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Giovani - Francesco d'Assisi e i suoi compagni |
Ma voi chi siete?
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All’inizio di questa nuova esperienza religiosa vissuta da Francesco d’Assisi e dai suoi primi compagni, la gente s’interrogava e chiedeva: «Voi chi siete?».
La risposta che veniva data dal gruppo di Francesco d’Assisi, che abitava a Rivotorto, era: «I Penitenti di Assisi».
Ben presto, però, essi scelsero un nome di ispirazione evangelica, che li distinguesse dagli altri gruppi di penitenti di quell’epoca. L'impegno penitenziale, comunque, rimarrà come programma basilare della vita evangelica.
Il senso dell'espressione fare penitenza, usata tanto spesso da Francesco, è più o meno identico a quello della metanoia biblica, cioè penitenza-conversione. Agli occhi del credente tutte le situazioni umane vengono illuminate dal disegno salvifico di Dio e dalla risposta di ogni persona ad esso. Gli uomini, pertanto, sono divisi in due categorie, secondo la visuale di Francesco:
a) coloro «che fanno penitenza»
b) coloro «che non fanno penitenza».
Lui, essendo stato prima tra quelli che non fanno penitenza, sa che, se appartiene alla prima categoria, è per pura grazia di Dio. Ma ora riconosce anche che è dono di Dio il perseverare nella penitenza.
La vocazione penitenziale configura la vita intera del frate minore, una vocazione che si può esercitare ovunque, come una garanzia di libertà e di inserimento in ogni realtà storica: «Se in qualche luogo non saranno ricevuti, fuggano in altra terra a far ivi penitenza con la benedizione di Dio».
La conversione iniziale sincera e la volontà sostenuta di conversione rinnovata sono il presupposto insostituibile della vita fraterna. Infatti, quella stessa tensione che spinge costantemente il vero frate minore a scoprire in sé e a distruggere ogni forma di egoismo alienante, ogni orgoglio, ogni appropriazione, lo dispone simultaneamente ad aprirsi all'amore di Dio, e ad accogliere il fratello. Si può dire che qui si radica tutta l'ascetica personale e tutta la pedagogia del Poverello come fondatore: nello stabilire il contrasto tra il proprio IO e le tendenze inferiori - carne - e lo spirito del Signore.
Atteggiamento penitenziale significa riconoscimento umile e minoritico della propria limitatezza e fragilità, anche morale, sentirsi povero davanti a Dio, attribuire a lui ogni bene, «sapendo che non appartengono a noi se non i vizi e i peccati»; sopportare pazientemente ogni avversità e afflizione di anima e di corpo, ogni persecuzione... Così si raggiunge la purezza di cuore, che dispone alla contemplazione di Dio, la povertà interiore, la «santa e pura semplicità», la «vera letizia».
(da: LAZARO IRIARTE, Vocazione Francescana, Roma 2006, p. 39-40)