Novità - Eventi di rilievo

Francesco a Firenze, poveri e malati al centro della visita

Ultimi preparativi a Prato e Firenze, dove Papa Francesco si recherà domani. Motivo principale della visita è la partecipazione al Convegno ecclesiale nazionale, che riunirà 2.500 delegati, espressione della Chiesa Italiana. Il Pontefice, tuttavia, non ha voluto far mancare le occasioni di incontro con i fedeli e la cittadinanza, in particolare con i più bisognosi. Da Firenze, il nostro inviato Alessandro Gisotti:

Gli ultimi saranno i primi. Alla Mensa San Francesco Poverino della Caritas si vive con questo sentimento l’attesa per il Papa, che domani pranzerà con i poveri che ogni giorno trovano qui un pasto caldo e calore umano. Francesco è sentito davvero come uno di loro e così, tengono a sottolineare, per lui domani non ci sarà alcun privilegio: anche il Papa dovrà prendere il bigliettino all’entrata e mangerà in un piatto di plastica come tutti gli altri. Francesco si siederà al centro di un unico grande tavolo dove mangeranno circa 60 persone, italiani e non. Parlando con loro ci hanno raccontato della gioia di avere in mezzo a loro il Papa della “Chiesa povera per i poveri”. Molti hanno perso il lavoro, perfino la casa, ma non hanno perso la dignità. Ed in questo si sentono incoraggiati da questa visita di domani.

In un qualche modo, il pranzo con i poveri sarà quasi una chiave di lettura della visita a Prato e Firenze e della sua partecipazione al Convegno ecclesiale nazionale. Nella culla dell’umanesimo – tema anche degli “stati generali” della Chiesa italiana – Francesco testimonierà infatti che per dare nuova linfa all’umanesimo cristiano bisogna partire dagli ultimi, da quelle “periferie esistenziali” che sono al centro del magistero di Jorge Mario Bergoglio.

D’altro canto, nella giornata in Toscana, saranno ribaditi tutti i temi particolarmente a cuore del Pontificato di Francesco. Se nella prima mattinata, infatti, il Papa si rivolgerà al mondo del lavoro a Prato, dopo il discorso ai convegnisti – nella cattedrale fiorentina di Santa Maria del Fiore – pregherà con gli ammalati e i disabili nella Basilica della Santissima Annunziata. Quindi, appunto, il pranzo con i poveri e poi la Messa nello Stadio Franchi, dove sono attese migliaia di persone. Qui, per una volta, i protagonisti non saranno i beniamini della Fiorentina, ma il Vangelo e quel Popolo di Dio che, anche a Firenze, cammina gioioso con il suo Pastore.

 

 

Firenze, il sindaco: Francesco parla anche al cuore dei laici

La presenza del Papa a Firenze, domani, non ha un valore solo religioso ma anche etico e civile". Lo afferma il sindaco di Firenze Dario Nardella, che, in preparazione all'arrivo di Francesco, ha organizzato quattro incontri aperti ai cittadini. Luca Collodi lo ha intervistato:

D. – Sindaco Nardella, Il Papa arriva a Firenze per unire l’intera città…

R. – Sì. Penso che questo fatto storico – perché dopo la visita di Giovanni Paolo II torna un Papa a Firenze – non possa essere letto solo come un evento religioso, ma un evento che interessa tutta la città intesa come grande comunità laica. Per questo sono convinto che il Papa non parli solo ai credenti, ai religiosi, ai cristiani cattolici, bensì a tutti, anche a coloro che non credono o che credono ad altre religioni.

D. – Quindi, per lei, si tratta di una visita religiosa ma anche laica ?

R. – Penso proprio di sì. Del resto, se vediamo le visite che il Papa ha fatto nel mondo, alle città – penso in particolare al suo viaggio negli Stati Uniti – la sua voce è stata ascoltata e ha riscosso interesse da parte di tutta l’opinione pubblica, non solo da parte dei fedeli. Questo Papa, grazie anche alla sua semplicità nella comunicazione e alla capacità di creare empatia con i cittadini, è – a mio avviso – la personalità oggi più ascoltata e riconosciuta al mondo. Anche perché pone dei temi, delle questioni, che sono al centro della vita dell’uomo, non soltanto al centro della religione cristiana cattolica.

D. – Sindaco Nardella, lei ha preparato la città all’incontro con il Papa sottolineando proprio la laicità della comunità fiorentina con una serie di incontri. In che modo ?

R. – Ovviamente, come sindaco, mi devo preoccupare degli aspetti organizzativi, logistici e di collaborare con la Diocesi e il Vaticano per quanto riguarda la sicurezza e le esigenze degli organizzatori. Tuttavia, ho pensato che l’occasione storica dell’incontro tra il Papa e Firenze – una delle città più importanti al mondo – non si possa ridurre solo alle informazioni o ai problemi della viabilità e del traffico, ma debba essere colta per tutta la forza e le potenzialità che ha. Penso quindi al significato, al valore, non solo religioso ma anche etico, civile che potrà avere questo incontro. Pe questo abbiamo organizzato quattro appuntamenti, consistenti in un dialogo tra un cattolico e un laico, su quei temi che sono al centro del titolo che il Convegno ecclesiale ha dato in occasione di questa visita del Papa, ovvero “il nuovo umanesimo”. Cosa significa oggi per un cittadino, per una città come Firenze parlare di nuovo umanesimo, partendo dai problemi concreti come l’ecologia, come l’integrazione culturale, come la pace, come la promozione della cultura e del pluralismo culturale …

D. – L’umanesimo vide il suo centro a Firenze: unì il divino e l’umano. Pensa che sia ancora attuale mettere Firenze al centro di un nuovo percorso umanista?

R. – Lo spero e penso che Firenze possa giocare ancora un ruolo fondamentale. Del resto, come ha detto lei, l’umanesimo è nato sull’onda di una crisi che ha portato a quel felice incontro tra il pensiero classico e la filosofia cristiana. Oggi noi viviamo la sensazione di essere di nuovo in un tunnel senza fondo: la crisi economica, i conflitti interreligiosi, il tema devastante dei migranti, le paure dei cittadini … Ma è proprio in questo momento che può diventare decisivo il dialogo tra la cultura e la religione, tra la cultura e la fede: proprio in questo momento la Chiesa globale può, con tutto il coraggio che è capace di esprimere, rimettere al centro la speranza, la pace e la comunità tra i popoli. Quindi, credo che parlare di “nuovo umanesimo” significa per la mia città, per Firenze, essere protagonisti di un nuovo processo, di un nuovo inizio – potremmo dire – che parta proprio dall’idea di ribaltare il concetto dell’umanesimo classico, secondo il quale l’uomo era al centro del mondo. Oggi è il mondo, la terra, al centro dei pensieri dell’uomo e mi riferisco – ad esempio – alla grande sfida del cambiamento climatico, a quello che Papa Francesco nell’Enciclica “Laudato si’” ha chiamato “la scelta dell’ecologia integrale”. Insomma, in questa situazione di grande crisi, io vedo quanto mai grandi opportunità.

 

 

Firenze, i giovani: il Papa ci affascina con la sua coerenza

La gioia è anche il sentimento della realtà giovanile della Chiesa di Firenze che aspetta di far festa con Papa Francesco. Lo testimoniano le parole di Anna Del Bene, presidente femminile della Fuci di Firenze, intervistata dall’inviato, Alessandro Gisotti:

R. – Come giovane, attendo con trepidazione e gioia l’incontro con Papa Francesco. Parteciperò alla Messa allo stadio assieme a tanti altri ragazzi del nostro gruppo e insieme stiamo vivendo questo momento con grande attesa. Spero che, come il Papa ha sempre dimostrato, possa dare una parola specifica a noi giovani per continuare il nostro cammino con slancio.

D. – Papa Francesco sarà a Firenze per poche ore, ma in queste poche ore riuscirà a incontrare gli ammalati, a pranzare con i poveri oltre all’incontro con tutta la città, in fondo, allo stadio di Firenze. Quanto è efficace questo messaggio continuato, testimoniato di Francesco, di incontro con i poveri? Vedete che si muove qualcosa a Firenze, rispetto a questo?

R. – Sì, decisamente. L’attenzione di Papa Francesco, in particolare verso i malati e i poveri che incontrerà, esprime questa grande vicinanza a tutte le realtà sociali. Questo è molto importante e secondo me avvicina molto anche le persone non credenti, che vedono nel Papa e nella Chiesa tutta un modo per vivere la propria vita in pienezza, con attenzione a tutti, e apertura.

D. – C’è qualcosa che ti ha colpito in questi giorni di preparazione alla visita, anche parlando con dei coetanei non per forza cattolici? O anche qualche aneddoto nell’attesa del Papa?

R. – Sì, mi è capitato di parlare con alcuni miei coetanei riguardo a questo momento ormai imminente: quello che mi ha colpito è la speranza che hanno tutti, credenti e non credenti, che venendo a Firenze – che è la città per eccellenza culla dell’umanesimo – si possa ripartire veramente dall’uomo, innanzitutto. Quindi, è un messaggio rivolto a tutti: la dimensione antropologica, evidentemente in chiave cristiana, ma condivisibile da chiunque.

Oltre alla visita di Francesco a Firenze, spunti di riflessione per i giovani giungono anche dal Convegno nazionale, come conferma al microfono di Alessandro Gisotti, il presidente della Fuci fiorentina, e delegato al Convegno Cei, Marco Tellini:

R. – E’ un segnale forte di vicinanza. In questo Convegno si parlerà di come essere più vicini a chi sperimenta la marginalità e Papa Francesco incarna questa vicinanza con uno stile semplice per noi giovani, accattivante, in senso positivo. E quindi, è un segnale che mostra quanto possa essere bella la vita del Vangelo.

D. – L’attrazione di Papa Francesco per i credenti è direi quasi ovvia, naturale. Tu avrai anche molti amici non credenti: che cosa li colpisce di questa figura?

R. – Colpisce questa coerenza che c’è tra le parole e i fatti. Questo è un elemento di credibilità anche della testimonianza, è affascinante.

D. – Da ultimo, come giovane, come cattolico e come fiorentino, quali sono le tue speranze per questa visita di Francesco?

R. – Spero che il lavoro che facciamo anche come delegati durante questi giorni abbia una ricaduta reale nella pastorale che seguirà a questo evento. Sono sicuro che, se individuiamo alcuni obiettivi realmente possibili, possiamo dare concretezza a questa nuova spinta.

 

 

Mons. Nosiglia: al Convegno nazionale i giovani in prima linea

Saranno soprattutto i giovani i protagonisti del V Convegno ecclesiale nazionale, che a partire dal tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”, affronterà il trapasso culturale e sociale che caratterizza il nostro tempo e che incide sempre più nella mentalità e nel costume delle persone, sradicando a volte principi e valori fondamentali per l’esistenza personale, familiare e sociale. Giovani testimoni del loro tempo, interpellati a Firenze per dire la loro, come spiega, al microfono di Manuela Campanile, l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, presidente del Comitato preparatorio del Convegno da lui aperto oggi: 

R. – Desideriamo che i giovani non si sentano solo oggetto di cura e di attenzione – pure necessaria – ma soprattutto protagonisti attivi, che possano prendere la parola, essere ascoltati, quindi valorizzati, e anche nelle loro critiche: perché hanno anche delle critiche sia verso la Chiesa sia verso la società, a volte anche abbastanza acute e direi molto concrete. Quindi, è un po’ una scommessa. Per esempio, i due animatori di tutte le giornate, compresa quella in cui viene il Papa, sono due giovani: un ragazzo e una ragazza, che daranno il “la” a tutti i lavori della giornata, li collegheranno, faranno gli animatori dell’assemblea. E così anche nelle relazioni finali ci saranno dei giovani. Quindi, è un taglio giovanile che speriamo possa veramente contribuire a riavvicinare ai giovani e al Vangelo, in modo particolare.

D. – Mons. Nosiglia, cinque Convegni sul solco del Concilio Vaticano II. In cosa allora il Concilio Vaticano II è stato ispiratore?

R. – Certamente, è stato ispiratore di una conversione pastorale, missionaria, molto ampia e molto forte, che ha inciso nelle nostre Chiese. Direi che ha inciso gradualmente. Come sempre, la Chiesa non fa dei “salti mortali”: un vantaggio se vogliamo. Però, io credo che il cammino che ha impresso il Concilio sia stato addirittura anche veloce sia sul piano della liturgia che su quello della pastorale e della teologia, come sul piano soprattutto della missionarietà. Questa è la sfida che Papa Francesco in modo specifico ci pone. Nell’Esortazione apostolica ”Evangelii Gaudium” si dice: “Dovete trovare le vie nuove al cammino della Chiesa nei prossimi anni”. E quindi quali sono queste strade nuove? Alla luce, certo, del Concilio – quindi rimanendo ancorati al rinnovamento promosso dal Concilio – ma di fronte alle sfide di 50 anni dopo – e sappiamo che il mondo di oggi va veramente di corsa: 50 anni sono come una volta secoli e secoli – dobbiamo risvegliare un certo dinamismo che nasca dalla fede, dal Vangelo. Perché per noi il Vangelo è – come dicevo, e come ha detto Papa Francesco in Ecuador – “rivoluzionario”. Dove arriva, il Vangelo cambia: cambia la vita non solo delle persone, ma anche delle famiglie, dei popoli e della stessa società. Quindi, il nostro incontro è un momento di riflessione, ma anche di progettazione per una svolta nuova, ci auguriamo, delle nostre Chiese: che, in un modo carico di speranza, anche di fronte al mondo così difficile di oggi, sappiano gestire la loro testimonianza con linguaggi, metodologie, vicinanze e prossimità nuove e non stare chiusi nel nostro circuito pastorale che a volte si muove all’interno di gruppi, movimenti e parrocchie. Questi, seppur dinamici, sono tutti un po’ autoreferenziali.

D. – E quindi, questo aiuta a leggere i segni dei tempi: dopotutto, la Chiesa come carisma ha questo…

R. – Però, deve anche ascoltare, farsi carico di quello che è il grido dell’umanità ferita e cogliere le esigenze fondamentali della gente, con uno sguardo amorevole sulla realtà e sugli uomini del nostro tempo. Perché siamo sempre abituati a vedere le cose che non vanno – e sono molte indubbiamente – ma essere realisti non vuol dire perdere la speranza che nasce proprio dalla fede e dal Vangelo. Ecco, questo sguardo di riconoscenza, in fondo, e di gratitudine, che è scarso di timore e si permette di leggere i segni dei tempi, parlando il linguaggio dell’amore. Come ci ricorda Papa Francesco, che dice che la verità dell’uomo in Cristo non è opprimente, non è qualcosa di pesante che va contro la liberta. Al contrario, è liberante perché è la verità dell’amore e nascendo dall’amore può arrivare al cuore di ogni uomo. Per questo è concretezza di azione, di gesti, che entrano dentro il vissuto della gente e danno corpo alle loro speranze, alle loro attese, che sono sempre per noi riferite al Vangelo. Perché in Cristo possiamo trovare tutte le vie necessarie per dare una scossa salutare anche alla nostra società. Io penso che la speranza cristiana abbia seminato nella storia del nostro popolo un patrimonio di umanità, di santità e di civiltà, che è stato esemplare per il mondo intero e non può non esserlo anche oggi.

www.radiovaticana.org

 

Questo sito fa uso di cookie per migliorare l’esperienza di navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’utilizzo del sito stesso. Può conoscere i dettagli consultando la nostra privacy policy qui. Proseguendo nella navigazione si accetta l’uso dei cookie; in caso contrario è possibile abbandonare il sito.index.php">privacy policy.

-
EU Cookie Directive plugin by www.channeldigital.co.uk