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Il cardinale Piacenza, Penitenziere maggiore, interviene alla 3° Settimana Internazionale della Riconciliazione a San Giovanni Rotondo
di Andrea Tornelli
«Il lasciarsi perdonare da Dio, il lasciarsi amare dall’amore divino che purifica, è dimensione fondamentale del nostro essere cristiani», ha detto il cardinale Mauro Piacenza, Penitenziere maggiore, aprendo questo pomeriggio a San Giovanni Rotondo la 3° Settimana Internazionale della Riconciliazione. Il porporato ha commentato l'espressione «Credo la remissione dei peccati» che si legge nell'antica professione di fede conosciuta come Simbolo degli apostoli.
«Il Catechismo della Chiesa Cattolica - ha detto Piacenza - insegna che l’espressione “Credo la remissione dei peccati”, essendo inserita nel terzo articolo del Simbolo, "lega la fede nel perdono dei peccati alla fede nello Spirito Santo, ma anche alla fede nella Chiesa e nella comunione dei santi". Basti al riguardo ricordare che Cristo effuse il dono dello Spirito Santo sugli apostoli vincolando tale effusione alla remissione delle colpe commesse dagli uomini». L'azione divina «di rimettere i peccati» è dunque unica al «potere delle chiavi».
«La prima e principale forma di remissione dei peccati ad opera dello Spirito Santo, nella santa Chiesa - ha spiegato il cardinale - è senza dubbio il battesimo... In questa sede, tuttavia, ci soffermeremo a riflettere sull’altro modo principale in cui lo Spirito Santo rimette i peccati nella Chiesa: ossia attraverso il sacramento della riconciliazione e penitenza», che sono «intimamente connessi», al punto che la penitenza «è stata spesso indicata quale "secondo battesimo"».
Il Penitenziere maggiore ha citato in proposito una catechesi di Papa Francesco: «Pensate a questo: quando noi andiamo a confessarci delle nostre debolezze, dei nostri peccati, andiamo a chiedere il perdono di Gesù, ma andiamo pure a rinnovare il battesimo con questo perdono. E questo è bello, è come festeggiare il giorno del battesimo in ogni confessione... Il Signore Gesù è tanto buono e mai si stanca di perdonarci. Anche quando la porta che il Battesimo ci ha aperto per entrare nella Chiesa si chiude un po’, a causa delle nostre debolezze e per i nostri peccati, la confessione la riapre, proprio perché è come un secondo battesimo che ci perdona tutto e ci illumina per andare avanti con la luce del Signore».
Piacenza ha quindi ricordato l'importanza della «fede personale» nel sacramento della penitenza. «La remissione dei peccati è e deve essere per ciascuno di noi un’esperienza di fede vissuta. Il lasciarsi perdonare da Dio, il lasciarsi amare dall’amore divino che purifica, è dimensione fondamentale del nostro essere cristiani e, in particolare, dell’essere sacerdoti. È bene dire sin d’ora che un sacerdote che non si lascia riconciliare con Dio difficilmente potrà essere un buon riconciliatore degli uomini con Dio».
«Tutti i grandi santi confessori – ricordiamo a mo’ di puro esempio il Curato d’Ars, san Leopoldo Mandić, san Pio da Pietrelcina – curavano attentamente anche il proprio stato di salute spirituale, ricorrendo non di rado essi stessi al confessionale».
Dopo aver rapidamente scorso i riferimenti biblici e patristici sul carattere universale della redenzione operata da Gesù con il sacrificio della croce, il cardinale ha ricordato che «nel sollevare la mano benedicente e nel pronunciare la prescritta formula di assoluzione, il sacerdote non fa altro che prestare il suo corpo e la sua voce al Signore stesso, il quale irrora l’anima del penitente con i meriti del suo preziosissimo sangue espiatorio... È in quest’ottica profondamente teologica, oserei dire misterica, che va soprattutto compresa la penitenza sacramentale: essa non è lavoro di routine, né tantomeno consulenza psicologica. La confessione è mistero della fede, è segno sacramentale in cui lo Spirito Santo rende sempre di nuovo attuali le parole di Cristo: "a chi rimetterete i peccati saranno rimessi"».
Il Penitenziere maggiore ha quindi citato «la dimensione ecclesiale della remissione dei peccati», remissione che «ha anche un ulteriore risvolto positivo: quello di inserire l’uomo perdonato in una comunità vastissima e mirabile, nella quale vige una misteriosa comunione di beni spirituali». A questo proposito, Piacenza ha rievocato queste parole di Paul Claudel: «Noi non disponiamo solamente delle nostre forze per amare, comprendere e servire Dio... Tutta la creazione visibile e invisibile, tutta la storia, tutto il passato, tutto il presente e l’avvenire, tutta la natura, tutto il tesoro dei santi moltiplicati dalla grazia, tutto è a nostra disposizione, tutto questo è il nostro prodigioso bagaglio. Tutti i santi, tutti gli angeli sono con noi. Noi possiamo servirci dell’intelligenza di San Tommaso, del braccio di san Michele e del cuore di Giovanna d’Arco e di Caterina di Siena e di tutte quelle risorse nascoste che noi dobbiamo semplicemente toccare perché esse entrino in azione»
Il cardinale ha poi ricordato che «il confessionale non è il luogo per esperimenti in campo dottrinale. Sebbene l’esperienza insegni che esistono casi particolari in cui è necessaria una vera “arte del confessare” da parte del sacerdote, per coniugare la verità rivelata con le situazioni concrete, resta fermo che di coniugazione deve trattarsi, non di obliterazione della dottrina in favore delle problematiche esistenziali... Non siamo chiamati a reinventare la dottrina e la morale, ma al contrario siamo onerati dal dovere di orientare le coscienze alla luce di esse».
Il Penitenziere maggiore ha lamentato: «Sono purtroppo innumerevoli i casi di fedeli che lamentano divergenze di vedute e di consiglio, e non su aspetti marginali o discrezionali della vita morale, da parte di diversi sacerdoti presso i quali si sono recati per confessarsi. Alcuni fedeli, con la vivacità tipica del parlare schietto, attestano di aver ricevuto quattro pareri diversi da quattro confessori interrogati sul medesimo caso morale. Altri fedeli avvertono in qualche caso persino scandalo per essere stati incoraggiati a continuare in una certa condotta di vita, nonostante essa fosse palesemente contraria alla verità del Vangelo».
Infine, Piacenza ha invitato i sacerdoti a confessare: «È altamente auspicabile che ogni giorno vi sia un sacerdote che segga in confessionale, possibilmente anche ad orari stabiliti, in modo che i fedeli possano vederlo lì, in attesa delle anime da riconciliare con Dio. L’esperienza insegna che i fedeli "si recano volentieri a ricevere questo sacramento laddove sanno e vedono che vi sono sacerdoti disponibili". Inoltre, non si trascuri la possibilità di facilitare ai singoli fedeli il ricorso al sacramento della riconciliazione e penitenza anche durante la celebrazione della santa Messa».