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Una lettera a Papa Francesco di 650 educatori provenienti da tutto il mondo: "Come cristiani e come cittadini sentiamo nostra la responsabilità e il compito di ricomporre i rapporti di convivenza nella giustizia e nell'amore, con la testimonianza personale e con l'azione educativa, volte a costruire e diffondere la cultura dell'incontro e del dialogo come unica strada per la pace"
La pace nel mondo non si improvvisa. È un lungo percorso che nasce nel cuore delle persone, si impara in famiglia, a scuola, nei gruppi associativi e si vive dappertutto, in ogni contesto. È una rete invisibile ma concreta fatta di iniziative e progetti ma soprattutto di persone impegnate nel campo educativo, tutti i giorni. Questo il filo conduttore che ha caratterizzato il convegno-laboratorio che si è concluso ieri al centro Mariapoli di Castel Gandolfo dal titolo: “Learning Fraternity. Imparare la Fraternità”. 650 insegnanti, genitori, animatori di gruppi, studenti di 35 paesi del mondo si sono confrontati sul loro lavoro. Una tre giorni di incontro e di workshop su 35 tematiche diverse. Dai social media allo sviluppo sostenibile. A promuovere l’iniziativa Umanità Nuova, l’associazione Educazione e Unità, l’Amu e il Movimento Ragazzi per l’unità insieme a tutte le agenzie educative del Movimento dei Focolari, dai bambini alle famiglie.
Un messaggio al Papa: “il compito di ricomporre i rapporti”. L’incontro si è svolto mentre la crisi in Siria si sta drammaticamente evolvendo: i partecipanti hanno scritto un messaggio a Papa Francesco per comunicargli la loro partecipazione alla Giornata di preghiera e digiuno “insieme a tutti coloro che nel mondo” hanno chiesto a Dio la pace e la fraternità fra gli uomini. “Come cristiani e come cittadini - si legge nel messaggio - sentiamo nostra la responsabilità e il compito di ricomporre i rapporti di convivenza nella giustizia e nell’amore, con la testimonianza personale e con l’azione educativa, volte a costruire e diffondere la cultura dell’incontro e del dialogo come unica strada per la pace”.
In piazza Tahrir. Al convegno c’è un nutrito gruppo di partecipanti provenienti dall’Egitto. Tra loro c’è l’artista Elhamy Naguib che ha condotto un workshop sull’arte dei murales: Naguib - che fa parte della Fondazione “Koz Kazah” (arcobaleno) - racconta di aver usato questa forma di espressione artistica anche il 7 febbraio scorso durante le manifestazioni in piazza Tahrir. “Sono andato in piazza ed ho cominciato a disegnare riproponendo le grandi aspirazioni del popolo egiziano”. È così che la giustizia sociale ha preso la forma di una bilancia e la libertà di un uccello. “Non smettiamo di sperare in un futuro di democrazia per il nostro Paese”, confida Naguib. “Dove tutti sono uguali”. Altra testimonianza dal cuore delle manifestazioni egiziane arriva da Carlos Palma: insegna inglese alla scuola Americana al Cairo e anche quest’anno si è fatto promotore per la seconda volta di un Festival per la Pace, con il titolo: “Fai un cambiamento visibile”. “Ci è voluto coraggio per riproporre questa iniziativa di pace in un momento in cui tutto intorno a noi andava in tutt’altra direzione, in mezzo a tante tensioni in Egitto e in tutto il Medio Oriente, spesso in un clima di violenza, con tante vittime, nella drammatica sospensione e paura per un futuro molto incerto”. È stato un successo, riuscendo a coinvolgere 1500 ragazzi e insegnanti di 82 scuole, di 40 Paesi di vari continenti. “Segno - racconta oggi - che le persone sanno condividere le sofferenze di un popolo”
A scuola di fraternità. La proposta educativa alla pace e alla fraternità è vissuta anche in contesti delicati e difficili come in Pakistan. È l’esperienza di Valentina Gomes, direttrice della scuola di Dalwal nel Punjab in Pakistan. Dopo varie vicende, la scuola conta oggi 209 studenti di cui solo quattro sono cristiani. Qui l’impegno educativo - dice Valentina Gomes - è quello di formare, senza irenismi, “coscienze aperte a valori universali come il rispetto per la libertà religiosa, il perdono, la condivisione”. Dopo averla visitata, il vescovo di Rawalpindi ha notato come “in questa scuola ci sono studenti sikh, indù, cristiani e musulmani che giocano e studiano insieme in grande armonia, lavorando alla formazione del carattere e alla costruzione integrale della personalità”. A Castel Gandolfo le esperienze raccontate nei workshop, presentate sul palco o negli stand sono le più varie. Spaziano dalla prevenzione della violenza sugli stadi come nel caso di Vicenza a progetti di scuola nelle periferie più povere del mondo come Santo Domingo, Nairobi, Recife. Il convegno si conclude con la lettura e la sottoscrizione di un manifesto in dieci punti che è stato consegnato a Papa Francesco: tra gli impegni quello a “essere testimoni autentici di fraternità”, di “educare con la vita” ed “accogliere il conflitto, il limite personale, relazionale, culturale, sociale per farne un’occasione di crescita e di dialogo, ricominciando sempre”. a cura di Maria Chiara Biagioni - www.agensir.it