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156
1.
Cristo non è venuto per essere servito ma per servire;
e, per dimostrarlo, lavò i piedi agli apostoli e raccomandò
loro di fare altrettanto.
2. Perciò i ministri, che
sono servi degli altri, esercitino l’autorità
non come padroni, ma servano gli altri frati, amministrando
loro con l’esempio e con la parola lo spirito e la vita.
157
1. I
ministri, che dovranno render conto a Dio dei frati loro affidati,
presiedano le loro fraternità con carità e spontaneamente
diventino per esse modelli.
2.
Perciò compiano con diligenza l’ufficio loro
affidato ed abbiano sollecitudine per i frati e cura di tutte
le cose, specialmente di quelle spirituali.
3.
Nella preghiera intensa e con discernimento prudente, insieme
ai frati cerchino la volontà di Dio.
4.
Nello spirito del Vangelo favoriscano volentieri il dialogo
sia comunitario che individuale con i frati ed accettino i
loro consigli; tutti però siano consapevoli che, in
forza dell’ufficio, la decisione ultima spetta ai superiori.
5. I
ministri esortino con impegno i frati ad osservare fedelmente
la nostra vita ed a favorire dovunque il bene della Chiesa.
6.
Per il bene di tutta la fraternità promuovano la collaborazione
di tutte le energie, soprattutto di quelli che nella casa
svolgono incarichi speciali.
158
1. Tutti
i ministri hanno il dovere di proporre ai frati la parola
di Dio e di procurar loro con sollecitudine una conveniente
istruzione e formazione religiosa.
2. Questo
nelle singole province può essere fatto in vari modi,
secondo i luoghi e i tempi, su disposizione del ministro provinciale
con il consenso del definitorio. Per esempio, con il colloquio
spirituale sia individuale che nel Capitolo locale, con l’omelia
ai fratelli nella celebrazione dell’Eucaristia o della
parola di Dio, con lettere circolari dei superiori maggiori,
con dei convegni su argomenti religiosi e francescani.
159
1.
I ministri, desiderando che i singoli frati corrispondano
al progetto del Padre, che per amore li ha chiamati, li stimolino
a cercare e compiere attivamente e responsabilmente la volontà
di Dio.
2. Guidino
i frati loro affidati come figli di Dio, nel rispetto della
persona umana, in modo che obbediscano spontaneamente.
3.
Non impongano precetti in forza del voto di obbedienza se
non costretti dalla carità e dalla necessità,
con grande prudenza, per iscritto o alla presenza di due testimoni.
160
1.
Esercitino con fermezza e insieme con mansuetudine e carità
il compito, che ad essi compete in forza della Regola, di
ammonire, confortare e, quando sia necessario, correggere
i frati.
2.
Cerchino di correggere i difetti dei singoli frati in privato
con il dialogo fraterno, tenendo conto della persona e delle
circostanze.
3. I
frati poi accolgano volentieri la correzione fatta dai superiori
a vantaggio delle loro anime.
4.
I superiori parlino dei difetti e delle omissioni della fraternità
con i frati stessi, soprattutto nel Capitolo locale, ed insieme
cerchino ed applichino rimedi efficaci.
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