Novità - Eventi di rilievo

di Aurelio Molè

Perché un appello alla coscienza?

«Oggi viviamo in un clima di grande sfiducia, e il senso di impotenza pervade ogni cosa. Ci siamo abituati alla gente che muore di fame, ai milioni di profughi che scappano dai loro Paesi. In alcune zone d’Italia il 60 per cento dei giovani è disoccupato. Quanti si sentono interpellati da questo dramma? Ogni giorno centinaia di migliaia di giovani si mettono fuori gioco con le droghe e le dipendenze, eppure assistere a tutto questo non ci commuove più. La nostra coscienza si è come assopita. Ci incontreremo a Napoli il 4 ottobre 2014 perché vogliamo contribuire a risvegliare la coscienza di tanti, specialmente giovani: convinti che le cose non cambieranno mai, si stanno chiudendo sempre più nel privato o nel virtuale».


La scelta di Napoli a cosa è dovuta?

«A Napoli c’è un gruppo di ragazzi che da tanti anni cammina con noi e si impegna concretamente a favore dei più poveri e dei giovani. Ci hanno chiesto di realizzare lì l’Appuntamento con la Coscienza e abbiamo accolto molto volentieri questo invito al Sud. Vorremmo valorizzare l’impegno di tanti giovani del Sud che vivono la loro responsabilità in situazioni difficili e con loro, con tanti altri che provengono da diverse parti d’Italia e del mondo, restituire voglia di impegno, voglia di responsabilità, voglia di mettersi in gioco a chi se ne sta ancora in disparte.

«Non ci troveremo a Napoli per puntare il dito contro qualcuno, per protestare, per lamentarci, ma per rendere visibile il bene che c’è, alla portata di ciascuno di noi, il bene che vuole allargarsi, contagiare, e che troppe volte non fa notizia.  Il Sermig è nato quando ho smesso di puntare il dito sugli altri e l’ho girato verso me stesso. Io cosa posso fare? Da questa domanda è iniziata un'avventura che mai avrei immaginato e che ha portato tanti giovani ad uscire dalla sfera del privato per assumersi delle responsabilità».


Qual è l’obiettivo della manifestazione?

«L’obiettivo è risvegliare la speranza in tanti giovani. Oggi c’è bisogno di restituire respiro ai giovani, restituire loro la consapevolezza che già da giovanissimi si possono fare scelte importanti e che bisogna finirla di pensare che la giovinezza sia l’età per divertirsi. I giovani hanno dentro delle potenzialità, in loro è seminato il senso dell’ingiustizia, il desiderio di verità, il bisogno di verità. Invece la società, il mondo degli adulti, li vede e li tratta come polli da allevamento proponendo di volta in volta il becchime più adatto.

«Questo incontro vuole aiutare i giovani a risvegliare le potenzialità di bene che hanno dentro, per rendere migliore e degna di essere vissuta la loro vita e la vita di tanti, di tutti. Vogliamo che tanti tocchino con mano, attraverso la testimonianza di altri ragazzi, che è possibile sognare un mondo migliore e contribuire a costruirlo, se non ci lasciamo anestetizzare la coscienza. Vogliamo dare visibilità all’impegno quotidiano di tanti giovani che stanno cercando di fare delle scelte di bene e di giustizia nella vita di tutti i giorni, dal banco di scuola, al posto di lavoro, al loro gruppo di amici, a partire dal proprio territorio.

«È importante capire che non si è da soli in questo percorso. E vedere tanti altri giovani che si stanno impegnando perché vogliono un mondo diverso, dà speranza. È un appuntamento aperto a tutti, giovani e adulti. All’incontro, organizzato in collaborazione con la Diocesi di Napoli, abbiamo invitato anche i “grandi” della politica, dell’economia, dell’informazione non per parlare ma per ascoltare i giovani, il loro impegno, il loro desiderio di un mondo più umano e fraterno. È importante per noi adulti metterci in ascolto delle nuove generazioni. Ascoltare significa capire il loro passo, significa capire se stiamo andando nella direzione giusta, significa riconoscere i nostri errori e correggere il tiro».


Le manifestazioni di massa che impatto reale hanno sulle coscienze?

«Quando una persona vive concretamente quello in cui crede e quello che dice, comunica e ciò che comunica ha un impatto, altrimenti è una predica vuota che nessuno, soprattutto i giovani, ha più voglia di ascoltare. Il mondiale dei giovani non è un evento né una manifestazione di massa, ma la tappa di un percorso che tanti giovani hanno iniziato nelle loro realtà e che li coinvolge in un impegno concreto e quotidiano. Quando penso al 4 ottobre, ho già davanti a me il giorno dopo e lo dico sempre alla Fraternità del Sermig e ai giovani che ci aiutano: noi lavoriamo per il giorno dopo, cioè per dare qualità al nostro impegno quotidiano, per dare slancio alla normalità».

http://www.cittanuova.it/

 

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