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Il Papa prega perché i giovani seguano Cristo nel sacerdozio e nella vita religiosa
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“Perché molti giovani sappiano accogliere la chiamata di Cristo a seguirlo nel sacerdozio e nella vita religiosa”. E’ per le vocazioni l’intenzione generale di preghiera di Benedetto XVI per il mese di aprile. Dal 2000, è in crescita il numero dei sacerdoti, particolarmente in Asia, Africa, Oceania e America. Trend opposto invece in Europa, dove si assiste ad un netto calo, mentre è stazionario il numero dei religiosi professi non sacerdoti. Questi ultimi decrescono in America e aumentano in Asia e Africa. Ma cosa vuol dire seguire Cristo oggi? Paolo Ondarza lo ha chiesto a Marco Carozza, seminarista del Pontificio Seminario Romano Maggiore:
R. – Per me, è stato un cammino un po’ lungo: è nato da una esperienza anzitutto in parrocchia, dove sono stato iniziato al cristianesimo. Poi, c’è stato un momento in cui la vita da adolescente mi lasciava molto insoddisfatto. Quindi, è avvenuto l’incontro con il Signore in cui ho trovato veramente ogni pienezzae. Di lì è cominciata questa strada e adesso devo dire che sono veramente soddisfatto e contento di averla intrapresa.
D. – Dio chiama, bussa alla porta, ma poi ad aprire deve essere il giovane con un “sì”. Questa risposta non sempre è così scontata…
R. – Certamente. Solo quando abbiamo fatto l’esperienza dei nostri limiti, solo quando ci rendiamo conto che non siamo autosufficienti e capaci di darci la felicità da soli, solo allora possiamo incontrare il Padre che ci colma dei suoi doni e ci dà molto di più di quello di cui pensiamo di avere bisogno.
D. – I tanti stimoli e rumori della società contemporanea non rischiano a volte di impedire al giovane di ascoltare nitidamente la voce di Dio che chiama?
R. – Sì, è un pericolo molto grande. C’è molta confusione, non sempre si riesce a individuare bene che cosa una persona, un giovane, voglia dalla vita. Fortunatamente, se si incontrano sacerdoti, parroci, guide spirituali capaci di aprire le coscienze dei giovani allora ci sono buone possibilità di compiere un buon cammino di discernimento.
D. – Non sempre poi è facile per un giovane comunicare in famiglia o tra gli amici il proprio "sì" a Dio, la propria scelta vocazionale…
R. – Sì. Devo dire la verità: nell’esperienza di seminarista, mi sono trovato molte volte a parlare con giovani che hanno problemi a comunicare queste scelte, principalmente ai genitori, o a volte alle ragazze, alle fidanzate… Effettivamente è una scelta difficile.
D. - Il Papa chiede di pregare per le vocazioni. Questa preghiera della comunità ecclesiale quanto è importante per te come seminarista?
R. – Per me, la preghiera è al primo posto. E’ la sorgente a cui ognuno singolarmente attinge e attraverso cui uno si rende conto di vivere in una comunità.
D. – Marco, quali consigli ti sentiresti di dare a un giovane o a una giovane che come te avverte nel proprio cuore la chiamata di Dio, ma ancora non riesce bene a definirla?
R. – Io ho capito che per un giovane serve moltissimo anche parlarne con i propri amici, con i propri coetanei, magari sempre sotto la direzione di un padre spirituale o comunque di un catechista esperto…
D. – Non si rischia di essere derisi dai propri coetanei?
R. – All’interno della comunità parrocchiale, non si rischia di essere derisi. Al di fuori, il pericolo della derisione è evidente, certo, però è anche vero che senza il confronto con gli altri non si riesce: c’è bisogno di una sinergia, di una collaborazione.
D. – E’ quindi importante un confronto con i propri coetanei, con la propria famiglia, con la propria comunità sulla vocazione...
R. – Esatto. Certamente, aiuta moltissimo anche perché viviamo in un periodo in cui gli adolescenti comunicano quasi esclusivamente con facebook, con gli sms. Manca un contatto diretto dei ragazzi tra loro. Quindi, il colloquio puro, apparentemente semplice e banale, è un ottimo strumento per potersi aprire e iniziare un cammino. (bf) www.radiovaticana.org



