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La sua Vita
 

Santa Chiara d'Assisi

Prima Lettera

alla Beata Agnese di Praga
(Prima dell'11 giugno 1234)

(1) Alla venerabile e santissima vergine, donna Agnese, figlia dell'eccellentissimo e illustrissimo re di Boemia, (2) Chiara, serva indegna di Gesù Cristo e inutile ancella delle donne incluse del monastero di San Damiano, sua suddita in tutto e ancella , ogni raccomandazione di sé, con riverenza speciale, per ottenere la gloria dell'eterna felicità.

(3) Udendo l'onestissima fama della vostra santa conversazione e della vostra santa vita, che non solo fino a me è giunta, ma è stata splendidamente divulgata in quasi tutta la terra, godo molto nel Signore ed esulto; (4) di questo, non solo io personalmente, posso esultare, ma tutti coloro che fanno e desiderano di fare il servizio di Gesù Cristo.

(5) Di qui viene che, mentre avreste potuto godere, più degli altri, delle pompe, degli onori e della dignità del secolo, potendo con gloria eccellente sposare legittimamente l'illustre imperatore, come sarebbe stato conveniente alla vostre e alla sua eccellenza, (6) rigettando tutto ciò, avete scelto, con tutta l'anima e con tutto lo slancio del cuore, piuttosto la santissima povertà e la penuria del corpo, (7) prendendo uno sposo di più nobile origine, il Signore Gesù Cristo, che custodirà la vostra verginità sempre immacolata e intatta.

(8) Amandolo, siete casta, toccandolo, diventerete più monda, accogliendolo in voi, siete vergine; (9) la sua potenza è più forte, la generosità più elevata, il suo aspetto più bello, l'amore più soave e ogni grazia più fine.
(10) Già siete stretta dagli amplessi di lui, che il vostro petto ha ornato di pietre preziose e alle vostre orecchie ha messo perle inestimabili, (11) e vi ha tutta avvolta di primaverili e corrusche gemme e vi ha incoronata con una corona d'oro espressa con il segno della santità.
(12) Quindi, sorella carissima, o piuttosto signora straordinariamente degna di ogni venerazione, perché siete sposa e madre e sorella del mio Signore Gesù Cristo, (13) splendidissimamente insignita del vessillo dell'inviolabile verginità e della santissima povertà, siate corroborata nel santo servizio, incominciato con ardente desiderio, del povero Crocifisso, (14) che per noi tutti sopportò la passione della croce, strappandoci al potere del principe delle tenebre, nel quale per la trasgressione del primo parente eravamo tenuti legati, e riconciliandoci con Dio Padre Onnipotente.

(15) O beata povertà, a quelle che l'amano e l'abbracciano le ricchezze eterne!
(16) O santa povertà, a loro che l'hanno e la desiderano  è promesso da Dio il regno dei cieli e l'eterna gloria e la vita beata senza alcun dubbio è concessa!
(17) O pia povertà, che il Signore Gesù Cristo, il quale reggeva e regge il cielo e la terra, e disse anche e le cose furono fatte, si è degnato al di sopra di tutto abbracciare!
(18) Le volpi infatti hanno tane, ha detto, e gli uccelli del cielo nidi, ma il Figlio dell'uomo, cioè Cristo, non ha dove posare il capo, ma piegato il capo rese lo spirito.

(19) Se dunque un tanto e tale Signore venendo in un utero verginale, volle apparire nel mondo disprezzato, indigente e povero, (20) affinché gli uomini, che erano poverissimi e indigenti, soffrendo l'estrema indigenza di nutrimento celeste, in lui diventassero ricchi possedendo i regni celesti, (21) esultate molto e rallegratevi, ripiena d'immensa gioia e di letizia spirituale, (22) poiché, essendovi piaciuto di più il disprezzo del mondo che gli onori, la povertà più che le ricchezze temporali e nascondere tesori piuttosto in cielo che in terra, (23) là dove né la ruggine li consuma né la tignola li distrugge e i ladri né saccheggiano né rubano, la vostra ricompensa è copiosissima nei cieli, (24) e quasi degnamente avete meritato di essere chiamata sorella, sposa e madre del Figlio del Padre Altissimo e della gloriosa Vergine.

(25) Credo infatti fermamente che abbiate appreso che il regno dei cieli non è promesso e donato dal Signore che ai poveri, perché, quando si ama una cosa temporale, si perde il frutto della carità; (26) ché non si può servire a Dio e a mammona, perché o si ama l'uno o si odia l'altro e o si serve l'uno e si disprezza l'altro; (27) e uno vestito non può lottare con uno nudo, perché chi ha donde essere tenuto cade a terra più presto; (28) e rimanere glorioso nel secolo e regnarvi con Cristo, giacché un cammello potrà passare per la cruna di un ago, prima che un ricco ascenda ai regni celesti. (29) Perciò gettaste le vesti, cioè le ricchezze temporali, per essere in grado assolutamente di non soccombere di fronte al lottatore, per poter entrare per la via stretta e la porta angusta nei regni celesti.

(30) Quale grande e lodevole scambio: abbandonare le cose temporali per le eterne, meritare i beni celesti per i terrestri, ricevere il centuplo per uno e possedere la vita beata.

(31) Perciò ho pensato che bisognava supplicare la eccellenza e la santità vostra con umili preghiere, nelle viscere di Cristo, per quanto posso, in modo tale che vi lasciate fortificare nel suo santo servizio, (32) crescendo di bene in meglio, di virtù in virtù, affinché colui che servite con tutto il desiderio del vostro spirito, si degni di elargire i premi desiderati.

(33) Vi scongiuro anche nel Signore, come posso, di volere, nelle vostre sante preghiere, raccomandare me, vostra serva, anche se inutile, e le altre sorelle a voi devote, dimoranti con me in monastero. Con l'aiuto di esse e (preghiere), possiamo meritare la misericordia di Gesù Cristo, affinché meritiamo di godere insieme con voi l'eterna visione.

(34) State bene nel Signore e pregate per me.

 

Introduzione storica

Quando Chiara le scrisse questa lettera, Agnese era nel momento di svolta radicale della sua vita: erano falliti i diversi progetti matrimoniali, per le alterne vicende della politica europea, ed era morto il padre nel 1230.

In questi anni Agnese non era rimasta strumento passivo nelle mani del padre e del fratello Venceslao, ma aveva mostrato doti e determinazione non comuni, al punto da riuscire a realizzare il suo ideale di vita religiosa, sull'esempio di S. Chiara.

Di tutti gli episodi, che portarono Agnese a iniziare la sua vita in monastero, ci sono ampi riferimenti in questa prima lettera, che deve essere stata scritta o nel 1234, appena saputo della sua vestizione, o nel 1235, quando già era stata eletta abbadessa.

È un primo contatto: Chiara, infatti, usa il "voi", mentre nelle lettere successive userà un più familiare "tu". É una lettera molto rispettosa, come si conviene  a una missiva indirizzata ad una donna, che, seppur più giovane, appartiene a un rango sociale tanto elevato, ma è anche molto esplicita nel presentare l'ideale di povertà, proprio delle comunità di Damianite.

Chiara, tra l'altro, mette in mostra una buona sensibilità letteraria: probabilmente dettava, perciò uno o due copisti parteciparono alla redazione definitiva, ma i contenuti sono tipicamente clariani. Sono pagine di una scrittrice mistica, che con semplicità, profondità e partecipazione, comunica la sua stupenda esperienza dell'amore divino e del più elevato amore umano.

I tre livelli di comprensione della fede, con i quali si può dividere la lettera (sponsale, cristologico, escatologico), lo dimostrano.

 

Contenuto

L'attrattiva di una vita povera per il credente

La lettura più superficiale della 1LAg mette ben in chiaro che il tema della povertà  struttura lo scritto. Rendiamoci conto che la 1LAg viene scritta nel 1235, un anno dopo che Agnese e le sue giovani amiche avevano deciso di tuffarsi nell'avventura evangelica. E', dunque, uno scritto che si rivolge di primo impeto alla vertiginosa attrattiva del Vangelo intuito in tutta la sua forza. Vuole essere il coraggio che non si nasconde dietro le difficoltà, di fronte alla bella offerta dell'orizzonte cristiano.

Andando più a fondo, scopriamo nella 1LAg tre interessanti livelli di comprensione della fede dal punto di vista della povertà:

a) Livello sponsale (3-15: 2860-2863): La vita povera rende possibile l'amare-toccare-stare unita a Gesù in una forma di fruizione di enorme bellezza: Gesù è il pretendente che cattura totalmente nella spirale dell'amore, è colui che adorna la persona con l'ornamento che porta dritto all'amore pieno. Un modo d'intendere la povertà partendo dal calore dell'affetto. Vedersi amata è per Chiara la ragione che sostiene la sua opzione di povera.

b) Livello cristologico (15-24: 2864-2866): Tutto quello che si è detto sarebbe una pericolosa effusione di falso misticismo se non si comprendesse che la ragione della vita povera si radica nella realtà stessa di Gesù. Se egli non fosse entrato in questo cammino della povertà, l'avventura di questa vita sarebbe un rischio suicida. Al contrario, rendendosi conto del contenuto cristologico della povertà cristiana, le si dà la più fedele e sicura delle garanzie.

c) Livello escatologico (25-30: 2867-2878): Il cammino di una vita sempre più aderente al modo di vivere povero di Gesù svela i valori di un altro modo di vivere in pienezza che è quello dell'orizzonte della fede. Precisamente l'inserire l'opzione nel cuore di Gesù e in un modo di vita estremo ma gioioso, fanno sì che il desiderio di pienezza non sia un sogno falso. ma un impulso per la vita, un desiderio che nasce dalla più concreta e dura esperienza dell'oggi. Crediamo che la mistica di una opzione di vita povera che qui si studia sia lontana dalle false alienazioni o dalle distorsioni della realtà. È entrando in queste profondità che una opzione di vita evangelica nell'alveo della povertà può giungere a dare senso assoluto all'opzione cristiana.

Tutte le lettere di Chiara si risolvono, in ultima analisi, in questo guardare a fondo la realtà di Gesù. Per questo, quando Chiara ha compreso che nella povertà si assume lo stesso destino del Crocifisso, si è tuffata a fondo in essa, non come se volesse fare della vita povera un duro campo di battaglia ascetico o istituzionale, ma come il maggior dono e la maggiore possibilità che le si offriva nella sua vita. Non c'è da meravigliarsi che Chiara abbia avvolto tutto ciò in un evidente tono di affetto, poiché comprende l'opzione di vita nella linea della povertà come il segno affettuoso e caldo di Colui che le si offre in totale apertura e amore. Misteri delicati e intensi della vita di fronte al Regno.

 

 

Seconda Lettera

alla Beata Agnese di Praga

(Tra il 1234 e il 1238)

 

1  Alla figlia del Re dei re, alla serva del Signore dei dominanti (Ap 19,16; 1Tm 6,15), alla sposa degnissima di Gesù Cristo e perciò regina nobilissima Donna Agnese, 2 Chiara, ancella inutile (Cfr. Lc 17,10) e indegna delle Donne Povere, invia il suo saluto e laugurio di vivere sempre in perfetta povertà. 

3 Rendo grazie all'Autore della grazia, dal quale, come crediamo, viene ogni bene sommo ed ogni dono perfetto (Gc 1,17), perché ti ha adornata di tanti riconoscimenti di virtù e ti ha illustrata con segni di così alte perfezioni, 4 che, fatta diligente imitatrice del Padre, in cui è ogni perfezione (Cfr. Mt 5,48), meriti di divenire a tua volta perfetta, talmente che i suoi occhi non trovino in te nessun segno di imperfezione (Cfr. Sal 138,16).

5  E questa è la perfezione, per la quale il Re stesso ti unirà a sé nell'etereo talamo, dove siede glorioso su un trono di stelle, 6 che tu, stimando cosa vile la grandezza di un regno terreno e sdegnando l'offerta di un connubio imperiale, 7 per amore della santissima povertà, in spirito di profonda umiltà e di ardentissima carità, ricalchi con assoluta fedeltà le orme (Cfr. 1Pt 2,21) di Colui del quale hai meritato dessere sposa.

8 Ma ti so ricca d'ogni virtù, e perciò rinuncio ad un lungo discorso e non voglio aggravarti di troppe parole, 9 anche se tu non troveresti nulla di superfluo in quelle parole che potrebbero arrecarti qualche consolazione. 10 E giacché una sola è la cosa necessaria (Lc 10,42), di essa soltanto ti scongiuro e ti avviso per amore di Colui, al quale ti sei offerta come vittima santa (Cfr. Rm 12,1) e gradita.

11 Memore del tuo proposito, come unaltra Rachele (Cfr. Gn 29,16), tieni sempre davanti agli occhi il punto di partenza. I risultati raggiunti, conservali; ciò che fai, fallo bene; non arrestarti (Cfr. Ct 3,4); 12 ma anzi, con corso veloce e passo leggero, con piede sicuro, che neppure alla polvere permette di ritardarne l'andare, 13 avanza confidente e lieta nella via della beatitudine che ti sei assicurata.

14 E non credere, e non lasciarti sedurre da nessuno che tentasse sviarti da questo proposito o metterti degli ostacoli (Cfr. Rm 14,13) su questa via, per impedirti di riportare all'Altissimo le tue promesse (Sal 49,14) con quella perfezione alla quale ti invitò lo Spirito del Signore.

15 Riguardo a questo, perché tu possa percorrere più sicura la strada dei divini mandati (Cfr. Sal 118,32), attieniti ai consigli del venerabile padre nostro frate Elia, ministro generale, 16 ed anteponili ai consigli di qualsiasi altro e ritienili più preziosi per te di qualsiasi dono.

17  E se qualcuno ti dice o ti suggerisce altre iniziative, che impediscano la via di perfezione che hai abbracciata o che ti sembrino contrarie alla divina vocazione, pur portandoti con tutto il rispetto, non seguire però il consiglio di lui, 18 ma attaccati, vergine poverella, a Cristo povero.

19 Vedi che Egli per te si è fatto oggetto di disprezzo, e segui il suo esempio rendendoti, per amor suo, spregevole in questo mondo. 20 Mira, o nobilissima regina, lo Sposo tuo, il più bello tra i figli degli uomini (Sal 44,3), divenuto per la tua salvezza il più vile degli uomini, disprezzato, percosso e in tutto il corpo ripetutamente flagellato (Cfr. Mt 19,20; 27,26), e morente perfino tra i più struggenti dolori sulla croce. Medita e contempla e brama di imitarlo. 

21 Se con Lui soffrirai, con Lui regnerai (Cfr. Rm 8,17; 2Tm 2,12); se con Lui piangerai, con Lui godrai; se in compagnia di Lui morirai (2Tm 2,11) sulla croce della tribolazione, possederai con Lui le celesti dimore nello splendore dei santi (Sal 109,3), 22 e il tuo nome sarà scritto nel Libro della vita (Fil 4,3; Ap 14,22) e diverrà famoso tra gli uomini. 23 Perciò possederai per tutta leternità e per tutti secoli la gloria del regno celeste, in luogo degli onori terreni così caduchi; parteciperai dei beni eterni, invece che dei beni perituri e vivrai per tutti i secoli.

24  Addio sorella e, a causa del Signore tuo Sposo, signora carissima.

25 Abbi a cuore di raccomandare al Signore (Cfr. At 14,22) nelle tue devote orazioni me, assieme alle mie sorelle, che tutte godiamo per i beni che il Signore opera in te con la sua grazia. E raccomandaci con insistenza anche alle preghiere delle tue sorelle. 

 

Introduzione storica

Fu scritta durante il generalato di frate Elia (1232-1239), che Chiara propone fiduciosamente ad Agnese come guida nelle scelte da compiere, per vivere in altissima povertà. Questa lettera ci permette di ripercorrere brevemente la storia della concessione del Privilegio di povertà per il monastero di Praga.

Pochi mesi dopo la sua entrata in monastero (18 maggio 1235), Agnese aveva ottenuto, da Papa Gregorio IX, una bolla con la quale concedeva per sempre, a lei e alle sue sorelle, la proprietà dell'Ospedale e del monastero da lei fondato, stabilendo che i beni sarebbero serviti per il loro sostentamento. Il Papa stesso, pochi mesi dopo, accetta di tenere questi beni sotto la sua protezione (25 luglio 1235).

È forse in questo periodo che Agnese scrisse a Chiara, per chiedere consiglio sul problema della povertà, che intendeva vivere in modo assoluto, senza avere proprietà in comune.

Era il suo primo passo verso una vita di assoluta povertà. In seguito, per meglio uniformarsi allo spirito di S. Damiano, Agnese chiese al Papa di poter seguire, anche a Praga, la "Forma vitae", che Francesco aveva scritto per Chiara e le sue sorelle.

Gregorio IX rifiutò, dicendo che, a suo avviso, il santo, con spirito materno, aveva dato a Chiara la piccola forma di vita "come latte da bere", e che Agnese e le sue sorelle avrebbero dovuto invece seguire la Regola di S. Benedetto, con l'aggiunta delle Costituzioni, da lui stesso preparate, quando era ancora cardinale (Ugolino).  Però, per venire incontro al desiderio di Agnese di legarsi alle consuetudini di San Damiano, in quella stessa occasione concedeva al monastero di Praga una specie di "Privilegium paupertatis" (15 aprile 1238).

Questa seconda lettera di Chiara va collocata nel tempo intermedio tra la richiesta di Agnese (della quale Chiara probabilmente era a conoscenza e inviata al papa con il maestro dei Crociferi di Praga nel (1237)) e la risposta del pontefice: prima del 1238, quindi intorno al 1236.

Tutto il contenuto, dal saluto iniziale in poi, è centrato sul tema della povertà ed è una esortazione a restare fedele, fino in fondo, alla vocazione ricevuta da Dio, abbracciando Cristo povero, senza lasciarsi distogliere, per i consigli di qualcuno (velato accenno allo stesso Gregorio IX), dal proprio proposito.

Il passaggio più controverso è quello riferito ad Elia, verso il quale mostra di avere grande rispetto e considerazione. Che Chiara, della quale sono noti i rapporti di amicizia con Leone e gli altri compagni di Francesco, possa essere stata in buona relazione anche con Elia appare strano e non è molto testimoniato dalle fonti.

Ma forse Chiara deve avere avuto, nella seconda generazione francescana, un ruolo più significativo di quanto non appaia.

 

Contenuto

Le caratteristiche essenziali della sequela

Come nella 1LAg, ci sono nella 2LAg tre elementi esortativi che gli autori versificano per dar loro l'andatura del canto liturgico, di un poema di amore. In quegli elementi scopriamo i livelli che compongono i nuclei essenziali della sequela a partire dall'amore povero, così come lo conobbe Chiara:

a) Livello cristologico (8-14: 2874-2876): Chiara espone la necessità di una sequela di Gesù con lucidità e discernimento (cammina con cautela... non fidarti di nessuno, né acconsentire ad alcuno che voglia strapparti da questo proposito). La sequela in opere concretamente apprezzabili non è un'insulsaggine senza capo né coda. Questa sequela lucida si fa nel modo stesso di Gesù (attraverso il sentiero delle beatitudini). Così è: senza questa adesione fondamentale e di fede alla persona di Gesù, la sequela si rende impossibile.

b) Livello sponsale (19-20: 2877-2879): Soltanto quando si vede quale sia la sorte di Gesù e si capisce che essa è stata causata dalla persona bisognosa, si comincia a giungere alla sintonia totale, all'abbraccio con Cristo povero. A tali profondità si accede soltanto come vergine povera, cioè quando di fronte a Gesù si rimuove lo strato più profondo della nostra componente affettiva, e s'infrange così la scogliera che argina una vita sotto lo sguardo risanatore di Lui.

c) Livello escatologico (21-23: 2880): In codesta comunità dal destino profondo a volte duro (se soffri con lui.. se con lui piangi) si situa la possibilità della pienezza alla quale aspira la persona (regnerai anche con lui.. con lui godrai). Questo è l'orizzonte sul quale si situa il lavoro concreto, in opere concretamente apprezzabili, di una vita nella sequela. Lì fiorirà e continuerà a vivere il desiderio di credente di una sequela in totale spoliazione.

Questi sono i meccanismi che Chiara propone per una sequela lucida e di fede. Non sono teorie di scuola, ma modi bene sperimentati di fede (non dimentichiamo che Chiara conta in quel momento 23 anni di vita evangelica). Ed è presente anche la certezza che sono cammini utili per chiunque si ponga in simile atteggiamento d'animo.

 

 

Terza Lettera

alla Beata Agnese di Praga

(Inizio 1238)

 

(1) Alla signora per lei reverendissima nel Cristo e alla sorella da amare prima di tutte le mortali, Agnese, sorella dell'illustre re di Boemia, ma ora sorella e sposa del sommo Re dei cieli, (2) Chiara, umilissima e indegna ancella del Cristo e serva delle povere dame, gaudi della salvezza nell'autore della salvezza e tutto ciò che di meglio si può desiderare.

(3) Poiché dalla tua buona salute, dallo stato felice e dai prosperi successi arguisco che nella corsa intrapresa per ottenere la ricompensa celeste, sei piena di vigore, sono piena di tanto gaudio (4) e respiro tanta esultanza nel Signore, quanto conosco e considero che tu supplisci meravigliosamente in me e nelle altre sorelle il difetto nella imitazione delle vestigia di Gesù Cristo povero e umile.

(5) Veramente posso godere, né alcuno potrebbe farmi aliena a tanto gaudio, (6) mentre, tenendo già ciò che sotto il cielo ho ardentemente desiderato, ti vedo, sostenuta da una meravigliosa prerogativa di sapienza proveniente dalla bocca stessa di Dio, soppiantare in una maniera terribile e inopinata le astuzie dello scaltro nemico, l'orgoglio che perde la natura umana, la vanità che rende stolti i cuori umani; (7) e ti vedo abbracciare con l'umiltà, la forza della fede e le braccia della povertà, il tesoro incomparabile nascosto nel campo del mondo e dei cuori umani, con il quale si compra colui dal quale tutto èstato fatto dal nulla; (8) e per usare propriamente le parole dell'Apostolo stesso, ti considero adiutrice di Dio stesso e colei che solleva le membra cadenti del suo corpo ineffabile.

(9) Chi direbbe dunque che non godo di tante mirabili gioie? (10) Godi dunque sempre nel Signore anche tu, carissima, (11) né ti inviluppino l'amarezza e la nebbia, o dilettissima signora in Cristo, gaudio degli angeli e corona delle sorelle;
(12) fissa la tua mente nello specchio dell'eternità, fisa la tua anima nello splendore della gloria,
(13) fissa il tuo cuore nella effigie della divina sostanza e attraverso la contemplazione trasforma tutta te stessa nell'immagine della sua divinità,
(14) per sperimentare anche tu ciò che provano gli amici gustando la nascosta dolcezza, che Dio stesso ha riservato fin dall'inizio ai suoi amanti. (15) E lasciati affatto da parte quelli che, nel mondo fallace e perturbabile irretiscono i loro ciechi amanti, ama totalmente colui, che per il tuo amore ha donato tutto se stesso, (16) la cui bellezza ammirano il sole e la luna, i cui premi e la loro preziosità e grandiosità non hanno fine; (17) voglio dire il Figlio dell'Altissimo, che la Vergine ha partorito e dopo il parto del quale èrimasta vergine. (18) Sta attaccata alla dolcissima madre sua, che ha generato un tale Figlio, che i cieli non potevano contenere, (19) e tuttavia ella ha raccolto nel piccolo chiuso del sacro utero e ha portato nel grembo di adolescente.

(20) Chi non aborrirebbe le insidie del nemico del genere umano, che per mezzo del fasto di momentanee e fallaci glorie spinge a ridurre a nulla ciò che èpiù grande del cielo? (21) Ora èchiaro che, per grazia di Dio, la più degna di tutte le creature, l'anima dell'uomo fedele, èpiù grande del cielo, (22) poiché i cieli, con le altre creature, non possono contenere il Creatore e solo l'anima fedele èsua dimora e suo seggio, e ciò soltanto grazie alla carità di cui mancano gli empi, (23) come dice la Verità: Chi ama me sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò, e verremo a lui e faremo dimora presso di lui.

(24) Come dunque la gloriosa Vergine delle vergini lo ha portato materialmente, (25) così anche tu, seguendo le sue vestigia, specialmente quelle della umiltà e della povertà, lo puoi sempre portare, senza alcun dubbio, spiritualmente in un corpo casto e verginale, (26) contenendo colui dal quale tu e ogni cosa siete contenute, possedendo ciò che anche paragonato con gli altri possessi transeunti di questo mondo possiederai più fortemente. (27) In ciò s'ingannano certi re e regine mondani, (28) le cui superbie, anche se ascendessero fino al cielo e il cui capo anche toccasse le nubi, alla fine saranno ridotti a un letamaio.

(29) A proposito delle cose per le quali tu mi hai già domandato di aprirmi a te, (30) cioèquali sarebbero le feste - come credo tu abbia fino a un certo punto calcolato - che il nostro gloriosissimo padre san Francesco ci avrebbe esortato di celebrare in modo speciale con una variazione di cibi, ho pensato che bisognava rispondere alla tua carità. (31) La tua prudenza avrà saputo che, eccettuate le deboli e le malate, per le quali ci ha esortato e comandato a usare ogni discrezione possibile riguardo a ogni cibo, (32) nessuna di noi sana e valida dovrebbe mangiare se non cibi quaresimali soltanto, tanto nei giorni feriali che in quelli festivi, digiunando ogni giorno, (33) eccettuate le domeniche e il Natale del Signore, nei quali dovremmo mangiare due volte al giorno. (34) E così pure il giovedì, in tempo ordinario, a volontà di ciascuna, cosicché chi non volesse non sarebbe tenuta a digiunare. (35) Tuttavia noi sane digiuniamo ogni giorno, eccetto la domenica e il Natale. (36) Per tutto il tempo di Pasqua però, come dice lo scritto del beato Francesco, e nelle festività di Santa Maria e dei santi apostoli nemmeno siamo tenute, salvo che queste feste non cadano di venerdì; (37) e come èstato detto sopra, sempre che siamo sane e valide, noi mangiamo cibi quaresimali.

(38) Ma siccome la nostra carne non è carne di bronzo, né la nostra forza è la forza della pietra, (39) ché anzi siamo fragili e proclive a ogni debolezza corporale, (40) carissima, io ti prego e ti domando nel Signore di ritrarti saggiamente e discretamente da una certa austerità nell'astinenza, indiscreta e impossibile, che ho saputo tu hai intrapreso, (41) affinché vivente confessi il Signore, e renda al Signore il tuo ossequio ragionevole e il tuo sacrificio sempre condito di sale.

(42) Sta bene nel Signore, come io mi auguro di stare bene e raccomanda sia me che le mie sorelle nelle tue sante orazioni.

 

Introduzione storica

Questa terza lettera fu scritta da Chiara, per rispondere ad alcune domande di Agnese sul problema del digiuno.

La Formula vitae, data dal cardinale Ugolino alle Sorelle povere nel 1219, prescriveva un digiuno perpetuo; inoltre, il mercoledì e il venerdì, fuori dal tempo di Quaresima, dovevano astenersi dal companatico e dal vino, nutrendosi solo di frutta o erbe crude. Durante la Quaresima maggiore e quella di san Martino, dovevano digiunare a pane e acqua, rispettivamente quattro e tre giorni la settimana.

Agnese, forse desiderando un'osservanza più evangelica e vicina alle primitive norme, date da Francesco, scrive a Chiara, per chiedere consiglio. Chiara le rispose, inviandole questa terza lettera, in cui le espone la prassi del digiuno in vigore nel suo monastero, riferendosi anche a uno scritto di Francesco per le sorelle, che non è giunto sino a noi.

Le spiega che tutte le sorelle, ad eccezione di quelle deboli e inferme, si nutrono sempre di cibi quaresimali, sia nei giorni feriali che nei festivi, digiunando ogni giorno, tranne le domeniche e il Natale, nei quali potevano prendere cibo due volte (Gregorio IX aveva dato, alle monache di san Damiano, l'obbligo dell'astinenza perpetua dalla carne, come si praticava nell'Ordine cistercense). Il digiuno, dice Chiara, è facoltativo nei giovedì fuori dai tempi di speciale penitenza. Le sorelle, poi, non sono tenute a digiunare nelle feste liturgiche principali, a meno che non cadano di venerdì.

 Agnese, probabilmente, si servì delle stesse parole di Chiara, quando richiese a Gregorio IX di mitigare le norme sul digiuno a causa della rigidità del clima della sua regione. Il Papa risponderà con due lettere: nella prima (5 maggio 1238) accoglie la proposta di Agnese e mitiga le norme sul digiuno, secondo la prassi di san Damiano; nella seconda (18 dicembre 1238) riconferma l'obbligo di osservare le disposizioni presenti nella sua "Formula vitae", senza approvare una nuova Regola, propostagli da Agnese e vicina alla "Forma vivendi" di Francesco per le Damianite.

Tutti questi dati ci permettono di situare la terza lettera tra la fine del 1237 e l'inizio del 1238.

In essa emerge il grande desiderio di Agnese di conformarsi in tutto alle consuetudini di vita di Chiara e la gioia di quest'ultima nel vedere tale determinazione in Agnese, al punto che non esita a considerarla al pari degli Apostoli, per aver rinunciato a vanità e superbia e aver abbracciato l'umiltà e la povertà.

È la prima volta, nella storia della Chiesa, che un tale titolo viene attribuito a una donna.

 

 Contenuto

La contemplazione nella fede

In una forma non strutturata, la 3LAg svela gli elementi fondamentali della contemplazione nella fede:

a) Un atteggiamento di letizia: Il desiderio di fare di Gesù il centro della vita può partire solo da un cuore coraggioso, equilibrato e, in fondo, fiducioso e lieto.

b) Uno sforzo tecnico: Abbiamo evitato di voler identificare la contemplazione nella fede di Chiara con una concreta tecnica contemplativa perché, in fondo, nel suo caso è proprio così. Tuttavia, nella progressione fissa i tuoi occhi - fissa la tua anima - fissa il tuo cuore c'è tutto un abbozzo di tecnica orante che sta parlando di come il fatto contemplativo è un vero lavoro nel quale tutta la persona dovrebbe entrare nella danza. Contemplare Gesù non è qualche cosa di indistinto, brumoso e in concreto, ma, precisamente per l'intensità della ricerca, qualcosa che deve progressivamente materializzarsi in maniere palpabili nell'accostarsi al Messaggio.

c) La meta: il cambiamento della persona: Quando Chiara propone ad Agnese come meta di questa preghiera quel trasformati interamente nell'immagine della sua divinità (13: 2888) forse sta dicendo qualche cosa di molto concreto: il lavoro del contemplare nella fede deve giungere a riorientare la totalità della persona, di vivere e operare secondo lo stile con il quale il Dio della salvezza opera con la storia (questo è il senso di a immagine e somiglianza secondo il testo basilare di Gn 1,27). In questo caso la contemplazione non è un'attività spirituale senza finalità, ma mira a quella persona nuova, uomo del Regno, per la quale il cammino storico del Gesù evangelico ha avuto tutto il suo senso. Si apparenta, inoltre, con le radici più profonde della realtà umana, fusa così nel medesimo obiettivo della fede.

d) Amare totalmente Colui che totalmente si donò per amore: In questa bella frase di risonanza paolina Chiara concentra tutto il senso del contemplare cristiano. In fondo si tratta di un dono che ha fatto intravedere un altro dono. Si tratta di mettere in moto e sbloccare i meccanismi più fondamentali e costitutivi della persona, orientandoli secondo i criteri e la maniera di vivere di Colui che ha fatto della sua vita e della sua persona un opera di assoluta dedizione all'umano. Il carattere sublime di questa impostazione non esclude il lavoro  lento,  paziente,  tenace

 e fedele nell'aderire progressivamente in concreto a una vita che include praticamente il dinamismo del dono di Gesù.

Contemplare per la Chiesa

La 3LAg 3-8 suggerisce quale dovrebbe essere uno dei frutti più gioiosi e fecondi di tutta quest'opera di adesione a Gesù che ci si offre. La clarissa credente che entra in questo cammino, si converte in cooperatrice dello stesso Dio e sostenitrice delle membra vacillanti del suo Corpo ineffabile. Con questa maniera di vedere le cose, si libera il contemplare cristiano da quel pericoloso intimismo che è stato, a volte, la sua stessa distruzione. E più ancora, inserisce la preghiera nella realtà ecclesiale toccando, per risanarla, la componente più debole della stessa.1 così che l'opera credente contribuisce in modo decisivo alla riorientazione e alla guarigione definitiva del lato sofferente della storia e della chiesa. Questa è la preghiera feconda, salvifica, preghiera dello stesso Gesù. E, infine, un modo bello ed evangelico di intendere e di vivere come clarissa nel contesto della realtà ecclesiale. Per trasformarlo in vita.

Un digiuno in base al Vangelo

Abbiamo già detto come la 3LAg sia stata forse un testo clariano notevolmente preferito per questo passo (3LAg 29-41: 2895-2897), che parla dei modi ascetici della clarissa. Riteniamo che, letto senza forzature, il pensiero di Chiara sul digiuno sia un pensiero mitigatore e restrittivo rispetto ai costumi dell'epoca. Perciò stesso crediamo che sia un modo evangelico di intendere l'argomento, poiché nel Vangelo le pratiche ascetiche sono subordinate all'adesione a Gesù e al bene della persona. Nella sua misura e nel suo contesto, Chiara fa capire ancora una volta che la cosa più essenziale è la sintonia evangelica insieme con il bene del fratello. Il resto, in relazione e in subordinazione a ciò. Visione sensata e credente.

 

 

Quarta Lettera

alla Beata Agnese di Praga

(tra il febbraio e i primi di agosto 1253)

 

(1) Alla metà dell'anima sua e allo scrigno dell'amore singolare del suo cuore, all'illustre regina, alla sposa dell'Agnello Re eterno, a donna Agnese, madre sua carissima e figlia fra tutte le altre speciale, (2) Chiara, indegna serva di Cristo e ancella inutile delle sue ancelle che dimorano nel monastero di San Damiano di Assisi, (3) salute e che con trono di Dio e dell'Agnello e che segua l'Agnello dovunque andrà.

(4) O madre e figlia, sposa del Re di tutti i secoli, benché non ti abbia scritto frequentemente, come la tua e la mia anima ugualmente desiderano e in certo modo bramano, non meravigliarti (5) e non credere in alcun modo che l'incendio della carità verso di te arda meno soavemente nelle viscere di tua madre. (6) Questo èl'impedimento: la mancanza di messaggeri e i manifesti pericoli delle strade. (7) Ma ora, scrivendo alla tua carità godo ed esulto con te nel gaudio dello spirito, o sposa di Cristo, (8) perché come l'altra vergine santissima, santa Agnese, sei stata meravigliosamente fidanzata all'Agnello immacolato, che toglie i peccati del mondo, abbandonate tutte le vanità di questo mondo.

(9) Felice certo colei a cui è dato di godere di questo sacro banchetto, per aderire con tutte le fibre del suo cuore a colui

(10) del quale tutte le beate armate dei cieli ammirano incessantemente la bellezza, (11) il cui amore appassionata, la cui contemplazione ristora, la cui benignità sazia; (12) la cui soavità riempie, la cui memoria brilla soavemente, (13) al cui odore i morti rivivranno, la cui visione gloriosa renderà beati tutti i cittadini della celeste Gerusalemme;  (14) poiché egli è lo splendore dell'eterna gloria, il candore della luce eterna e lo specchio senza macchia.

(15) Questo specchio, guardalo ogni giorno, o regina, sposa di Gesù Cristo, e di continuo scruta attentamente in lui il tuo volto, (16) cosicché interiormente ed esternamente tutta ti adorni, avvolta e cinta di vari colori, (17) adornata pure con i fiori e le vesti di tutte le virtù, come conviene, figlia e sposa carissima del sommo Re. (18) In questo specchio poi rifulge la beata povertà, la santa umiltà e l'ineffabile carità, come potrai contemplare in tutto lo specchio, con la grazia di Dio.

(19) Considera, dico, il principio di questo specchio, la povertà di colui che è stato posato in un presepe e avvolto in pannicelli. (20) O ammirabile umiltà, o stupenda povertà! (21) Il Re degli angeli, il Signore del Cielo e della terra posato nel presepe. (22) In mezzo allo specchio poi considera l'umiltà, almeno la beata povertà, gli innumerevoli disagi e le pene che ha sostenuto per la redenzione del genere umano. (23) Alla fine di questo stesso specchio contempla la carità ineffabile, per la quale ha voluto patire sull'albero della croce e morirvi con un genere di morte più turpe di ogni altro.

(24) Così lo stesso specchio, posto sul legno della croce, ammoniva egli stesso i passanti di ciò che là bisognava considerare, dicendo: (25) O voi tutti che passate per via, considerate e vedete se c'è un dolore pari al mio; (26) rispondiamo, dice, d'un solo spirito, a colui che grida e si lamenta d'una sola voce: Nella mia memoria mi ricorderò e la mia anima in me si struggerà.

(27) Possa tu dunque, o regina del celeste Re, accenderti sempre più fortemente di questo ardore di carità (28) Contemplando inoltre le indicibili sue delizie, ricchezze e onori perpetui (29) e sospirando per l'eccessivo desiderio e amore del cuore, proclami: (30)  Trascinami dietro a te, corriamo seguendo l'odore dei tuoi unguenti, sposo celeste!

(31) Correrò e non verrò meno, finché tu non m'introduca nella cella del vino, (32) finché la tua sinistra non sia sotto il mio capo e la tua destra non mi abbracci felicemente, e tu mi baci con il più felice bacio della tua bocca.

(33) Posta in questa contemplazione, abbi memoria della tua madre poverella, (34) sapendo che io ho inciso inseparabilmente la tua felice memoria nelle tavole del mio cuore, avendoti tra tutti come la più cara.

(35) Che più? Nella dilezione di te taccia la lingua carnale; o piuttosto parli la lingua dello spirito. (36) O figlia benedetta poiché la dilezione che ho verso di te, in alcun modo si potrebbe esprimere più pienamente con lingua carnale, (37) ciò che ti ho scritto incompiutamente, ti prego di accoglierlo benignamente e devotamente, badando in esso almeno all'affetto materno, del cui ardore di carità ogni giorno ardo per te e per le figlie tue, alle quali raccomanda molto ma e le mie figlie in Cristo. (38)  Le medesime mie figlie, ma specialmente la prudentissima vergine Agnese, sorella nostra, per quanto possono, si raccomandano nel Signore a te e alle tue figlie.

(39)  Sta bene, carissima figlia, insieme alle figlie tue fino al trono di gloria del grande Iddio e pregate per noi.

(40)  Con la presente per quanto posso, raccomando alla tua carità i latori della medesima, i carissimi fratelli nostri frate Amato, amato da Con la presente per quanto posso, raccomando alla tua carità i latori della medesima, i carissimi fratelli nostri frate Amato, amato da Dio e da gli uomini e il frate Bonagura. Amen

 

Introduzione storica

È stata scritta negli ultimi mesi della vita di Chiara: è, infatti, la lettera di addio, in cui la santa Madre apre le profondità del suo spirito alla figlia prediletta, per attrarla nella stessa esperienza di beatitudine.

Si coglie il presentimento della morte vicina e l'anima di Chiara ormai tutta protesa verso il pieno possesso dei beni futuri. È quasi un testamento spirituale: sono predominanti i temi del martirio e delle nozze mistiche, accentuate, in lei, per la morte imminente e l'imminente incontro con il Signore (forse per questo è lo scritto di Chiara con il più alto numero di citazioni del Cantico dei Cantici).

Nella lettera è testimoniata la presenza, in san Damiano, della sorella Agnese, che, dopo essere stata inviata come abbadessa a Monticelli di Firenze, era tornata accanto a Chiara all'inizio del 1253.

Tra la prima e l'ultima lettera sono passati circa vent'anni, durante i quali l'amicizia tra le due donne, così lontane eppure così vicine, si è andata rafforzando.

Non sempre la loro corrispondenza è stata fitta, come avrebbero desiderato e di questo Chiara si scusa all'inizio della lettera, attribuendone la causa di ciò alla mancanza di messaggeri e ai pericoli delle strade.

 

 Contenuto

Amare Gesù povero

Per mezzo di un tema medievale molto diffuso all'epoca (il tema dello specchio), la 4LAg 14-26: 2902-2904, descrive il campo dell'amore sponsale di Chiara e della clarissa in tre magistrali abbozzi che delineano il fatto salvifico di Gesù avvolto nella povertà:

* Gesù è un mondo per l'amore all'inizio del suo cammino povero che è il momento della sua nascita (anche Francesco vedeva così il mistero della nascita di Gesù, secondo Uff Sal 2,4ss). Intendere il suo inizio a partire dalla povertà è intenderlo come la sua offerta assoluta alla storia umana.

*Inoltre, al centro della sua vita, quello di Gesù è mistero di povertà. Così intende Chiara tutta l'opera di solidarietà del Gesù storico nel suo incredibile sintonizzarsi con la profondità ferita della nostra realtà umana.

*E infine, è chiaro, è la morte di Gesù povero, nudo e abbandonato ciò che provoca in Chiara, la donna che ama il Crocifisso, tutta una gamma di risposte che la fede trasforma in solidarietà e adorazione.

Tutto l'essere credente di Chiara è immerso in questa visione profonda e credente della povertà salvifica di Gesù. Questo è l'amore che rende felici, la contemplazione che ristora, la benignità che ricolma, la soavità che pervade tutta l'anima, il ricordo che illumina, il profumo che dà vita (4LAg 11-12: 2901). Amore singolare e vivo al di là di ogni povertà, che trasforma ogni limitazione, legge a fondo la realtà salvatrice del povero di Nazaret. Amore di donna, amore di credente.

 Attirami!

Questo è il desiderio forte che sente Chiara e che la 4LAg 28-34: 2906-2907 esprime con parole prese in prestito dal Cantico dei Cantici (1,1; 2,45): Attirami! Che il tenero abbraccio e il bacio intenso dicano ciò che le parole riescono solo a insinuare; che l'amore per Gesù non sia fatto solo di idee, ma sia un amore vertiginoso e travolgente; che la consolazione della fede non sia fatta solo di promesse religiose, ma sia una risposta di amore. Attirami!, questo è l'anelito di Chiara, quello per il quale ha impegnato la totalità della sua vita, la ragione viva per la quale il lungo e duro cammino della sua esistenza non solo non ha deteriorato la sua integrità personale, ma l'ha portata alla sua pienezza totale. Per cogliere la bella profondità di tutto questo bisognerebbe entrare in una identica dinamica di amore al Crocifisso.

Nel profondo del mio cuore

Là Chiara porta Agnese, sua sorella, nell'anelito evangelico: Sappi che io porto il tuo caro ricordo inseparabilmente impresso nel profondo del mio cuore (4LAg 34: 2907). La 4LAg è il canto amoroso della donna credente al Crocifisso alla stessa maniera che è anche, in correlazione, la più ineffabile espressione di affetto verso colei che viene considerata partecipe degli aneliti più desiderati. Perciò la lingua umana rinunci a esprimere l'amore che provo per te (4LAg 35: 2908). Zampilli viva l'abbondanza di amore di un cuore che crea legami molto forti nella vita e nella fede. Agnese di Praga non poteva ricevere un commiato più credente e più amoroso da colei con la quale aveva condiviso tanto intensamente l'avventura del Vangelo nell'amabile corrente francescana.

 

 

Lettera a Ermentrude di Bruges

 

1 A Ermentrude, sorella carissima, Chiara d'Assisi, umile ancella di Gesù Cristo, augura salute e pace.

2 Ho appreso, sorella carissima, che, con l'aiuto della grazia del Signore, sei fuggita dal fango di questo mondo; 3 ne provo grande allegrezza e mi congratulo con te; e ancor più grande è la mia gioia, perché so che tu e le tue figlie con coraggio camminate nella via della virtù.

4 Rimani, dunque, o carissima, fedele fino alla morte a Colui, al quale ti sei legata per sempre. E certamente sarai da Lui coronata con la corona della vita (Gc 1,12). 5 Il tempo della fatica quaggiù è breve, ma la ricompensa (Cfr. Sap 10,17; Sir 18,22) è eterna. Non ti abbaglino gli splendori del mondo, che passa come ombra (Gb 14,2). 6 Non ti sorprendano le vuote immagini di questo mondo ingannatore; chiudi le tue orecchie ai sibili dell'inferno e spezza da forte le sue tentazioni. 7 Sostieni di buona voglia le avversità e la superbia non gonfi il tuo cuore nelle cose prospere; queste ti richiamano alla tua fede, quelle la richiedono.

8 Rendi fedelmente a Dio quello che hai promesso con voto (Cfr. Sal 75,12), ed Egli ti darà la ricompensa. 9 Alza i tuoi occhi al cielo, o carissima, poiché è un invito per noi, e prendi la croce e segui (Cfr. Lc 9,23) Cristo che ci precede. 10 Poiché dopo molte e varie tribulazioni, è Lui che ci introdurrà nella sua gloria (Ap 14,21; Lc 24,26). 11 Ama con tutto il cuore Dio (Dt 11,1; Lc 10,27; 1Cor 16,22)), e Gesù, suo Figlio crocifisso per noi peccatori, e non cada mai dalla tua mente il ricordo di Lui. 12 Medita senza stancarti il mistero della croce e i dolori della Madre ritta ai piedi della croce (Cfr. Gv 19,25).

13 Sii sempre attenta e vigile nella preghiera (Cfr. Mt 26,41). 14 Porta alla sua consumazione il bene che hai incominciato, e adempi (Cfr. 2Tm 4,5-7) il mistero che hai abbracciato in santa povertà e in umiltà sincera.

15 Non temere, o figlia: Dio che è fedele in tutta le sua promesse e santo nelle sue opere (Sal 144,13), effonderà su di te e su tutte le tue figlie la benedizione copiosa. 16 Egli sarà il vostro aiuto, il vostro insuperabile conforto, come è il nostro Redentore e la nostra eterna ricompensa.

17 Preghiamo Dio l'una per l'altra  (Gc 5,16), e così, portando il giogo della carità vicendevole, con facilità adempiremo la legge di Cristo (Gal 6,2). Amen

 

Introduzione storica

Ermentrude è stata una delle protagoniste del movimento religioso femminile del XIII secolo. Nata a Colonia, da una nobile famiglia (era figlia del balì di quella città), con il consenso del suo confessore, nel 1240 aveva lasciato la sua patria, per intraprendere una lunga peregrinazione in terre straniere, un grande pellegrinaggio, che la portò nelle Fiandre. Qui si stabilì, accompagnata da una serva di nome Vittoria (Sapienza), in un piccolo eremo a san Bavone, nei pressi di Bruges, dove visse per circa dodici  anni.

Avendo sentito parlare di Chiara e della forma di vita delle sorelle povere, decise di compiere un viaggio in Italia, per conoscere di persona santa Chiara e chiedere al Papa l'autorizzazione a trasformare il suo reclusorio in monastero di Damianite. Secondo Melissano, quando Ermentrude giunse a Roma, Chiara era già morta, mentre secondo altri documenti riuscì a far visita alla santa. Da papa Innocenzo IV (1243-1254), secondo alcuni, o da Alessandro IV (1254-1261), secondo altri, ottenne la desiderata approvazione.

Tornata a Bruges, Ermentrude iniziò la costruzione del monastero, in cui introdusse l'osservanza della Regola di santa Chiara. Verso il 1260, a causa del gran numero di vocazioni, che continuavano ad affluire, Ermentrude e le sue sorelle si trasferirono in un altro monastero, dedicato a santa Maria di Betlemme, dentro le mura di Bruges.

Questo monastero fu il centro di irradiazione della vita clariana nelle Fiandre. In breve tempo, con l'autorizzazione del Papa, fondò altre comunità. Non si conoscono il luogo e la data della morte di Ermentrude.

Purtroppo non c'è traccia di questa lettera nella tradizione manoscritta: la si conosce soltanto attraverso l'edizione fatta, per l'anno 1257, nel Supplemento agli "Annales Minorum" del Wadding (dove Antonio Melissano da Macro, trattando delle origini delle Clarisse di Fiandra, presenta una lunga narrazione sulla vita di Ermentrude di Bruges e riporta il testo di una lettera, che Chiara le avrebbe inviato), ma questo non è certamente l'originale e forse è il condensato di due o più lettere. I contenuti, comunque, appaiono decisamente clariani, perché vicini per temi e pensieri a quelli delle Lettere a sant'Agnese di Praga: è un riassunto dei temi fondamentali dell'opzione clariana, ma il tema centrale è quello della sequela di Cristo, vissuta come cammino di dura lotta nella fede, con tenacia, durezza, desiderio.

 

 Contenuto

La fedeltà attiva

Dalla LEr si deduce un tipo di fedeltà all'ideale evangelico che non guarda indietro, che non tenta di ripetere le cose di sempre, che non fa legge con l'argomento accettato a priori che è stato sempre così. Al contrario, come è il caso dell'attesa attiva di cui parlano tanto i Vangeli (soprattutto Matteo), la fedeltà secondo la LEr è tenace (sii, dunque, fedele fino alla morte), combattiva (resistile valorosamente), coraggiosa (nessun timore ti trattenga), sagace (sii cauta). Non è il vivere senza discernimento al ritmo ciclico e inesorabile di un calendario che sta lì e che non posso né voglio modificare. È il modo fedele del credente nel Nuovo Testamento che pensa che il giorno del Signore può essere anticipato, se si vive intensamente la vita e la fede. E che può essere ritardato se si vive l'esperienza di fede e quella quotidiana in forma trascurata e senza la sana tensione interna che rende feconda la fede.

 

 La sequela nella durezza

 Chi pensasse che la LEr è un insieme di formule stereotipe senza contenuto, si sbaglierebbe. È un riassunto dei temi fondamentali dell'opzione clariana. Perciò, il tema della sequela è centrale. E, inoltre, la sequela è esposta qui come un cammino di dura lotta nella fede. E ciò non soltanto per il classico tema di prendere la croce di Lc 9,23, ma anche per la singolare espressione di At 14,22: Attraverso molte tribolazioni si entrerà nel regno di Dio. Questa frase è la predicazione di Paolo alle comunità di Derbe, Listra, Iconio al suo ritorno ad Antiochia al termine della prima fase della missione. Si vede che l'esperienza cristiana, vissuta e percepita in maniera incipiente, non si presentava come molto facile. Paolo esorta con il maggiore realismo: essere cristiani non è facile; bisogna avere audacia di vita e di fede. Queste stesse cose dice Chiara a Ermentrude. La sequela si fa nella durezza, nella tenacia, nel desiderio. È necessario che ciò sia chiaro in ogni momento.

Cristocentrismo radicale

 Precisamente perché la LEr si basa sulle tesi fondamentali dell'esperienza cristiana, il centro è occupato da quel radicale cristocentrismo che caratterizza lo spirito francescano. A quel Gesù la clarissa dedica il meglio della sua vita (ama con tutte le forze della tua anima) sapendo che ciò deve ottenere solidi benefici di fede (che il suo pensiero salutare non si assenti dal tuo spirito). Il cammino per questo apprendistato del fondo salvifico di Gesù è una vita di ricerca, stretta intorno alla croce di Gesù (medita assiduamente i misteri della sua Passione), come fece Francesco in tutta la sua vita, soprattutto alla fine. La figura di Maria, intera e viva ai piedi della croce, è anch'essa un incoraggiamento utile. Tutta la vita va girando intorno a questo centro che è la persona del Gesù salvifico. Così l'esistenza della clarissa è ben piantata sulle solide basi della vita cristiana e di li potrà affrontare qualunque difficoltà che la vita le procuri.

Resistenza credente

 All'interno del non molto ampio uso di un vocabolario di resistenza negli scritti francescani, la LEr parla di resistere valorosamente a tutto quel mondo di inganno e di falsità che è la superficialità e banalizzazione della vita. Ma inoltre, c'è un tratto di evidente resistenza quando Chiara ricorda, come no, l'ambito di verità nel quale deve muoversi la clarissa: la minorità (Persevera sino alla fine nella tua vocazione, servendo il Signore in santa povertà e umiltà). E lì dove la clarissa (il francescano in generale) si gioca il tutto per tutto del suo peculiare modo di intendere e di vivere il Vangelo. Non ci si deve meravigliare che Chiara abbia ben sottolineato questo aspetto, seppure in un breve scritto come il presente. Non per niente fece di ciò, come abbiamo visto in numerose occasioni, il luogo della sua lotta e della sua verità.

Preghiera e affetto

Tutta questa semplice, ma bella sintesi dei valori essenziali del francescanesimo viene sigillata dalla preghiera mutua come miglior sigillo dell'affetto e del cammino comune di fede (Preghiamo l'una per l'altra). Quando la stima e l'affetto si portano sul terreno della preghiera, tanto la componente di fede come quella umana ne escono potenziate. E più ancora, unite in quel giogo soave della carità, sapendosi l'una nell'altra, e sempre più se stessa, è allora che la possibilità del messaggio compiuto sarà più a portata di mano (osserviamo più facilmente la legge di Cristo). Questo è il modo clariano di mescolare vita e fede, fraternità e Vangelo, cuore e messaggio creduto. La LEr si muta, a partire dalla sua apparente povertà, in un incoraggiamento che vuole aiutare la clarissa in questo impegno definitivo di tutta una vita orientata verso il Vangelo. Incoraggiamento credente, fraterno e cordiale.