremmo qualcosa del genere anche nei geroglifici egiziani. Sta di fatto che il mondo è andato sempre avanti e che spesso a grandi uomini ne sono succeduti altri altrettanto grandi, non ritenuti tali dai loro predecessori. Non stupisce, quindi, che alla morte di Giuseppe Baini nessuno fosse pronto a prendere il suo posto alla guida della Cappella Musicale Pontificia. Nessuno era stato preparato a far convergere su di sé quella serie di competenze che tutte assieme fanno di un musicista un buon direttore. Oltre che il primo, dunque, Baini rischiò di essere l'ultimo direttore della Sistina.
Alla sua scomparsa, il 21 maggio del 1844, seguirono decenni di ritorno al passato. Il coro tornò a essere diretto dall'anziano dei bassi, che però, come era sempre avvenuto, non si occupava con regolarità di mettere a punto i dettagli dell'interpretazione o di selezionare il repertorio, si limitava a dare l'attacco e poco più. Qualcuno in realtà provò ad assumere un ruolo di spicco, le cose però non andarono bene e, in mancanza di un candidato forte, pare si cominciasse a pensare a qualche esterno.
Anche questa è storia frequente. Più di una volta alla Cappella Pontificia si è ragionato sull'opportunità di assegnare il ruolo di direttore a un professionista in carriera, che avesse un'esperienza internazionale, ma poi si è sempre optato per una scelta interna, puntando su musicisti noti più nei palazzi Vaticani che nelle sale da concerto. Secondo alcune voci lo stesso Franz Liszt sarebbe stato preso in considerazione come candidato a succedere a Baini, ma nessun riscontro è stato mai rinvenuto nella documentazione ufficiale. Resta il rammarico nel pensare cosa sarebbe potuta diventare la cappella musicale più famosa e importante del mondo nelle mani di uno dei più grandi compositori della storia.
Sta di fatto che alla guida della Sistina si alternarono per diversi anni personaggi di medio calibro. Dopo le prime esperienze negative, a prendere l'iniziativa fu Bartolomeo Garombo, esonerato nel 1848 per motivi di salute. Seguirono Giovanni Battista Baccellieri, che ricoprì il ruolo per diversi anni. A questo punto la situazione si fa più che mai confusa; si succedono nomi come quelli di Alessandro Graziosi, Vincenzo Salvati, Marzio Marsili, senza che però nessuno si imponga veramente. Il primo che comincia a rivendicare un po' di rispetto è l'anziano dei soprani, Domenico Mustafà, che alla fine degli anni Sessanta dell'Ottocento si rifiuta di accettare la direzione dei concerti senza un aumento del compenso. E proprio da una rivendicazione sindacale inizia l'ascesa che lo porterà, il 12 febbraio 1881, a essere nominato direttore perpetuo. Questo è forse l'unico caso, finora, nel quale non si registrano dissidi tra maestro uscente e direttore entrante. Il motivo è ovviamente l'improvvisa scomparsa di Baini. Certo i contrasti non mancarono, ma si diluirono in scontri tutti contro tutti che finirono per favorire il musicista con maggiore personalità.
Le ragioni di tanta confusione furono molte, alcune da attribuire a fatti storici, altre, la maggior parte, alla lentezza nel recepire le novità. Tra gli avvenimenti che influirono pesantemente sulla vita della Sistina ci sono sicuramente i moti del 1848 e la successiva proclamazione della Repubblica Romana, che dichiarò decaduto il potere temporale di Pio IX. Mentre Carlo Armellini, Giuseppe Mazzini e Aurelio Saffi, tra gli altri, abolivano la pena di morte e introducevano principi legali come la laicità dello Stato, la libertà di opinione, il diritto alla casa e il suffragio universale maschile (senza vietare espressamente il voto alle donne) le attività della Cappella Sistina erano sospese.
Qualcuno continuò a tenere i diari e, inevitabilmente si creò una spaccatura tra i cantori: da una parte quelli che rifiutarono ogni tipo di collaborazione con le nuove autorità, dall'altra quelli che non rimasero insensibili alle lusinghe del potere.
Le date per una volta risultano di un certo interesse. I lavori dell'assemblea, presieduta da Giu-seppe Galletti, erano stati aperti ufficialmente il 5 febbraio con il voto sulla proclamazione della Repubblica. Mamiani come è noto votò contro. Le basi della Costituzione, invece, furono sottoposte a votazione e approvate proprio il 9 febbraio con 118 voti favorevoli, 8 contrari e 12 astenuti.
Proprio il 9 febbraio del 1849 si celebrò in San Pietro un Te Deum di ringraziamento. Furono invitate sia la Giulia, che accettò, sia la Sistina, che oppose un orgoglioso rifiuto. Quattro cantori sistini, però, presero parte alla funzione. Erano Montecchiani, Poli, Chiari e Domenico Mustafà, che sarebbe poi diventato direttore perpetuo della Cappella papale.
E non finì lì, perché un altro episodio del genere si verificò durante le celebrazioni della Pasqua del 1849. Nella basilica Vaticana si celebrò una messa solenne alla presenza dei triumviri. La partecipazione di alcuni cantori sistini non andò giù al redattore del diario che commentò: "Il nostro Collegio anche in questa funzione ebbe a dolersi di alcun membro per averci preso parte, e perciò segna lo scrivente i nomi a perpetua memoria: Montecchiani Nicola, contralto, Chiari Alessandro contralto, Mustafà Domenico, soprano". Intanto la situazione stava precipitando per i repubblichini. Garibaldi capì che non c'era più niente da fare e il 2 luglio pronunciò in piazza San Pietro un discorso che sicuramente non lasciò adito a malintesi: "Io esco da Roma: chi vuol continuare la guerra contro lo straniero, venga con me, non prometto paghe, non ozi molli. Acqua e pane quando se ne avrà". Le condizioni non erano proprio invidiabili, ma all'appuntamento delle 18 si presentarono in 4.000, tutti armati, 800 con un cavallo. I cannoni erano in numero di uno, un po' pochi per sollevare le provincie come sperava il generale.
I francesi entrarono a Roma di lì a poco occuparono Trastevere, Castel Sant'Angelo, il Pincio e Porta del Popolo. Il generale Oudinot fece pubblicare un comunicato secondo il quale coloro che avevano rifiutato di aderire alla Repubblica erano i "veri amici della libertà", i repubblichini erano "pochi faziosi e traviati", peraltro membri di "una fazione straniera", mentre la Francia era "una nazione amica delle popolazioni romane". Subito dopo proclamò la legge marziale.
Iniziò così un'altra era, e i repubblichini furono perseguiti dentro e fuori Roma. Ma come spesso accade a essere puniti non sono sempre i "colpevoli" o almeno non tutti. In particolare, per quanto riguarda la Sistina, i cantori che non seppero resistere alle sirene repubblicane subirono delle punizioni, ma di diverso tenore: Alessandro Montecchiani, Domenico Caramici e Pacifico Riccardi vennero espulsi, mentre Chiari, Poli e Mustafà, dovettero invece sottoporsi a degli "esercizi spirituali", e nemmeno per un periodo troppo lungo. Quando Pio IX tornò a Roma, qualche mese dopo, la Cappella pontificia riprese la sua attività regolare. Di riforme non si parlò per diversi anni, del resto era tempo di restaurazione.
L'unico evento di un qualche rilievo di lì al 1870 sarà lo spostamento dell'archivio in luoghi più adatti a preservare un capitale culturale unico. Del resto Pio IX già nel 1848, prima di lasciare la città, aveva compiuto una visita all'archivio della sua Cappella, annunciando una prossima risistemazione dei volumi in un luogo meno angusto e meno umido.
L'interesse per le partiture derivava anche, probabilmente, dal lavoro su Palestrina che negli anni precedenti aveva fatto Baini. Fu lui, infatti, a dimostrare che nei fondi della Sistina si trovavano veri e propri capolavori da conservare e riportare alla luce. Su questa strada si mosse il Papa quando nel 1859 ordinò il trasferimento di codici e libri in un luogo idoneo.
Quattro anni dopo Vincenzo Salvati, allora maestro pro-tempore, diresse le operazioni di inven-tariato e riordino della massa di volumi fino ad allora conservati senza un criterio preciso. È grazie a lui che ancora oggi si possono consultare con una certa agilità i manoscritti musicali antichi presenti in Sistina.
Poco di più accadde fino alla breccia di Porta Pia, anche se tutti gli uffici previsti continuarono a svol-gersi regolarmente. Dopo il 20 settembre 1870, invece, Pio IX considerandosi "prigioniero in Vaticano" smise di celebrare funzioni pubbliche e di conseguenza la Sistina sospese la sua attività. Gli incontri dei cantori non si svolgevano con regolarità e il livello della preparazione ovviamente scese di molto. Nel 1874 il Papa ordinò che si ripristinasse l'uso delle prove, tanto più che i musicisti erano regolarmente pagati. Questo portò a una ripresa parziale dell'attività e nel 1877 ci fu anche la nuova ammissione di alcuni cantori.
Pochi mesi dopo, il 2 gennaio del 1878, Pio IX nominò Domenico Mustafà alla guida della Sistina. Si chiudeva così un periodo di contrasti interni e si apriva l'epoca del secondo direttore perpetuo della Cappella Musicale Pontificia. (©L'Osservatore Romano 25 gennaio 2012)



 

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