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Il soccorso e l’assistenza umanitaria alla luce dell’attuale scenario internazionale. E' questo il tema affrontato a Ginevra, nei giorni scorsi, da rappresentanti di quattro diverse religioni - Cristianesimo, Islam, Ebraismo e Vedanta - durante  il simposio “Religioni insieme per l’aiuto umanitario”, organizzato dal Sovrano Ordine di Malta. Forte la testimonianza proveniente dai Paesi toccati dalle guerre in corso, come il Libano, dove l’Ordine di Malta è presente da 30 anni, e dove si è riversato un numero impressionante di profughi in fuga dalle guerre in Siria e in Iraq. Francesca Sabatinelli ha intervistato Oumayma Farah Rizk, responsabile della comunicazione dell’Ordine di Malta in Libano:

R. – Notre action au Liban aujourd’hui…

La nostra azione oggi in Libano è sempre più importante. Siamo un’organizzazione cristiana e l’importanza è nei valori che noi promuoviamo. Il nostro slogan è  "Je ne te demande ni ta race, ni ta couleur, ni ta religion mais dis-moi quelle est ta souffrance" (Non ti chiedo né la tua razza, né il tuo colore, né la tua religiosa, ma dimmi qual è la tua sofferenza ndr) ed è nel nome di questa missione che lavoriamo tutti i giorni per aiutare i poveri, i bisognosi e i più svantaggiati. E’ importante essere un’organizzazione religiosa, ma per noi non si tratta di religione quanto di fede: abbiamo fede in ciò che facciamo. Proteggere  la dignità della persona, aiutare ogni essere umano a cercare di diminuire la sua sofferenza; penso che questi valori siano comuni a tutte le religioni. Quando ci avviciniamo alle altre comunità e comprendono che non abbiamo altra intenzione se non quella di aiutare ogni essere umano svantaggiato, allora riusciamo a collaborare.

D. – Questo vuol dire che è non è un limite essere un’organizzazione religiosa, ma c’è un valore aggiunto?

R.  – Pas du tout, c’est sur qu’il n’y a pas de limite…

Assolutamente. Certo, non è un limite perché noi siamo spinti dalla nostra fede e i valori sono comuni a tutte le religioni. Il Libano è un Paese di 17 denominazioni religiose differenti e noi lavoriamo con tutti. Siamo aperti a tutti e lavoriamo con tutti, senza distinzione, le persone si fidano, tornano nel nostro centro: da 30 anni sono le stesse persone che tornano con i loro figli e nipoti, perché rispettano l’Ordine di Malta.

D. – Adesso il vostro Paese si trova in una situazione veramente molto difficile. Ci sono migliaia di rifugiati che sono scappati dalla Siria e dall’Iraq, come fate?

R. -  La situation du Liban, malheuresement, est très mal…

La situazione del Libano purtroppo è molto brutta oggi. Il Libano è un Paese di 4 milioni e 200 mila persone. I rifugiati sono più di un milione e 300 mila, se non di più, compresi i rifugiati palestinesi che erano già in Libano e quelli appena arrivati, i rifugiati iracheni. C’è molto da fare sul campo e tutto quello che facciamo probabilmente non sarà mai abbastanza di fronte al flagello che questo rappresenta. I rifugiati siriani si sono stabiliti ovunque in Libano e i nostri centri, nelle regioni più toccate, come nella Beqaa o nel nord, sono pianificati in modo da accogliere e aiutare dal punto di vista medico e sociale questi rifugiati. Il nostro più recente progetto è il progetto di unità medica mobile che abbiamo installato in una regione molto, molto delicata al nord del Libano, al confine siriano, che aiuta due villaggi dando loro la migliore qualità di farmaci e di cure mediche. Ciò che è molto importante è che noi insistiamo affinché si possa provvedere ai bisogni sia dei rifugiati siriani, che della popolazione locale. E’ molto importante per cercare di tenere un equilibrio e di placare i conflitti che può creare questa presenza siriana nelle regioni più svantaggiate e più povere del Libano.

D. – Lei crede, come libanese, che la Comunità internazionale, il mondo, vi abbia abbandonati?

R.  – C’est sur, c’est sur. L’Union européenne…

E’ certo, è certo! L’Unione europea nei prossimi due anni proverà a distribuire 24 mila rifugiati sul suo territorio, e noi che facciamo del milione e 300 mila che sono da noi? Che facciamo? Che fa la comunità internazionale? Certo, ci sono aiuti che arrivano, ma non sono sufficienti, né per i rifugiati siriani, né per i libanesi. E’ un Paese al collasso. Sì, chiedo l’aiuto della Comunità internazionale, chiedo il risveglio della Comunità internazionale, se non vuole perdere questo Libano “messaggio”, che è un esempio di coesistenza per il mondo intero, in questa regione della Terra Santa. www.radiovaticana.org

 

 

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