Novità - Nomine ed elezioni

Arcidiocesi di Milano

Ordinazione Episcopale

Liturgia: At 2,41a.42-47; Sal 121; 1Cor 9,13-18; Gv 21,15-19

 

Franco Giuseppe Agnesi

Vescovo eletto di Dusa

 

Paolo Martinelli

Vescovo eletto di Musti di Numidia

 

Pierantonio Tremolada

Vescovo eletto di Massita

 

Duomo di Milano

sabato 28 giugno 2014

1. «Seguimi» (Vangelo, Gv 21,19). Il deciso e decisivo invito di Gesù Risorto a Pietro è rivolto ora a Voi personalmente cari vescovi eletti, con lo stesso accento di predilezione con cui duemila anni fa, sul mare di Tiberìade, fu diretto al primo tra gli Apostoli.

Carissima Eminenza,

Carissimi vescovi, presbiteri, diaconi, religiosi/e, fedeli tutti

il gesto sacramentale che stiamo celebrando domanda a ciascuno di noi di lasciarci coinvolgere in prima persona. La nomina di questi tre vescovi è infatti un bene straordinario voluto da Dio anzitutto per gli abitanti della nostra Chiesa ambrosiana. Con questa scelta il Santo Padre Francesco intende sostenere la vita delle nostre comunità nel compito di percorrere tutte le vie dell’umano abitando, senza indugio, il campo del mondo.

Affinché il valore di questo straordinario dono permei il cuore di tutti i fedeli è importante riflettere insieme sulla figura del Vescovo, sulla sua vocazione e sulla sua missione.

Ci aiuta la bella Preghiera di ordinazione che fra poco pronunceremo: «Effondi ora sopra questi eletti… il tuo Spirito che regge e guida… Essi servano notte e giorno… abbiano il potere di rimettere i peccati secondo il tuo mandato; dispongano i ministeri della Chiesa secondo la tua volontà; sciolgano ogni vincolo con l’autorità che hai dato agli Apostoli. Per la mansuetudine e la purezza di cuore siano offerta viva a te gradita».

In essa l’elemento oggettivo proprio del ministero episcopale («che regge e guida») si fa una cosa sola con l’urgenza di santità del soggetto cui è conferito («ti servano giorno e notte… con mansuetudine e purezza di cuore siano offerta viva»).

2. L’Apostolo Paolo, rivolgendosi ai cristiani di Corinto, offre un’appassionata testimonianza del modo con cui egli concepisce ed esercita il ministero. Sono certo, carissimi vescovi eletti, che non vi sfugge il duplice insegnamento dell’Apostolo delle genti contenuto nell’Epistola.

In primo luogo «annunciare il Vangelo non è un vanto ma una necessità che mi si impone» (Epistola, 1Cor 9,16). Quale potente attualità hanno queste parole! In un tempo di movimentata transizione come il nostro, non è assente un sentimento religioso ma è tanto diffuso quanto generico e così finisce spesso per svigorire la forza vitale della fede, impedendole di confessare l’imponenza di Dio nel quotidiano. Gesù Cristo rischia di non essere più il vero destino dell’uomo, perché viene relegato lontano dagli affetti, dal lavoro, dal riposo, dalle fragilità e dall’impegno di giustizia. Paolo ci ammonisce con forza: annunciare il Vangelo non è un vanto ma una necessità che si impone alla vostra missione di pastori chiamati “a reggere e a guidare” il popolo santo di Dio. È una necessità: «Gesù, Tu mi sei necessario», dice una bella ed attuale preghiera di Paolo VI. Scorrono, a conferma, davanti ai nostri occhi, ma ancor più commuovono i nostri cuori, le immagini di decine e decine di migliaia di ragazze e ragazzi che in questi giorni vivono un’intensa esperienza educativa nei nostri oratori accompagnati da sacerdoti, religiose e religiosi, giovani educatori, da genitori e nonni. E ci interrogano gli anziani, soprattutto gli ammalati che aspettano, spesso troppo soli, il conforto della comunione. Sono i due poli estremi che Papa Francesco continuamente ci propone come le braccia allargate che trattengono tutto il popolo di Dio sotto il manto di misericordia della Vergine, della nostra Madonnina.

Insiste l’Apostolo: «Ma se non lo faccio di mia iniziativa è un incarico che mi è stato affidato» (Epistola, 1Cor 9,17). Annunciare il Vangelo di Gesù Cristo: chi potrebbe darsi da sé un simile incarico? Ogni autorità per poter essere veramente tale deve essere data. Allora è bene che, entrando a far parte della successione apostolica e ricevendone l’autorità dallo Spirito attraverso gli stessi apostoli in comunione tra loro cum Petro e sub Petro, vi sia, carissimi, ben chiaro che questa autorità nasce dall’obbedienza. Questa è la scuola privilegiata di santità per il vescovo e, analogamente, per ogni ministro ordinato ed ogni fedele.

3. Le parole dell’Apostolo illuminano quel «Seguimi» del Signore a Pietro da cui siamo partiti (Vangelo, Gv 21,19). Da dove nasce sulla bocca del Salvatore un simile imperativo? Da una triplice, commovente richiesta di amore. Amore: incontriamo qui, carissimi, la parola decisiva, il nucleo infuocato del Santo Vangelo in cui si concentrano gli incommensurabili misteri della Trinità e dell’incarnazione, passione, morte risurrezione di nostro Signore. Gesù si rivolge per tre volte a Pietro chiedendogli una testimonianza d’amore. Pietro ne è allo stesso tempo sorpreso e ferito. Sorpreso: «Tu conosci tutto… lo sai che ti amo» (Vangelo, Gv 21,15-17). Ferito, perché la triplice ripetizione della domanda riapre forse nell’Apostolo l’amarezza del triplice rinnegamento.

Riflettiamo un istante sulla modalità con cui Gesù conferisce a Pietro la sua singolare autorità: «Mi ami… pasci le mie pecore» (Vangelo, Gv 21,16). Gesù la fonda sulla richiesta d’amore effettivo ed oggettivo, l’amore come offerta totale di sé. Pietro, come ogni uomo sincero, conosce il limite della sua capacità di amare, ma risponde con tutta l’energia affettiva di cui è capace: «Signore tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene» (Vangelo, Gv 21,17). Gesù allora abbraccia l’impotenza addolorata del discepolo.

Così fa con noi ogni giorno, carissimi vescovi eletti e figli tutti, quando, magari solo per distrazione, ce ne andiamo errando da Lui lontano.

Quale grande insegnamento in questa umile espressione della mitezza di Gesù. Gesù chiede di seguirLo nell’amore per prenderci a servizio del Suo ministero, ma non teme di scegliere colui che egli ha dovuto perdonare, cioè un redento. Sempre la nostra obbedienza è preceduta e resa possibile dal suo amore misericordioso. In questo modo, il nostro male non potrà mai essere un’obiezione alla nostra missione: siamo chiamati in quanto perdonati, come redenti. Dove trovereste altrimenti, carissimi, la forza di dire con verità le parole: “Sì, lo voglio”, che fra poco pronuncerete ad alta voce di fronte al nostro amato popolo cristiano, espressione di tutti i nostri fratelli uomini, quando il Vescovo vi chiederà di adempiere il vostro ministero fino alla morte? Risuona qui per ciascuno di voi e di noi l’eco della profezia del martirio di Gesù a Pietro.

4. Facciamo fatica a renderci conto che la storia della Chiesa e del ministero ordinato nel suo nucleo essenziale è il riproporsi da millenni di questo dialogo tra due libertà, in cui misericordia e obbedienza, chiamata e sequela si intrecciano efficacemente.

Non è affatto scontato riconoscere il legame storico – fatto da una catena ininterrotta di testimoni – che ci mantiene uniti ai primi chiamati da Gesù. Un legame più forte di quello della carne e del sangue, che ci rende membra dello stesso popolo nuovo generato dalla Pasqua di Gesù.

Invece è proprio grazie a questo legame che, domenica dopo domenica, noi confessiamo nel Credo il nostro essere Chiesa apostolica. Non c’è, infatti, soluzione di continuità tra quei dodici che insieme a Maria stavano con Gesù e la nostra assemblea eucaristica che fa ora corona ai nuovi vescovi.

Lo Spirito Santo è il garante di questa unità che attraversa il tempo e lo spazio e fa di noi tutti, insieme alla Vergine, ai martiri e ai santi, l’unica Chiesa di Dio. Ma come agisce lo Spirito del Risorto?

La risposta riguarda noi tutti, fedeli carissimi. La costituzione dogmatica Lumen gentium del Concilio Vaticano II insegna in proposito: «Lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (cfr. 1 Cor 3,16; 6,19) e in essi prega e rende testimonianza della loro condizione di figli di Dio per adozione (cfr. Gal 4,6; Rm 8,15-16 e 26). Egli introduce la Chiesa nella pienezza della verità (cfr. Gv 16,13), la unifica nella comunione e nel ministero, la provvede e dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la abbellisce dei suoi frutti (cfr. Ef 4,11-12; 1 Cor 12,4; Gal 5,22)» (LG 4).

Lo Spirito, quindi, provvede e guida la Chiesa con diversi doni tra i quali la “successione apostolica”. Se vogliamo comprendere chi è la Chiesa dobbiamo avvicinarci al mistero della successione apostolica. Infatti, in forza del perpetuarsi lungo la storia della catena dei vescovi come successori degli apostoli, tutto il popolo di Dio continua ad essere convocato, alimentato e guidato dallo stesso Buon Pastore. Possiamo dire che il Signore ha voluto i vescovi nella Sua Chiesa perché questo legame non si spezzi mai e perché essa possa vivere sempre alla Sua presenza in ascolto obbediente. La Chiesa, infatti, non è anzitutto il convenire dei seguaci di una dottrina – fosse anche altissima! –, ma il popolo che nasce permanentemente dall’Eucaristia, cioè, da Gesù presente qui ed ora, che ci chiama a coinvolgerci con Lui.

5. Il Libro degli Atti registra che fin dall’origine i cristiani «erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere» (Lettura, Atti 1,42). E questo per annunciare Gesù come Vangelo dell’umano. Si dischiude così l’orizzonte che abbiamo voluto indicare per il cammino della nostra Chiesa. Il vostro ministero sarà tutto in funzione di questa ansia santa della Chiesa ambrosiana che vuole proporre a tutti Gesù, luce delle genti. Insieme all’Arcivescovo e agli altri Vescovi ausiliari, ai Vicari episcopali e a tutto il presbiterio della Chiesa ambrosiana siete inviati per servire il popolo di Dio e infondere così speranza a tutti gli uomini e le donne del nostro tempo.

Amate quindi incondizionatamente la Chiesa santa di Dio, amata diuturnamente la Chiesa ambrosiana, amate gli uomini e le donne delle terre milanesi e ne sarete riamati.

Vi affidiamo alla potente protezione della Beata Vergine Maria, regina degli apostoli. Lei, che dall’alto del nostro Duomo vigila solerte su noi tutti, sia per Voi quotidiano rifugio, dolce consiglio e tenero aiuto. Amen.

 

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