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E’ in corso il Congresso Clariano “Clara Forma vitae, forma viva..” ad Assisi. Riportiamo di seguito due articoli che trattano di alcuni temi oggetto di discussione in assemblea.
Basilica di san Francesco in Assisi, www.sanfrancescopatronoditalia.it , 09 febbraio 2012
Scarica il programma In esclusiva per i nostri lettori, le clarisse di tutto il mondo ad Assisi
[dal sito OFM.org, cronaca del 08 febbraio, NdR]
Il tema di oggi è la formazione, in tutte le sue fasi. Ci affidiamo allo Spirito Santo perché infonda in noi la sapienza e purifichi il nostro cuore, operando ciò che ha compiuto in Salomone e in ogni discepolo, come la Parola di Dio oggi ci ha ricordato.
La mattinata è intensa di comunicazioni. Sr. Incarnacion e sr. Marie Esther ci raccontano la situazione dei monasteri rispettivamente delle federazioni dell’Asia e dell’associazione africana francofona. Sr. Incarnacion è costretta a fare una rapida sintesi: sono così tanti i monasteri di cui deve parlare! Molti sono riuniti in associazioni e federazioni, altri non ancora; per tutti, la sfida del confronto con culture e religioni che stimolano la ricerca del volto ‘asiatico’ di Chiara. Cartine geografiche e grafici facilitano la comprensione di quanta vita scorra nel grande continente. Sr. Marie Esther parla dei 13 monasteri dell’associazione ‘Bikira Maria’, nell’insieme piuttosto giovani, che stanno vivendo il passaggio di responsabilità tra la generazione delle fondatrici europee e le sorelle del luogo.
La relazione di fr. Paolo Martinelli ofmcap, al cuore della mattinata, offre alcuni riferimenti essenziali per la riflessione sull’oggi della formazione che potranno aiutare le sorelle a individuare, nel dialogo in gruppo, alcune piste comprensione delle sfide emergenti.
Dopo un tempo di intervallo – ma il tempo sembra sempre insufficiente in questi giorni: vorremmo incontrarci di più, riflettere di più, pregare di più, riposare di più!! – ascoltiamo le comunicazioni di quattro sorelle riguardo ai diversi ambiti della formazione. Sr. Isabel Maria e sr. Maria de la Mercedes ci parlano di esperienze di animazione vocazionale rispettivamente in Portogallo e Argentina; sr. Aurora della formazione iniziale e della collaborazione interfederale in Messico; sr. Clare Frances di un progetto per la formazione permanente negli Stati Uniti. In tutti gli interventi si percepisce il desiderio di comunicare in modo vivo e coinvolgente ai giovani, secondo la propria tradizione e cultura, il dono del carisma ricevuto, consapevoli che niente di ciò che programmiamo e facciamo deve mettere in secondo piano che il protagonista della chiamata è il Signore!
Nel pomeriggio eravamo attese dal Padre San Francesco: attorno alla sua tomba abbiamo celebrato i Vespri, anche noi suoi compagni e compagne come quei primi sepolti vicino a lui… Il Padre Custode della Basilica ci ha dato il benvenuto in quel luogo benedetto che lui e i suoi fratelli custodiscono anche a nome nostro. Ogni giorno alle 12.30 – ci ha detto – i frati lì pregano per tutti i francescani e le francescane del mondo. In questo anno centenario si sentono uniti in particolare a noi sorelle: gliene siamo grate. Dopo la lettura breve, fr. Aidan che presiede la celebrazione ci fa ascoltare alcune parole di Francesco. Ravviviamo la consapevolezza che il vero ascolto implica il mettere in pratica, come ci ha ammonito Giacomo nel testo proposto dalla liturgia come lettura breve. Quando è stata proclamata la forma vitae data da Francesco a Chiara, pareva che oggi Francesco la riconsegnasse a ciascuna di noi e a noi come Ordine… Il ritorno a Santa Maria degli Angeli, nel buio e nel vento, ci ha fatto ripercorrere il cammino di Chiara in quella notte della settimana santa.
Noi eravamo in autobus (!), ma nel cuore forse ascoltavamo l’eco che l’incontro con Francesco ha fatto risuonare nel cuore di ciascuna: c’è qualcosa da lasciare, c’è un percorso nuovo da intraprendere… Il giorno dedicato alla formazione si è concluso con l’invito-testamento del Padre santo: “Io ho fatto la mia parte, la vostra Cristo ve la insegni”.
www.ofm.org [Frati Minori], 09 febbraio 2012
[Intervento al Congresso OSC in Assisi]
Progetto di aiuto al monastero S.te Claire di Gerusalemme
Sr. Angela Emmanuela Scandella osc
Il mio contributo prevede la presentazione del progetto di aiuto al monastero S.te Claire di Gerusalemme. Non è stato facile scegliere come e cosa condividere. Spero che queste note servano a farvi partecipi dell’opera del Signore che, partita dalla terra umbra, cerca di mettere radici nella realtà gerosolimitana, dalle origini francesi.
Articolerò questo intervento raggruppando in tre punti i passi fatti sino alla situazione attuale:
1. -le vicende che ci hanno portato fino al monastero S.te Claire di Gerusalemme, alla cui rifioritura teneva anche molto il ministro generale. E’ la parte più narrativa e ordinata cronologicamente, anche se nella concretezza della vita tutto è stato molto meno lineare e semplice di quanto può apparire sulla carta.
2. -uno sguardo di insieme sul progetto. E’ un entrare dentro le vicende esteriori per coglierne un po’ più in profondità la portata e il significato.
3. -alcune considerazioni su aspetti che a mio avviso vanno tenuti presenti in queste forme di aiuto e credo utili anche al di là dell’esperienza specifica e così particolare di Gerusalemme.
1. I passi verso Gerusalemme
I passi che ci hanno portato fino a Gerusalemme non solo ricostruiscono una storia, ma spiegano anche le modalità di un progetto.
In data 24 febbraio 2007 madre C. Cristiana Ianni, ormai alla fine del suo mandato, veniva interpellata come presidente della nostra Federazione da una lettera del Custode di Terra Santa, p. Pierbattista Pizzaballa ofm, delegato dell’allora Patriarca di Gerusalemme S. Beatitudine Michel Sabbah, ordinario del monastero colettino S.te Claire, per una richiesta di aiuto di governo, orientata ad una radicale rigenerazione della comunità. Questa richiesta, motivata dall’impossibilità di ricevere aiuto dai monasteri francesi, era maturata in pieno accordo e… totale comunione con le sorelle, preparata con cura e pensata come “un legame stabile tra le clarisse di Gerusalemme e l’intera federazione umbra, in modo che tutti i monasteri possano sentirsi partecipi del dono di una nuova comunione …”. Si trattava di inviare un gruppo di sorelle…omogeneo e preparato, in modo da garantire uno stile di vita coerente e armonioso. Negli ultimi Consigli federali prendevamo atto di un convergere veramente particolare e impensabile di tanti elementi che portavano a questo incontro tra il mondo francese da cui trae origine tutta la vita contemplativa in Terra Santa e la nostra realtà italiana e umbra. La sensibilità della Chiesa di Gerusalemme attraverso il Patriarca e il Custode per la presenza delle Clarisse, la presenza in quel periodo a Gerusalemme di religiosi e frati, anche della Provincia umbra in servizio alla Custodia e legati a vario titolo ai nostri monasteri. Tutte figure significative, che il Signore ha voluto presenti e coinvolte negli inizi di questo progetto prima di chiamarli altrove. Essi hanno creduto alla possibilità di questo innesto aiutando anche le sorelle di Gerusalemme a crederlo possibile e molto hanno contribuito nel preparare menti e cuori all’accoglienza e alla disponibilità. Il Consiglio federale riconosceva la provvidenzialità di queste vicende e decideva di portare la domanda nell’ormai prossima assemblea federale (13 22 maggio 2007). Da parte sua madre C. Cristiana aveva già dato una disponibilità personale, con il parere favorevole della sua comunità, se l’assemblea federale avesse maturato la possibilità e la disponibilità per questo progetto. L’assemblea dava una approvazione di massima al progetto di aiuto, affidando alla nuova presidente e al Consiglio i passi successivi: la verifica della sua reale fattibilità e la ricerca di una metodologia per il discernimento della disponibilità effettiva delle comunità.
Le modalità concrete sono state cercate dal consiglio federale sostanzialmente in due direzioni: La conoscenza della realtà della Terra Santa e del monastero, con la valutazione delle reali difficoltà e possibilità e la ricerca della via giuridica adeguata. E poi tenere viva la sensibilità delle nostre comunità in Umbria.
E’ così iniziata la prima presa di contatto con Gerusalemme. Un primo incontro con il Custode e un primo viaggio a Gerusalemme (23 ottobre-2 novembre 2007) mio e di sr. C. Cristiana Ianni, nominata delegata del Consiglio federale per il progetto. Abbiamo imparato a conoscere la casa, le sorelle, la storia, la tradizione, le uguaglianze e le differenze. Ci siamo anche fatte conoscere dalle sorelle di Gerusalemme attraverso l’ascolto, i capitoli conventuali, lavorando con loro, parlando con chiarezza. Questo ci ha aiutato a maturare pian piano un germe di appartenenza a questa realtà e di fiducia reciproca, con la consapevolezza che ci è chiesto un lungo e paziente cammino. Ma anche possibile, nella fiducia e nell’ascolto reciproco. Confermavo così esplicitamente al Custode da parte mia la volontà e l’impegno per questo aiuto, per quanto complesso, difficile e pieno di incertezze, ma possibile e doveroso nella fede.
Al rientro in Italia il Consiglio federale programmava tre passi per il discernimento delle comunità, adempiuta la condizione previa che avevamo chiesto alle sorelle di Gerusalemme, di confermare cioè in capitolo la loro richiesta di aiuto alla luce dell’avvenuta conoscenza reciproca.
Un primo passo (13 novembre 2007): la comunicazione a tutte le comunità della Federazione dell’esperienza fatta nell’incontro con le sorelle di Gerusalemme (informare) attraverso una cronaca dettagliata del primo viaggio.
Un secondo passo (29 novembre 2007): la condivisione, attraverso una relazione scritta, del nostro sguardo sulla realtà che avevamo incontrato e cercato di comprendere e sulle motivazioni che sostenevano la decisione da parte mia e del Consiglio di proseguire nel tentativo di rispondere a questo appello (giudicare).
Un terzo passo, il più delicato e decisivo (22 gennaio 2008): la proposta di una metodologia comune di discernimento per valutare la disponibilità delle singole comunità (discernere).
Questo sussidio è stato elaborato in dialogo con la CIVCSVA che incontrandoci (9 gennaio 2008), si era impegnata a seguirci nella nostra ricerca incoraggiandoci a proseguire e verificare con prudenza ma anche con libertà giuridica, data la particolare modalità di aiuto, richiesta da un singolo monastero ad una intera Federazione. Per attivare un discernimento federale in comunione si è proposto un itinerario comune, fondato sulla preghiera e sul confronto con la Parola di Dio, rispettoso del nostro diritto proprio e dell’autonomia dei monasteri. L’iter, piuttosto articolato, accettato e apprezzato da tutte le comunità, domandava come primo passo una decisione capitolare sulla partecipazione di ciascuna comunità al progetto e, se affermativa, la scelta della forma di aiuto possibile a ciascuna comunità, con le sue caratteristiche e misure. La risposta è stata positiva e con la fantasia della carità le comunità hanno donato le 6 sorelle che compongono il gruppo (4 dall’Umbria e 2 dal Rwanda), un fondo spirituale fatto di preghiere, digiuni, sacrifici ed un fondo economico a disposizione del progetto. Un gesto molto bello, che dice lo spirito di questo aiuto è stato quello di una piccola comunità, tra l’altro senza risorse economiche, che ha risposto: ‘Non possiamo mandare una sorella, ma diamo la pensione di una sorella’. Un gesto che mi ha profondamente commosso. Il discernimento sull’idoneità delle sorelle è stato chiesto all’abbadessa e al suo discretorio, poi è stato sottoposto al consiglio federale attraverso una relazione della madre sulla sorella e infine votato dai rispettivi capitoli conventuali. Sappiamo che spesso è questo il punto debole dei progetti di aiuto e abbiamo chiesto molta serietà.
Le novità rispetto alle prassi tradizionali di attuare un aiuto per noi sono stati: la fiducia data al Consiglio come organismo propositivo e anche di verifica e il fatto che il discernimento ha interpellato e responsabilizzato le comunità come tali prima che una singola sorella.
uesto strumento per noi è stato molto importante, perchè, pur semplificato, ha continuato ad essere una traccia anche per affrontare il delicato tema dell’aiuto ai monasteri in difficoltà e si è rivelato molto utile nell’attivare all’ interno delle comunità un processo serio e concreto di formazione permanente.
Nel frattempo ricevevamo un grande incoraggiamento anche dal Prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali e dal ministro generale ,che aveva desiderato incontrarci dimostrandosi molto attento non solo al progetto in sè, ma anche alla metodologia. E soprattutto il preziosissimo aiuto nella comprensione della realtà delle Clarisse di Gerusalemme dalle sorelle del monastero S.te Colette di Assisi, dove sr. C. Cristiana Ianni si era recata per una quindicina di giorni agli inizi di dicembre 2007Un secondo viaggio di sr. C. Cristiana di più di un mese (28 gennaio-8 marzo 2008), conclusosi con una permanenza anche mia di alcuni giorni (28 febbraio-8 marzo), favoriva ulteriormente l’esperienza sul campo.
A fine marzo 2008 inviavo alle abbadesse delle nostre comunità una richiesta per la stesura di un profilo delle eventuali sorelle disponibili per il progetto. A fine aprile le comunità facevano pervenire al Consiglio federale i risultati dei loro percorsi di discernimento. Si è così delineata la fisionomia del gruppo di aiuto (27 aprile-1 maggio 2008). Contemporaneamente veniva elaborato uno statuto ad experimentum per tre anni per regolamentare il progetto, presentato in Congregazione il 29 luglio 2008 e approvato il 5 settembre, contestualmente al decreto di nomina di sr. C. Cristiana Ianni a responsabile della comunità S.te Claire fino alla celebrazione del capitolo elettivo. Lo Statuto delinea lo scopo dell’aiuto e la sua fisionomia, i rapporti tra il monastero S.te Claire e la nostra Federazione, i rapporti con la Federazione francese S.te Damien, l’aspetto economico. Si è tentata anche la stesura di un possibile testo di convenzione tra il Patriarca latino di Gerusalemme e il Custode di Terra Santa riguardo alla vigilanza del monastero S.te Claire, che poi si è ritenuto opportuno accantonare.
Il Custode ci aveva dato, sin dall’inizio, un’indicazione semplicissima e molto preziosa: «Non vi chiedo di venire a fare del monastero sainte Claire una comunità italiana, ma di pensarla come una comunità internazionale, dove con internazionale intendo soprattutto un atteggiamento interiore, prima ancora che delle scelte concrete ». Un atteggiamento interiore in cui ciascuna rimane se stessa, ma con una grande apertura e un grande rispetto per l’altra, nella sua diversità. Ci invitava a portare non una cultura, ma il carisma, incarnato nella molteplicità culturale. Abbiamo seguito questa indicazione, da cui è nato l’invito a partecipare al gruppo di aiuto fatto ai monasteri di Kamonyi e Musambira (Rwanda), fondato il primo dal Protomonastero e il secondo per gemmazione da Kamonyi, ed entrambi legati alla nostra Federazione.
Nel maggio 2008 il Consiglio federale rendeva nota alle comunità la composizione del gruppo di aiuto e programmava un tempo di convivenza delle sorelle del gruppo, dal 10 luglio al 2 settembre 2008, in parte a Orvieto e in parte presso le sorelle colettine di Assisi, per una conoscenza della realtà e della tradizione colettina in una comunità italo-francese e per l’esperienza della lingua e della liturgia francese. E’ stato un tempo prezioso per il gruppo, supervisionato dal Consiglio. Le sorelle francesi di Assisi sono state un po’ le nutrici di questo progetto, aprendo la loro casa, la loro storia, la geografia della Francia, l’amicizia, con una disarmante e bella fraternità, mettendosi molto in gioco loro stesse. Le sorelle non si sono sentite ospiti, ma veramente sorelle.
Un terzo viaggio di un mese di sr. C. Cristiana con una delle sorelle del gruppo (27 maggio-27 giugno 2008) manteneva vivo il legame con la comunità S.te Claire e permetteva di comunicare l’esito del discernimento della Federazione.
La partenza per Gerusalemme è avvenuta a scaglioni per motivi diversi.
Il 22 settembre 2008 le prime due sorelle, dal 15 ottobre al 2 novembre un nuovo viaggio mio con un’altra sorella del gruppo consentiva una verifica degli inizi. Il 23 dicembre 2008 partivano le due sorelle rwandesi, il 1 marzo e il 7 maggio 2009le ultime due sorelle, di cui una poco dopo la professione solenne. Alla luce dell’esperienza, questo si è rivelato provvidenziale perché ha permesso alla comunità di Gerusalemme di elaborare gradualmente cosa significhi concretamente l’inserimento di sei persone, piuttosto giovani, con energie, capacità, possibilità, abitudini ed entusiasmo e ha permesso anche al gruppo italiano tempi dilazionati e una certa gradualità. Ogni arrivo ha comportato un nuovo equilibrio, ma anche la possibilità di prendere in mano un ambito diverso della vita e di un ‘cambio’ nelle fatiche più grandi.
L’inserimento nei vari uffici, che non ha potuto conoscere trasmissione e gradualità è stata però anche l’occasione per conoscere la storia, le sorelle, l’eredità, le modalità di organizzazione della comunità, per coniugare continuità e novità. Molti uffici e incarichi sono stati riorganizzati daccapo. Questo ha portato tra l’altro alla scoperta graduale che le due tradizioni, chiamate ad incontrarsi, erano nel passato molto più vicine.
Il 4 agosto 2009 veniva celebrato il capitolo elettivo. Il discretorio assumeva una fisionomia internazionale e ne fanno parte anche due sorelle della comunità di Gerusalemme. Preparato con cura e serietà dal Custode attraverso l’ascolto personale e incontri comunitari e per gruppi per garantire libertà piena, ha rappresentato il momento di strutturazione della comunità, non solo quanto a governo, ma quanto all’innesto del nuovo sulla radice fragile che lo ha accolto. Momento di nuova partenza e insieme un punto di arrivo e di sintesi.
Ogni anno madre C. Cristiana presenta al Consiglio federale una relazione sul cammino della comunità. Da parte mia ogni anno visito la comunità S.te Claire, come prevede lo Statuto, ascolto le singole sorelle, verifico nei capitoli, offro un contributo formativo secondo le varie esigenze.
La vita, particolarmente intensa e che sembra aver preceduto continuamente, ha subito confrontato la comunità con un rapido movimento vocazionale. Varie ragazze di nazionalità diversa nel corso di questi anni si sono avvicinate chiedendo un aiuto nel discernimento e trascorrendo presso la foresteria periodi anche lunghi che si è cercato man mano di meglio strutturare e rendere efficaci. Nel corso del 2011 la comunità era sufficientemente preparata per accogliere le prime due postulanti, entrambe italiane. Attualmente un’altra giovane italiana sta trascorrendo un periodo di esperienza, mentre una francese ha già fatto domanda di ingresso per la prossima estate. Anche se la comunità si sta ancora strutturando e consolidando, è sembrato evidente il passaggio del Signore e una apertura verso il futuro. Si è trattato di iniziare un programma più sistematico di formazione permanente e soprattutto di strutturare la tappa formativa del postulato. E’ evidente anche che diventa più urgente dare alla fraternità un volto proprio e sempre meglio leggibile.
Dopo la mia ultima visita nell’aprile 2011 è iniziato un tempo di verifica congiunta della comunità e del Consiglio federale, mediato ancora dal Custode, che continua ad essere un preziosissimo punto di riferimento, confronto e appoggio. Le sorelle del gruppo di aiuto hanno iniziato un personale percorso di discernimento in vista della decisione di incardinarsi, prolungare il trasferimento o rientrare al monastero di origine, allo scadere -con il Capitolo elettivo dell’agosto 2012- del triennio ad experimentum. E’ stato previsto anche un tempo di rientro nella propria comunità di origine entro questo periodo, secondo le modalità richieste da ognuna.
Da parte mia credo importante anche una verifica del progetto nel suo insieme e nel suo aspetto più comunitario.
2. Uno sguardo di insieme e alcuni aspetti particolari
La decisione per l’aiuto è maturata grazie ad alcuni fattori decisivi:
- la serietà delle motivazioni addotte dal Custode nella sua richiesta Innanzitutto il rapporto delle Clarisse con la Terra Santa e con il mistero di Cristo. Nella sua lettera p. Pierbattista citava la madre santa Chiara(4LAg23-26): « O voi tutti, che sulla strada passate, fermatevi a vedere se esiste un dolore simile al mio; e rispondiamo a Lui che chiama e geme …” e aggiungeva: “Vi chiedo di rispondere a questa voce, che non cesserà mai di risuonare dal monte Calvario». È stato impossibile non ascoltarla, anche se non è stato semplice, perché anche in Umbria abbiamo comunità anziane, a fermo vocazionale da anni. E tutte siamo state consapevoli che aiutare Gerusalemme in modo efficace significava non poter dare e ricevere altri aiuti. Poi il rapporto con i Frati minori e la presenza del carisma francescano in Terra Santa nella sua totalità…Se non ci fossero più Sorelle povere in Terra Santa, la testimonianza stessa dei Frati minori ne uscirebbe impoverita e menomata. Infine la attuale situazione di impoverimento grave della presenza cristiana in Gerusalemme, già povera e assediata.
-la richiesta di un aiuto di governo. Questo non tanto perché ci garantiva libertà di movimento e di cambiamento, ma perché ci garantiva il desiderio di cambiamento delle sorelle.
- la sicurezza rappresentata dai frati della Custodia, disposti a farsi carico anche dell’aspetto giuridico se fosse stato opportuno, come di quello ministeriale, formativo, economico, pratico a tanti livelli.
- l’esperienza di una comunità molto sofferente, ma in cui era percepibile il coraggio di decidersi per la vita, la vivacità spirituale di una ‘radice’ esposta nel tempo a tutte le intemperie, ma capace di rifiorire ancora.
- il cammino della nostra Federazione che ha reso possibile pensare ad un aiuto federale. Credo che questo progetto sia il frutto di tanto lavoro già fatto insieme a più livelli che ci ha fatto credere ad una collaborazione allargata; è il frutto anche dei sogni di tante sorelle giovani che credono nella vitalità del nostro carisma e hanno sperimentato e costruito questa comunione e dell’obbedienza di tante sorelle anziane a volte preoccupate della continuità del proprio monastero; è il frutto della conoscenza, dell’unità e della stima reciproca tra le sorelle e all’interno del consiglio federale che è il cuore e il laboratorio di questa comunione.
Abbiamo tenuto conto dell’esperienza federale per quanto riguarda fondazioni da parte di singole comunità, o anche aiuti ad una comunità, e consultato e tenuto in considerazione anche le fiches jurican della Confederazione francese, soprattutto la 03 e la 06.
La nota caratteristica di questo aiuto fin dall’inizio, è stata l’arrivo di un gruppo e non di singole sorelle. Questa è stata un po’ la novità rispetto agli aiuti precedentemente ricevuti dalla comunità di Gerusalemme, in cui singole sorelle dovevano inserirsi nello statu quo, ed è stato colto nelle sue intenzioni e nelle sue prime attuazioni come premessa della sua sperata efficacia.
La vita a Gerusalemme ha sempre chiesto di convivere con la percezione di uno stato di pericolo sempre latente, principalmente per il conflitto politico sempre aperto, ma anche per la fatica delle culture, delle lingue, dell’ignoto, che non solo il luogo, ma anche l’altro/a rappresenta per ciascuna delle sorelle. Senso di solitudine, insicurezza, instabilità, complessità, estraneità, sono realtà con cui tutte hanno dovuto familiarizzare, a tanti livelli, anche rispetto al cammino all’interno della comunità, oltre che al mondo esterno.
La realtà internazionale della comunità con lingue, culture, sensibilità differenti rappresenta un po’ il microcosmo di Gerusalemme e anche del paziente cammino della conoscenza, accoglienza, stima, perdono reciproco da vivere. Un cammino che incrocia le +piccole e grandi cose di ogni giorno.
La comunità la vedo ancora alla ricerca del proprio volto che la qualifichi sempre meglio come presenza clariana. Occorre evitare a mio modo di vedere il duplice rischio della ‘navigazione a vista’, come quello di irrigidirsi e fermarsi di fronte alla complessità, non cogliendo lo specifico e la bellezza unica di Gerusalemme. E questo chiede chiarezza, coraggio, tempo e pazienza.
Infine un aspetto molto bello: intorno alla comunità si raccoglie, pian piano, la piccola Chiesa gerosolimitana. E non solo. Un rabbino aveva iniziato a frequentare la Chiesa esterna, dove ogni pomeriggio si espone il Santissimo. Vi rimaneva appartato, silenzioso. In un incontro in parlatorio, richiesto del motivo di quelle sue prolungate soste aveva risposto: ‘Qui sento una presenza che nelle nostre sinagoghe non c’è’. Un episodio per me molto bello e che nella sua semplicità dà pienamente il significato e la testimonianza della presenza delle sorelle a Gerusalemme.
A. Il cambiamento.
Il monastero, a 20 minuti a piedi dalla Città vecchia, in pieno quartiere residenziale ebraico, costruito interamente in pietra, con un giardino molto grande e una superficie complessiva di 25.000 metri quadrati, sta riemergendo in tutta la sua bellezza. Lo stile dell’insieme è sobrio, essenziale e povero.
Il primo anno è stato l’anno del cambiamento, della chiarificazione delle presenze all’interno e all’esterno della comunità. Per quanto riguarda le presenze esterne, il loro allontanamento era stato deciso in capitolo conventuale già nel periodo preparatorio, perchè la loro influenza era un elemento di disturbo per la vita della comunità ed un disordine rispetto alla nostra stessa forma di vita. E’ stato anche il tempo dell’inizio di grandi lavori, per rendere più semplice e vivibile l’ambiente in cui stare, lavorare, incontrarsi. Un ambiente che il tempo, la mancanza di forze e forse un rapporto un po’ malato con le cose e la casa avevano oscurato. Sistemare gli ambienti interni ha significato anche mettere in comune e creare spazi comuni. Man mano si è proseguito con lavori più consistenti decisi in capitolo conventuale: la foresteria ad esempio, che è un po’ il volto della comunità, il terrazzamento del giardino, perchè un terreno sodo in Terra Santa rischia di venire perduto. Tutto questo è stato possibile anche grazie all’aiuto iniziale di tanti volontari. Attualmente sono in fase iniziale i lavori di ristrutturazione dell’ala portineria-parlatori, per meglio chiarificare e ordinare la clausura. E’ in via di sistemazione anche l’archivio, veramente molto ricco sia per quanto riguarda soeur Marie de la Trinité che Charlres de Foucauld, che la storia stessa del monastero. E’ stato fatto anche un progetto globale di massima di tutto il complesso.
E’ stato anche il tempo dell’incominciare a conoscere persone e luoghi di quella Terra unica, complessa e, per tanti versi, inquietante.
Per quanto riguarda la vita di preghiera, si è cercato di fare unità su quanto è proprio di Gerusalemme (orario, modalità celebrativa, repertorio). Si è però aumentato il tempo di meditazione personale, oltre che conservare la tradizione bella dell’adorazione eucaristica pomeridiana, si è aggiunta l’Ora Nona che non veniva più celebrata. La liturgia, in parte in italiano e in parte in francese, è uno dei luoghi concreti di espressione dell’internazionalità. Uno dei cambiamenti più forti degli inizi è stata l’Eucaristia, che è celebrata quasi sempre dai frati e quasi sempre in italiano: un doppio cambiamento: la lingua e la presenza dei frati. La comunità era infatti abituata ad avere altri riferimenti negli ultimi 20/30 anni. Man mano si sta sperimentando la lectio e per il Centenario clariano anche altre iniziative, per donare alla vita fraterna un timbro francescano – clarino.
La comunità di S.te Claire che nel febbraio 2007 si era rivolta a noi, attraverso il Custode, è oggi praticamente dimezzata: sono morte tre sorelle, due –l’ex abbadessa e la sua vicaria – sono rientrate definitivamente in Francia. . Le sorelle della Federazione St. Damien hanno dimostrato concretamente, anche accogliendo queste nostre sorelle, la loro partecipazione al progetto di rinnovamento della comunità, in spirito veramente fraterno.
La professa temporanea è uscita, prima dell’arrivo del gruppo, scegliendo una forma di vita semieremitica, una sorella brasiliana andata in aiuto alla comunità in seguito all’appello di John Vaugh, ha chiesto l’esclaustrazione per tre anni ed è stata accolta presso un istituto di vita attiva a Gerusalemme. Questo discernimento ha rappresentato una esperienza molto dura, difficile da capire, da accettare, da elaborare, diverso per ognuna. Tuttavia tutte queste sorelle sono serene, custodiscono la loro consacrazione e sono rimaste legate alla comunità di Gerusalemme. Ha giocato in questo senso la rottura e il conseguente disorientamento di un equilibrio per quanto precario, la nuova complessità e una grande fatica richiesta a sorelle già stanche e orientate alla chiusura, il non voler essere d’intralcio.
Con l’arrivo del gruppo di aiuto la comunità si è ritrovata quasi raddoppiata. L’età media è scesa bruscamente dai 72 anni ai 58 circa: tutto ne è stato modificato, gli uffici, le relazioni, i ritmi. L’impatto è stato forte e le reazioni diverse: stupore, gratitudine, smarrimento, resistenza. Malgrado la fatica le sorelle di Gerusalemme sono state veramente coerenti con l’appello rivoltoci e la disponibilità a lasciarci fare. Non è scontato. Questo ha permesso di lavorare molto. Anche il cambio dell’abito è stato un segno visibile di questa disponibilità e del processo di rinnovamento in corso.
Molto impegno è stato investito anche sul piano sanitario, per la cura delle sorelle più anziane, che lo vivono con molta gratitudine.
B. Relazioni ad intra e ad extra
A prezzo di vicendevoli fatiche, si è ridestata una realtà di vita e di fede che appariva ferma, non più capace di rinnovarsi e di rinnovare in modo significativo e costruttivo. Il prezzo è stato per tutte molto, molto alto, sia per la comunità che per le sorelle in aiuto. Nella fiducia che ogni comunità ha davvero la grazia di rigenerarsi e di costruirsi dall’interno, continua il lungo e paziente cammino di conoscenza e comprensione reciproca, che chiede dialogo e perdono, ricerca dell’essenziale.
Uno strumento molto prezioso si è rivelato il capitolo conventuale settimanale che ha favorito gradualmente la mutua conoscenza, ha educato alla possibilità della condivisione e dell’ascolto, ed è stato il mezzo e il luogo in cui tutte le decisioni, le fatiche, i cambiamenti, sono emersi e gradualmente hanno preso forma. Senza risparmiare anche tensioni.
Il metodo è stato quello di una grande trasparenza e del dialogo, facendo parlare ogni sorella, stimolando il confronto, senza paura di nessun argomento per dire e dare il nome giusto alle cose, motivare la necessità di certe decisioni, superare paure.
Per le sorelle del gruppo di aiuto il trasferimento a Gerusalemme si è inserito in un passaggio esistenziale e spirituale proprio. E’ stato un nuovo inizio non solo comunitario ma anche personale, per ciascuna diverso, ma che sempre ha conosciuto il travaglio di una ‘pasqua’. Molto esigente ma molto vitale. Il prezzo da pagare è stata un’esperienza di solitudine a molti livelli. Man mano sono andate ridimensionandosi aspettative e illusioni e sono emerse in modo più evidente le diverse sensibilità, caratteri e formazioni. L’elemento di stabilità è la motivazione di ciascuna rispetto a Gerusalemme, ad ogni passaggio riscelta in modo più esigente ed essenziale, più realistico e perciò più stabile. Molto più lenta e paziente ma non per questo meno necessaria mi sembra ancora la costruzione del tessuto comunitario, reggendo la fatica concreta, con cui fare i conti ogni giorno, di sentire che la comunità si sta ancora costruendo.
Oltre al lavoro e alla vita fraterna, impegnativo, specialmente agli inizi, è stato l’affacciarsi un po’ allo studio delle lingue, – grazia e prezzo dell’internazionalità dentro e fuori : sono iniziati lo studio del francese, italiano, inglese ed ebraico, per quanto possibile.
Molto grande, concreto, affettuoso e attento è l’aiuto da parte della Custodia. Nell’instabilità iniziale, ha rappresentato stabilità e sicurezza. Mai questo progetto sarebbe nato, tanto meno così, senza la mediazione della Custodia che lo ha promosso, che se ne è sentito responsabile, se ne è preso cura anche nelle cose più pratiche, evitando alle sorelle anche molti motivi di uscita dalla clausura, che rappresentavano un elemento disgregante. Questo lo ritengo un dato fondante del progetto. Sono stati proprio i frati il primo volto di Chiesa su cui incominciare a costruire un mondo relazionale a fronte dell’isolamento del monastero. Una cura e una responsabilità che continua nel tempo. Soprattutto fedele e serena, fraterna e chiara, paziente e indicativa, la presenza di padre Pierbattista Pizzaballa ofm, lui per primo stupito della realizzazione del progetto e del suo divenire. Anche il ministro generale si rende presente in occasione dei suoi viaggi in Terra Santa, manifestando nella sua persona la benevolenza e l’incoraggiamento del I Ordine. Nel caso di aiuti ai monasteri, un ruolo non secondario hanno ordinari, frati, confessori. L’aiuto, come la fondazione, è sempre un compito ecclesiale. Sarà importante in questo senso intensificare i rapporti anche con il Patriarcato e la Chiesa gerosolimitana.
Il legame con i monasteri della federazione umbra si esprime attraverso contatti epistolari, telefonici, , il rapporto delle sorelle del gruppo con le comunità di origine. Si è resa più frequente la comunicazione attraverso un foglietto di raccordo. Nel tempo, per ovviare alla percezione di un certo isolamento, una consigliera federale cerca di curare i rapporti a nome del Consiglio. Poi ci sono i contatti telefonici che cerco di mantenere io per quanto possibile e le mie visite annuali. Il passo successivo, che forse chiede ancora un tempo di maturazione, sarà il passaggio alla nostra Federazione.
La partecipazione di madre C. Cristiana e di altre sorelle agli appuntamenti federali e confederali della Francia, è stata l’ occasione per affacciarsi su questo orizzonte, conoscerne un po’ di più la realtà, sperimentare la comunione semplice e fraterna nel confronto aperto e schietto e nell’accoglienza soprattutto da parte della madre presidente. Lo sguardo della federazione francese sul progetto lo sento positivo e fiducioso.
Per creare legami e anche vincere alcune paure, madre C. Cristiana ha invitato nel 2008 le madri dei monasteri delle clarisse del Medio Oriente che si riuniscono ogni anno con la presenza dell’assistente federale francese Jean Paul Aragon ofm e di sr. Marie Noël, delegata federale per il Medio oriente. Altri incontri sono seguiti. Essi hanno permesso la condivisione delle storie delle diverse fraternità in un clima aperto, gioioso, fraterno. Un rapporto privilegiato è senz’altro quello con le sorelle di Nazareth, sia per la geografia che per la storia che per il presente: tutte le sorelle della Costa d’Avorio, le più giovani, sono state ospiti a S.te Claire per lo studio dell’ebraico e a due riprese la comunità di Gerusalemme ha offerto un aiuto temporaneo a Nazareth.
3. Alcune considerazioni e attenzioni: qualche riflessione sull’esperienza
-Uno dei punti forti di un progetto è il fattore tempo: in certo modo lungo e breve. Breve, nell’innescare subito un processo graduale; lungo, perchè i passi devono essere ponderati, preparati, anche se da parte della comunità che chiede aiuto c’è ansia, bisogno grande. Questo tempo è utile per chi dà, per capire cosa va fatto, e per chi riceve, per capire che cosa la richiesta comporta e per iniziare almeno a sperimentare da ambedue le parti una appartenenza.
- Credo che in un aiuto di questa portata vada maggiormente curata, nella durata e nella qualità la convivenza previa del gruppo. Il progetto è un elemento unificante e un certo stile è una base comune, ma è importantissimo, a mio avviso, che si creino le condizioni per cui si possano tenere insieme diversità di esperienze, sensibilità, carattere e formazione. E’ necessario che si crei una comunione di intenti non solo sulle linee fondamentali del progetto, ma sulle cose concrete della vita. E per questo occorre spendere tempo, energie e fatica per parlarne, mettere a confronto, mediare, valorizzare i punti comuni, che non vanno dati per scontati neppure quando le sorelle provengono da monasteri di una Federazione sostanzialmente omogenea. Se questo c’è, si tratta di rendere poi operativi i termini del progetto, condivisi prima. In altre parole non si tratta di vedere ‘se’ fare, ma ‘come’ e ‘quando’ fare. Se questo è carente si insinua nel progetto stesso un elemento di debolezza.
-Allo stesso modo credo vadano coniugati due aspetti diversi e tra loro complementari: se è necessario seguire la vita senza troppo pianificare, attendere i momenti più opportuni, la gradualità, è altrettanto necessaria fermezza nelle modalità e nei tempi di alcuni passi di cambiamento e per quanto possibile chiarezza negli orientamenti. Questo non solo nei confronti delle sorelle che ricevono l’aiuto, ma delle sorelle che lo danno. In una parola mi sembra sia importante spendere tempo nell’individuare il ‘verso dove’ si sta andando. Nella grande complessità e nell’esperienza già destabilizzante di un aiuto di questo genere mi sembrano necessari dei punti fermi, pur nella flessibilità e nella docilità alla vita che sempre precede ed eccede. E’ da questa paziente fatica che nasce il volto nuovo di una comunità. Incontro, dialogo, confronto, forse anche tensione e conflitto sono poi ripagate con una coesione anche nel gruppo di aiuto che quanto più è coeso in se stesso, tanto più potrà creare unità.
-Il cambiamento ovviamente non è sempre sereno. Altro è il volere il cambiamento, sceglierlo, votarlo in capitolo, altro il viverlo, entrarvi concretamente e fare i conti con sorpresa e disorientamento, sollievo e delega, resistenze e umiliazione, frustrazione e senso di fallimento da parte di chi lo riceve e da parte di chi lo porta. Cambiare porta nuova vita, ma chiede molte energie, la rottura di molti equilibri esistenziali e pratici, sia delle singole sorelle che dell’insieme.
- E’ molto importante coniugare l’inevitabile rottura dovuta alla necessità e anche a volte alla velocità del cambiamento e all’atteggiamento di delega e liquidazione da parte delle sorelle che ricevono l’aiuto, con la ricerca di mantenere vivo un legame col passato, con la storia da parte di chi offre l’aiuto.
-Una sfida è certamente l’internazionalità sotto due aspetti, interno ed esterno. Interno, perchè nelle comunità religiose medio orientali, l’internazionalità è un dato di fatto per la provenienza delle sorelle, anche se la questione di fondo all’interno della comunità è piuttosto il passaggio dal vecchio al nuovo, dal passato al futuro. Più incidente questa sfida nel rapporto con il mondo esterno, complesso e ‘altro’ veramente. Altra sfida la conoscenza delle lingue che permettono la relazione, la stima per il diverso, per le altre religioni.
-Aiutare una comunità claustrale, con la sua storia, le sue origini, il suo passato prossimo e remoto, la sua particolare fisionomia, unica, irripetibile, significa esporre ed esporsi ad uno choc culturale. Comunque, anche se annunciato, accettato, voluto, letto come Provvidenza. Sempre. Molto più quando l’aiuto comporta anche il passaggio ad un’altra tradizione, lingua, assistenza spirituale, abito. Nelle piccole cose della vita quotidiana emergono allora in modo sempre più evidente differenze sottili che fanno uno stile di vita in tutti gli ambiti: nel modo di lavorare, di concretizzare la povertà, nel vivere la fraternità, la preghiera, nella stessa spiritualità. Una grande complessità. D’altra parte sono proprio queste piccole cose che fanno, lentamente, nascere una realtà altra. Un innesto comporta la rottura dell’equilibrio di vita precedente per chi sta e per chi arriva. La destabilizzazione che viene a prodursi, comporta un cambio d’identità per tutte e tempo di sospensione finchè non si diventa capaci di esprimere, insieme, un’altra, nuova identità, cosa per la quale ci vogliano anni. Un innesto comporta la fine di quella che una sorella ha definito in modo molto efficace “l’agape” di una comunità, cioè un clima, un sentire, un modo di volersi bene, una forma di conoscenza reciproca, di conoscenti comuni, di ricordi di volti, di situazioni … un insieme di elementi che fanno di quella fraternità, di quelle persone che vivono insieme da anni, magari con diffidenza, insofferenza, una famiglia unica, irripetibile. Uno choc anche carismatico perché è particolarissimo anche il modo con cui ogni comunità esprime i valori in cui crede, come li ha ricevuti, come li ha rielaborati, a quali ha dato maggiore o minore importanza, quale la gerarchia che le è implicita. Da qui la necessità di chiarezza, di fermezza, ma anche di una grande rielaborazione e di una nuova espressione.
-Ancora una osservazione. Veramente si codifica un’esperienza e agli inizi l’esperienza non c’è. Mi sembra che nello Statuto che regolamenta un aiuto di questo genere vadano previste il più possibile tutte le possibilità e le difficoltà. Particolarmente credo che, per essere realmente efficace, vada meglio esplicitata anche la funzione della presidente e del consiglio federale nel loro compito di supervisione e di verifica.
Conclusione
Mi sembra che la storia e il metodo di questo progetto di aiuto, abbia detto all’Umbria più delle parole, forse, qualcosa su cosa significa un modo ‘serio’ come l’altro ieri si esprimeva il Ministro generale, di vivere reciprocità tra I e II Ordine, rapporto tra autonomia e comunione dentro una Federazione e tra Federazioni, attualità del nostro carisma, efficacia di una testimonianza nella Chiesa.
Gerusalemme è ancora un cantiere aperto, con tanta strada da fare. Come scriveva p. Pierbattista Pizzaballa ofm nella sua richiesta all’inizio di tutto, le caratteristiche proprie di questa terra esigono un umile ed arduo apprendistato. Ma già un tratto di strada ci sta alle spalle e permette di guardare indietro, narrare, fare sintesi, riflettere e in piccola parte iniziare a valutare. Questo progetto è un grande dono e un bene di tutta la Federazione. Tutte le comunità ne sono state e se ne sentono tuttora coinvolte, ciascuna a suo modo, con la propria misura di possibilità, di dono, di disponibilità. Le sorelle le sentiamo presenti lì, a Gerusalemme, a nome di tutte e il legame affettivo ed effettivo prende forma. Negli anni si è sempre mantenuto vivo l’interesse per il progetto anche da parte di tanti altri monasteri in Italia e fuori. E’ dono grandissimo certamente e comunione particolare con il mistero pasquale vivere da Sorelle povere nella grazia del luogo che ha conosciuto il Signore ‘nei giorni della sua carne’ . Ma credo non vada mai dimenticato che nella nostra forma di vita Terra Santa è la comunità concreta che siamo chiamate a edificare, servire, come cellula di Chiesa ‘restaurata’ e sempre ‘restauranda’. In Umbria, come a Gerusalemme e ovunque.
Sr. Angela Emmanuela Scandella osc